Si riparla di Marcello Foa
Dopo la bocciatura di agosto, la Commissione di vigilanza ha approvato una mozione per votare nuovamente la sua nomina a presidente della Rai
Nelle ultime ore è tornata a essere molto concreta la possibilità che la Commissione di vigilanza Rai confermi Marcello Foa come nuovo presidente dell’azienda. Un accordo tra Forza Italia e il governo sembra abbia sbloccato la situazione, dopo che a inizio agosto la nomina di Foa era stata bocciata nella Commissione proprio per l’opposizione dei rappresentanti di Forza Italia. Mercoledì 19 settembre, la maggioranza di governo ha inoltre ottenuto che venisse approvata una risoluzione che dovrebbe consentire di procedere a una nuova votazione su Foa, dopo quella di agosto. I rappresentanti in Commissione del Partito Democratico e di LeU hanno votato contro, mentre Forza Italia si è astenuta facilitando l’approvazione della risoluzione.
La proposta poi approvata di votare nuovamente su Foa ha portato a numerose polemiche e critiche, soprattutto nei confronti di Alberto Barachini, il presidente della Commissione di vigilanza Rai e parlamentare di Forza Italia. Barachini ha detto di ritenere: “Che non ci siano profili tali da mettere in dubbio l’ammissibilità della mozione di maggioranza, alla luce dei pareri riportati”. Non tutti i consiglieri sono però convinti che sia legittima la scelta di votare nuovamente un candidato già bocciato in Commissione.
I consiglieri del PD e dell’Usigrai, il principale sindacato dell’azienda, nelle scorse settimane avevano raccolto diversi pareri legali sulla vicenda. Sostengono che votare nuovamente andrebbe contro la volontà degli elettori, considerato che i loro rappresentanti in Commissione hanno già dimostrato come la pensano sulla candidatura di Foa tra luglio e agosto. Per provare ad attenuare il problema, il parlamentare Giorgio Mulè – sempre di Forza Italia e consigliere della Commissione – ha proposto con una lettera a Barachini di procedere a un’audizione di Foa, passaggio che secondo il suo punto di vista dovrebbe legittimare la sua nomina e la votazione.
I consiglieri contrari, a cominciare da quelli del PD, hanno chiesto perché si debba votare nuovamente un candidato già bocciato. Altri hanno definito un passaggio inutile e di facciata l’audizione prima del nuovo voto, considerato che ormai con l’appoggio di Forza Italia Foa dovrebbe essere votato senza problemi.
I consiglieri di Forza Italia erano stati molto duri nei confronti di Foa nei mesi scorsi, mentre ora hanno cambiato idea. Il cambiamento è avvenuto in seguito ai nuovi contatti intercorsi tra Silvio Berlusconi e il leader della Lega, Matteo Salvini. L’accordo dovrebbe essere confermato nelle prossime ore con un nuovo incontro tra i rappresentanti dei due partiti a Roma. Le opposizioni accusano Forza Italia di avere cambiato opinione in seguito a promesse non meglio definite, che secondo alcuni dovrebbero tutelare le aziende della famiglia Berlusconi, nel caso di riforme del sistema radiotelevisivo e della pubblicità da parte del governo. Forza Italia, a cominciare proprio da Mulè, ha negato queste circostanze.
Marcello Foa ha 54 anni ed è di Milano, dove ha conseguito una laurea in Scienze politiche. Negli anni Ottanta ha lavorato per diverse testate, diventando poi giornalista del Giornale diretto da Indro Montanelli nel 1989. Si è occupato di politica estera per molti anni, rimanendo al Giornale anche dopo l’abbandono di Montanelli, assumendo la direzione del sito nel 2010. Ha poi diretto il Corriere del Ticino, ricoprendo anche l’incarico di amministratore delegato del gruppo editoriale. Foa tiene corsi di giornalismo in diverse università e fa parte di alcune organizzazioni che si occupano di «promuovere la qualità nel giornalismo».
Foa continua a scrivere su un blog sul Giornale ed è molto presente su Twitter, dove esprime spesso posizioni antieuropeiste e di sostegno alla Lega e al Movimento 5 Stelle. In passato ha diffuso notizie che si sono rivelate false. L’anno scorso aveva scritto sul Corriere del Ticino e sul suo blog che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump stava richiamando 150mila riservisti dell’esercito, «per fare cosa? Un attacco in grande stile alla Siria? Colpire prima Damasco e poi Teheran? O l’obiettivo è la Corea del Nord?». La notizia non era stata confermata in nessun modo, né riportata da alcuna fonte autorevole negli Stati Uniti o altrove e non ha mai trovato riscontri: il sito di debunking Butac aveva scoperto che era stata diffusa da un autore complottista americano di estrema destra. Foa si era difeso dicendo che «fa parte dell’Abc del giornalismo non divulgare le proprie fonti. Mi occupo di questi temi da 30 anni come caporedattore estero di Montanelli, inviato speciale in molti Paesi, tra cui gli Usa».