La Cina sta costruendo centinaia di nuove centrali a carbone
Le immagini satellitari mostrano la riapertura di centinaia di cantieri dove i lavori erano stati sospesi: è un problema serio per tutti
Dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi – il più importante trattato internazionale sul clima – molti avevano visto nella Cina un nuovo possibile leader per guidare la difficile transizione verso forme di energia rinnovabili, riducendo le emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altre sostanze inquinanti nell’atmosfera. In effetti negli ultimi anni il governo cinese ha adottato politiche energetiche più responsabili, vedendo nelle energie rinnovabili un’importante opportunità economica oltre i benefici per l’ambiente, ma le contraddizioni non mancano. Un recente studio ha scoperto infatti che in molte province della Cina è ripresa la costruzione di centinaia di centrali elettriche a carbone, tra le principali responsabili dell’inquinamento atmosferico.
La ricerca è stata condotta dall’organizzazione ambientalista CoalSwarm, analizzando le immagini satellitari dei siti dove negli ultimi anni era stata sospesa la costruzione di centrali a carbone, su ordine del governo centrale. I lavori sono ripresi in buona parte dei siti analizzati, per realizzare impianti che complessivamente raggiungeranno una capacità di 259 gigawatt, dato comparabile con la potenza installata negli impianti a carbone di tutti gli Stati Uniti.
Tra il 2014 e il 2016 si è registrato un aumento significativo di progetti per le centrali a carbone in Cina, dovuto a un discusso piano di decentralizzazione. Il governo cinese ha affidato la competenza sulla progettazione e realizzazione dei nuovi impianti alle autorità locali, ritenendo che potessero gestire con migliore efficienza i piani energetici nelle varie province. La costruzione di una centrale a carbone offre buone opportunità di sviluppo a livello locale, quindi molte amministrazioni ne hanno approfittato per rilanciare le loro economie con enormi cantieri, anche se in molti casi questi non erano strettamente necessari.
Il governo aveva provato ad arginare il fenomeno, imponendo sospensioni per circa 100 cantieri. Lo studio di CoalSwarm spiega che i provvedimenti governativi non hanno funzionato e che in molti casi i lavori per costruire le centrali sono ripresi. Se ne sono accorti mettendo a confronto immagini satellitari degli stessi cantieri fotografati in periodi diversi. In molti siti si è andati avanti a costruire e alcuni sembrano avere completato i lavori.
Se fossero tutte impiegate, le nuove centrali a carbone porterebbero a nuove pericolose emissioni di CO2 nell’atmosfera, andando contro gli obiettivi internazionali per contenere il riscaldamento globale. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, per mantenere l’aumento della temperatura globale sotto gli 1,75 °C rispetto all’epoca preindustriale, la Cina dovrebbe chiudere tutte le sue centrali a carbone entro 30 anni (fatta eccezione per le poche che hanno sistemi di cattura della CO2).
Climatologi e ricercatori concordano sul fatto che per ridurre gli effetti del riscaldamento globale sia essenziale una drastica riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Per ridurre i rischi e contenere un processo ormai in corso, tutte le centrali a carbone nel mondo dovrebbero essere chiuse entro i prossimi 30 anni.
Per quanto riguarda la Cina, il governo potrebbe emettere divieti permanenti sulla costruzione di nuove centrali a carbone, invece di proseguire sulla strada della sospensione delle attività. Da tempo le associazioni di ambientalisti chiedono che siano adottate misure definitive, da imporre localmente.
A causa dello stretto controllo del governo cinese sull’informazione e sui propri funzionari, non è semplice capire quali siano le effettive intenzioni delle amministrazioni locali dove si stanno costruendo nuovi impianti. Glen Peters, del Centro internazionale per la ricerca sul clima di Oslo, ha spiegato a BBC News che la situazione potrebbe essere meno grave di quanto appaia, seppure paradossale: “Le centrali a carbone funzionano per circa metà del tempo in Cina, e si potrebbe quindi sostenere che aggiungere ulteriore capacità non sia necessario. Le nuove costruzioni sono probabilmente state avviate per mantenere le economie locali, soprattutto dal punto di vista delle amministrazioni locali, invece che essere necessarie per un futuro impiego nella produzione di energia”.