Incontro con il Re
Un racconto da "The Passenger", il libro-rivista di Iperborea: è appena uscito il secondo numero, dedicato all'Olanda
Esce oggi in libreria il secondo numero della rivista The Passenger, dedicato all’Olanda (il primo, uscito a giugno, era sull’Islanda). Il nuovo progetto editoriale di Iperborea, la casa editrice dedicata alla letteratura nordica, è un libro-magazine, che unisce il formato libro alla periodicità e ai contenuti editoriali di una rivista: racconta un paese e i suoi abitanti con articoli lunghi, inchieste, reportage letterari e saggi narrativi accompagnati da fotografie, infografiche, cartine e consigli di libri e film. Per ogni numero viene anche commissionato un servizio fotografico originale a un fotografo inviato sul posto: per questo è stato scelto il documentarista Francesco Giusti, che durante la sua carriera si è occupato sia di migrazioni e tensioni sociali sia di reportage culturali e sociali, come Sapologie, sui dandy del Congo, per cui vinse il secondo premio nella categoria “Storie- Arte e Spettacolo” del World Press Photo, nel 2010.
In questo numero di The Passenger si legge della misteriosa estinzione del colombaccio, della polemica razzista nata attorno alla leggenda dell’aiutante nero di San Nicola, delle differenze e somiglianze tra gli abitanti neerlandofoni di Amsterdam e Bruxelles raccontate dallo scrittore fiammingo Stefan Hertmans e della fine del calcio totale. C’è anche un racconto in tre episodi dello scrittore olandese Toine Heijmans, alla ricerca degli olandesi “normali”: alla fine ha incontrato il più olandese di tutti, il re, com’è andata lo trovate di seguito.
I prossimi numeri di The Passenger parleranno di Giappone, Norvegia, Argentina e Portogallo. Oltre che sul sito, potete seguire la rivista su Instagram, Facebook e Twitter.
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II. Krimpenerwaard – La visita del re
di Toine Heijmans
Traduzione di Antonio De Sortis
Stanco dei politici e delle loro dispute elettorali, un giorno decido di andare a vedere il re. Presto compirà cinquant’anni, e potrei sbagliarmi ma comincia ad assomigliare sempre di più a sua madre. È in visita insieme alla regina nella Krimpenerwaard, una trascurata area di torbiera chiusa tra l’IJssel olandese, il Lek e il Vlist, tre fiumi, il cui letto è ben più alto del terreno circostante. Vederlo all’opera è terapeutico. Ora che nel paese tutto sta andando un po’ a rotoli, il re è come un faro di fulgente ottimismo e serietà. Sa essere anche buffo, come quando passa accanto all’area stampa, di strada per il municipio di Krimpen aan den IJssel, e dice qualcosa del tipo: «Ma pensa, anche voi qui?» O ancora: tutti noi giornalisti accreditati siamo nell’area stampa ricavata dietro la staccionata di una fattoria, a Gouderak, e il re commenta: «Ecco un bell’allevamento estensivo.»
Non mi sarebbe consentito citarlo, è una delle stranezze della monarchia olandese: fingere di non esistere e poi piantare grane a non finire. Anche oggi c’è un convulso viavai attorno al re, al punto che il portavoce mi afferra per un braccio e mi sposta malamente da dove mi trovo per errore e dove invece dovrò stare dopo; sono diventato anch’io parte del gioco.
Quando vedi il re al lavoro, sembra che tutto questo non faccia per lui. Sono gli altri a voler mantenere tutta questa segretezza, probabilmente per sentirsi importanti.
Osservando il re, credo che trovi soddisfazione nel fare le cose, e che dia il meglio di sé. Mi è rimasta impressa la scena in cui dà consigli sull’esportazione di prodotti locali a una giovane produttrice di formaggio. Al supermercato non vendeteli insieme alla roba qualunque, è la sua dritta. Fate invece uno «scaffale a parte», che esalti la provenienza dei prodotti locali. Il fatto che il re si fermi a riflettere dettagliatamente su uno scaffale di supermercato mi dà grande tranquillità.
Una giornata col re è un’ottima giornata. Il tempo è ottimo, il sole di febbraio si specchia nei canali, gli argini dei fiumi fanno il loro duro lavoro, così come i poliziotti in moto e gli addetti alla comunicazione, mentre via via, lungo le strade tutt’intorno, i contadini salutano il pulmino blu scuro che trasporta il re e la regina – una lunga e stretta Audi blindata procede poco più indietro con qualche imbarazzo.
Ai giornalisti vengono offerti abbondanti pranzi al sacco e generose opportunità di vedere il re all’opera, a porte chiuse, mentre parla ininterrottamente con la gente della Krimpenerwaard. Anche se il re non lo ritiene necessario, tutti sfoggiano i loro vestiti migliori. I bambini oggi non vanno a scuola, e non serve nemmeno la giustificazione.
L’Olanda è un gran bel posto, si tende a dimenticarlo, forse perché ai politici conviene far credere che ci sia una guerra civile. La patetica retorica della «sola terra che abbiamo» di Geert, l’improvviso «patriottismo progressista» di Lodewijk, l’eroica apologia dell’uovo di Pasqua «cristiano» di Mark, il «sano amore per la nazione» di Sybrand. [Geert Wilders (Pvv, partito populista), Lodewijk Asscher (socialdemocratico), Mark Rutte (liberal conservatore, già due volte premier), Sybrand Buma (cristiano-democratico), N.d.R.] La loro è paura dello straniero e del cambiamento, avvolta nella meschinità. E questo in un paese dove i politici si fanno ancora chiamare per nome. Il paese dei prodotti locali. Poi c’è il re. Che ha avuto il coraggio, nonostante tutti i limiti che gli sono imposti, di tenere un discorso natalizio di tutt’altro tenore, proprio come aveva fatto sua madre. «Sembra che l’estremo sia diventato la nuova normalità» ha detto «ma la rabbia non può essere un punto d’arrivo.» Così si è opposto alla discriminazione. Da quel momento guardo il re con occhi diversi. Perfino quando in una fabbrica di elevatori a rampa assorbe informazioni sugli elevatori a rampa, offrendo anche in questo caso degli spunti preziosi. Peccato non poter fare due chiacchiere con lui, assieme agli altri lavoratori nell’area caffè.
Di tutti gli olandesi il re è quello più informato sull’Olanda, negli anni non si è preparato ad altro se non a essere olandese. Si mostra aggiornato sulla riorganizzazione amministrativa della Krimpenerwaard, nonché esperto di aree protette e di uccelli acquatici; si pianta saldamente a gambe larghe al centro di una stalla, puntando le scarpe in ogni direzione, si rivolge ai profughi siriani Alaa e Rachid e ai loro insegnanti di olandese, ha una voce calda, e adesso un po’ più grave, indossa un completo con pantaloni svolazzanti, troppo largo sulle spalle, conosce la differenza tra general contractor e subcontractor, ha due grandi mani che muove in continuazione, nel centro congressi De Zwaan a Berkenwoude si informa sugli effetti della decentralizzazione, è a conoscenza delle difficoltà nell’industria navale e della mancanza di specialisti – la gente preferisce andare in ufficio, nessuno che voglia ancora sporcarsi le mani, tale è stato l’impatto del benessere sul nostro amato paese.
In cima all’argine un gruppetto di paesani di Gouderak è in attesa del re. Nel frattempo iniziamo a parlare di razzismo. «A me i neri fanno paura» dice Jannie, il fulcro di un gruppo di signore di mezz’età. «Ho paura che un giorno dalla Nigeria ce li ritroviamo tutti in Olanda.»
Avrei voluto che il re fosse lì con me, in quel momento. Quando però lo vedono passare, le signore lo salutano con tale affetto che nessuno sospetterebbe quello che hanno appena detto sui «neri». Alla fine ci ritroviamo nell’ufficio comunale di Bergambacht, dove si vocifera che il re terrà un discorso. C’è fermento, tutti a fare congetture. Guglielmo Alessandro viene avanti a passi grandi e fieri, e io non so se mi è concessa questa citazione, ma il re dice che è fantastico guardare la Krimpenerwaard «mentre avanza come una nave a vele spiegate».
(©The Passenger 2018 – Foto: ©Francesco Giusti – Prospekt)