L’ultimo pasticcio sul “decreto Genova”

Sembrava che il decreto fosse pronto, dopo settimane di ritardi, ma si è scoperto che mancavano le coperture finanziarie e che dentro il governo aveva infilato un po' di tutto

(MARCO BERTORELLO / AFP)
(MARCO BERTORELLO / AFP)

Martedì il cosiddetto “decreto Genova”, quello che avrebbe dovuto dare avvio agli interventi più urgenti in città dopo il crollo del ponte Morandi, è finalmente arrivato al ministero dell’Economia per l’ultimo esame prima di essere inviato al presidente della Repubblica. Nel corso della giornata, però, tra le redazioni dei giornali è cominciata a circolare una voce, poi confermata dai tecnici del ministero: negli spazi destinati a indicare le risorse economiche a copertura delle misure stabilite dal decreto, il governo aveva messo solo dei puntini di sospensione.

Le cifre mancanti, ha scritto Repubblica, riguardavano «i costi da sostenere per gli aiuti alle aziende, le misure sull’area del porto e della zona franca, la deroga alla legge Madia per le assunzioni nella pubblica amministrazione. Non solo, il testo resta ad alto rischio nell’esame di legittimità per tutta una serie di altri aspetti. Dai risarcimenti imprecisati alla previsione della ricostruzione da affidare a un soggetto diverso da Autostrade, senza la revoca contestuale della concessione (della quale il decreto non si occupa). Salvo pretendere dalla stessa società il finanziamento dell’opera».

In altre parole il decreto era incompleto e impossibile da approvare per la Ragioneria generale dello Stato, l’organo che si occupa di esaminare le sostenibilità economica di tutti i provvedimenti legislativi. Per il governo rischiava di essere un momento molto imbarazzante. In teoria, infatti, il decreto Genova era già stato approvato il 13 settembre, due settimane fa. Il presidente Conte aveva potuto così recarsi il giorno dopo a Genova, per la commemorazione a un mese dal disastro, annunciando che il decreto che dava avvio alla ricostruzione era già stato approvato. In realtà il decreto non esisteva.

Era stato approvato infatti un testo con la formula “salvo intese”, che lo rendeva suscettibile a ogni tipo di modifica. Il testo poi non era stato pubblicato né consegnato al presidente della Repubblica, che avrebbe dovuto firmarlo per farlo entrare in vigore, ma era rimasto negli uffici dei ministeri competenti che avevano continuato a lavorarci. I temi principali di cui il decreto deve occuparsi sono la nomina di un commissario incaricato della ricostruzione, la definizione dei poteri del commissario e le modalità con cui decidere come procedere alla ricostruzione del ponte. Accanto a questi punti delicati, il decreto avrebbe dovuto dare inizio anche a tutti gli interventi straordinari, come i risarcimenti agli sfollati e le misure speciali destinate alla città di Genova.

Ieri, però, a due settimane dall’approvazione “salvo intese”, il decreto risultava ancora incompleto. La diffusione di quelle voci ha causato gli attacchi dall’opposizione, che ha accusato la maggioranza di “dilettantismo”, e ha fatto iniziare un nuovo scontro interno al governo. I leader del Movimento 5 Stelle, come Luigi Di Maio, hanno accusato i tecnici della Ragioneria di aver bloccato il decreto e di aver voluto sabotare il governo per vendicarsi dei recenti attacchi subiti (sono gli stessi tecnici minacciati nel messaggio audio registrato da Rocco Casalino, portavoce del presidente del Consiglio).

Dopo un pomeriggio di attacchi, la Ragioneria ha deciso di rispondere in via semi-ufficiale. «La Ragioneria Generale dello Stato non ha bloccato il decreto, ma lo sta sbloccando», hanno fatto sapere alle agenzie di stampa fonti del ministero dell’Economia. Le stesse fonti hanno detto che i tecnici erano al lavoro per trovare le coperture economiche, anche se questo non sarebbe un compito che spetta alla Ragioneria. Questa circostanza eccezionale era dovuta al fatto che il decreto era arrivato «senza alcuna indicazione degli oneri e delle relative coperture». Alle critiche di chi sosteneva che la Ragioneria stesse bloccando il decreto per «poche decine di milioni di euro», è stato risposto che il decreto conteneva anche altre norme che con il decreto non c’entravano nulla: per esempio il rifinanziamento della cassa integrazione di 30 mila metalmeccanici, finanziariamente molto più impegnativa.

L’incidente si è risolto in serata. I tecnici del ministero del Lavoro hanno eliminato le norme che non c’entravano con il ponte Morandi, mentre la Ragioneria ha suggerito una serie di coperture finanziarie che sono state accolte dal governo. Il testo, finalmente ultimato, dovrebbe arrivare questa mattina al presidente della Repubblica e ricevere la sua firma. Ma su alcuni dettagli, per esempio il nome del commissario alla ricostruzione, il governo ha già fatto sapere che bisognerà comunque aspettare ancora.