L’eccezione della sinistra in Danimarca
I Socialdemocratici si stanno spostando sempre più a destra sull'immigrazione, appoggiando le proposte del governo conservatore
Da diverso tempo la sinistra in Danimarca ha cominciato a prendere posizioni inusuali sull’immigrazione, una delle questioni più dibattute negli ultimi anni in tutta Europa.
I Socialdemocratici danesi hanno iniziato infatti a votare i piani proposti dal governo di centrodestra sui cosiddetti “ghetti”, cioè quei quartieri delle città danesi abitati prevalentemente da stranieri, e appoggiare il modello di “integrazione forzata” attraverso misure come corsi di lingua obbligatori e condanne più dure per alcuni tipi di reati. Riguardo all’ultimo pacchetto di norme sull’immigrazione proposto dal governo di centrodestra, proprio sugli stranieri nei “ghetti”, il portavoce dei Socialdemocratici danesi ha detto: «Abbiamo cercato di negoziare affinché potesse essere, in un certo senso, più draconiano. Pensiamo che il governo sia stato troppo morbido».
Lo scorso anno, ha raccontato Politico, i Socialdemocratici hanno rivisto il loro programma politico per la settima volta negli ultimi 140 anni. Nel documento finale, chiamato «Insieme per la Danimarca», è stata adottata una retorica sull’immigrazione che è considerata propria dei partiti di destra. Si è fatto per esempio riferimento al concetto di «società parallele», cioè posti «dove vivono gli stranieri e i loro discendenti, isolati dalla comunità danese e con valori che non sono danesi»: il documento ha definito questo fenomeno «inaccettabile». Un esempio dei cosiddetti “ghetti” è la zona di Mjølnerparken, a nord di Copenaghen, dove vivono 1.752 persone di cui l’82 per cento è straniero e discendente di stranieri e il 43.5 per cento disoccupato.
Queste idee sono state alla base anche dell’appoggio dei Socialdemocratici al piano del governo sui “ghetti”, che sarà probabilmente approvato a breve in via definitiva dal Parlamento danese. Tra le altre cose, il piano prevede che i bambini che vivono nei cosiddetti “ghetti” siano obbligati a frequentare l’asilo per 25 ore a settimana, di modo che imparino la lingua e i valori della Danimarca. Inoltre, i genitori che riportano i figli nei loro paesi d’origine per lunghi periodi rischieranno di essere espulsi o di essere incarcerati, i crimini commessi nei cosiddetti “ghetti” verranno puniti con pene più severe e gli edifici di queste aree, se necessario, saranno demoliti. I Socialdemocratici danesi hanno inoltre appoggiato il divieto per le donne di coprirsi il volto e il piano del governo che prevede che i gioielli e altri oggetti di valore dei richiedenti asilo possano essere sequestrati dalle autorità come forma di pagamento per l’accoglienza.
I Socialdemocratici hanno formulato le nuove proposte anti-immigrazione sull’idea che fosse necessario difendere i lavoratori danesi – cioè la base elettorale del partito – dagli immigrati che potrebbero prendere i loro posti di lavoro.
Quello dei Socialdemocratici danesi è stato un cambiamento molto inusuale per le sinistre europee, che da anni stanno faticosamente cercando di adattare il proprio discorso politico ai problemi derivanti dall’immigrazione. Anche se di recente diversi grandi partiti di sinistra hanno adottato politiche di sicurezza piuttosto dure o controverse per controllare i flussi migratori – basti pensare agli accordi stipulati dall’ultimo governo italiano di centrosinistra con le milizie libiche che gestiscono il traffico di esseri umani – nessuno di loro si è spinto a destra come i Socialdemocratici danesi.
Il dibattito interno ai Socialdemocratici sul tema dell’immigrazione si intensificò dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e a Washington, quando il tradizionale elettorato di sinistra danese cominciò a spostarsi a destra cercando politiche più dure sull’accoglienza degli stranieri. Nell’aprile 2017, nello stesso periodo in cui il partito diffondeva il documento “Insieme per la Danimarca”, Mattias Tesfaye, punto dei riferimento sull’immigrazione all’interno dei Socialdemocratici, pubblicò un libro intitolato “Benvenuto, Mustafa”. Tesfaye, figlio di una donna danese e di un rifugiato etiope, analizzava 50 anni di dibattito sull’immigrazione interno al partito e rifiutava l’immagine che i Socialdemocratici avevano sempre avuto di loro stessi, cioè quella di una forza politica favorevole all’apertura delle frontiere. Il libro rivelava un acceso dibattito e parecchie divisioni interne sul tema e riabilitava alcune figure del partito che avevano assunto posizioni dure verso l’immigrazione e che per molto tempo erano state ignorate.
Secondo i sondaggi realizzati di recente, la virata a destra sta pagando in termini di consenso elettorale, evitando – almeno per ora – un tracollo come successo ad altri partiti di sinistra in Europa.