Chi era quel Möbius del nastro che piaceva a Escher
Quello che fanno fare a scuola, tagliando una striscia di carta e poi unendone gli estremi dopo averne torto uno di 180 gradi
Centocinquant’anni fa, il 26 settembre 1868, morì August Ferdinand Möbius, un matematico e astronomo tedesco. Il suo nome è molto noto anche a chi non si occupa di matematica, perché dà il nome a quella superficie con una sola faccia e un solo bordo che si impara a conoscere fin dalla scuola primaria come lavoretto o piccolo esperimento di geometria da fare con carta, forbici e nastro adesivo: il nastro di Möbius, appunto. È quell’anello fatto in modo tale che una formica che ci si trovi sopra ne possa percorrere l’intera superficie trovandosi infine al punto di partenza senza mai scavalcarne il bordo, come immaginò l’incisore Escher negli anni Sessanta.
Oltre che al nastro, che peraltro non si può dire abbia inventato lui, Möbius diede il suo nome anche a molte altre cose che c’entrano con la matematica: due funzioni, una formula che vale per alcune funzioni e un paio di altre cose troppo lunghe da spiegare partendo da zero. Inoltre, ideò un tipo di coordinate per descrivere gli spazi tridimensionali alternative alle x, y, z: si chiamano coordinate omogenee, e anche loro sono un po’ lunghe da spiegare partendo dall’inizio.
Passiamo dunque alle cose della vita di Möbius che anche i poco ferrati in matematica e geometria possono capire. Nacque nel 1790 e da parte di madre era un discendente di Martin Lutero. Fu studente di Carl Friedrich Gauss, uno dei più importanti matematici di tutti i tempi (la curva gaussiana, una delle tantissime cose che portano il suo nome, la conosciamo tutti), scrisse una tesi di dottorato su come studiare le stelle nascoste dai pianeti e nel 1816, quindi ancora molto giovane, divenne professore di astronomia all’Università di Lipsia, di cui diresse anche l’osservatorio astronomico.
Il nastro che poi prese il suo nome lo scoprì nel 1858: diciamo “scoprì” e non “inventò” perché ovviamente, come tutti i concetti astratti geometrici e aritmetici, esisteva anche prima che Möbius lo descrivesse, tanto che una figura che lo ricorda molto è stata trovata in un mosaico romano del III secolo che si trovava a Sassoferrato, nelle Marche.
Più o meno nello stesso periodo in cui lo scoprì Möbius, il nastro fu scoperto indipendentemente anche da Johan Benedict Listing, un altro matematico e fisico tedesco. Listing è considerato il fondatore della topologia perché fu il primo a chiamare così questa branca della matematica in cui si studiano le proprietà qualitative e non quantitative degli oggetti geometrici, cioè quelle che non cambiano quando forme e solidi si restringono o si ingrandiscono, per farla breve. Ma fu Möbius a spiegare le proprietà topologiche del nastro per primo, presentandolo in un memoriale all’Accademia francese delle scienze.
Il nastro di Möbius è un oggetto molto interessante anche per quello che gli succede quando lo si taglia, come si può vedere bene in questo video animato (è in inglese, ma è sufficiente seguire l’animazione):
Se si taglia un nastro di Möbius lungo una linea che divide la sua superficie a metà, si ottiene una figura simile a un nastro di Möbius ma con un altro anello in mezzo. Facendo ulteriori tagli si ottengono altri anelli e altri nodi: per capire come mai servono basi di matematica avanzata, ma potete prenderlo come un passatempo da provare con carta e forbici alla mano. Detto questo il nastro di Möbius non è solo una forma affascinante: è anche utile. In molti campi del design industriale è stato usato per rendere più efficienti certi macchinari. Per esempio molte cinghie di trasmissione di vari macchinari sono a forma di nastro di Möbius perché il fatto che abbiano una superficie più lunga rispetto a quella che avrebbero se fossero cilindriche le fa durare di più: si usurano in modo ottimale dato che ogni punto della superficie viene sfruttato.
Il nastro poi ha ispirato molte opere d’arte, un paio di film e anche un simbolo che ci capita di vedere tutti i giorni: quello del riciclaggio disegnato da Gary Anderson nel 1970, che rappresenta un continuo ciclo di riciclo e riutilizzo per gli oggetti.