Inizia un altro Consiglio europeo molto difficile
Fra oggi e domani i leader europei proseguiranno la discussione sui migranti iniziata a giugno, ma in pochi si aspettano conseguenze concrete
Tra mercoledì sera e giovedì i leader e i capi di stato europei si riuniranno a Salisburgo nell’ambito del Consiglio europeo, l’organo dell’Unione Europea che determina l’agenda politica all’interno dell’Unione. Si discuterà soprattutto di immigrazione: la base del dibattito sarà il mezzo accordo trovato dal Consiglio a fine giugno, che prevede nuovi meccanismi di solidarietà nei confronti dei paesi più interessati dal flusso di migranti, come Spagna e Italia, e la creazione di centri di sbarco fuori dall’UE. Non è ancora chiaro se si faranno degli ulteriori passi in avanti, ma negli ultimi giorni c’è stato un certo fermento e gli osservatori delle cose europee stanno ancora cercando di capire se avrà conseguenze concrete.
Per quanto riguarda i centri di sbarco, l’idea sembra essere quella di coinvolgere l’Egitto. Tre giorni fa il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, cioè il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, hanno incontrato al Cairo il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. Secondo Politico, l’UE e il governo egiziano stanno provando a capire se uno dei centri di sbarco può essere aperto proprio in Egitto, un paese che come ha fatto notare lo stesso Tusk pochi giorni fa ha combattuto il traffico di migranti riducendo a zero le partenze di barconi dalle proprie coste.
Ich hatte ein gutes Gespräch mit @eucopresident Donald Tusk u Präsident al-Sisi. Wir haben d Abhaltung eines Gipfels zwischen d #EU &d arabischen Liga 2019, d wirtschaftliche Zusammenarbeit u d Kampf geg d illegale Migration,wo #Ägypten bereits eine Vorreiterrolle hat,besprochen. pic.twitter.com/pkaIEHSuSy
— Sebastian Kurz (@sebastiankurz) September 16, 2018
Trovare un accordo sarà più difficile di come sembra. Il contesto legale in cui lavoreranno questi centri non è ancora chiaro, e non sappiamo nemmeno cosa potrebbe chiedere le autorità egiziane in cambio dell’apertura di questa struttura. In molti potrebbero osservare che l’Egitto è un paese dove i diritti umani vengono rispettati solo in parte, e per questa ragione probabilmente inadatto ad ospitare persone vulnerabili come migranti e richiedenti asilo. Secondo fonti di Politico, la Spagna starebbe trattando col Marocco per aprire un centro simile, e anche la Tunisia potrebbe essere contattata.
Una fonte diplomatica europea sentita dal Financial Times sostiene che il modello-Egitto potrebbe essere applicato anche alla Libia, il paese da dove al momento salpa gran parte delle barche dirette in Europa. Il problema è che la Libia, a differenza dell’Egitto, è un paese molto meno stabile, dove decine di milizie locali si contendono pezzi di potere: l’unico governo riconosciuto dalla comunità internazionale controlla quasi solo la capitale del paese, Tripoli.
Si farà ancora più fatica a trovare un compromesso sui meccanismi per condividere la prima accoglienza per i migranti che arrivano via mare, ed evitare che se ne occupino soltanto Spagna, Grecia e Italia. A giugno si era parlato di aprire dei “centri controllati” finanziati e gestiti dall’Unione Europea dove esaminare le richieste d’asilo delle persone sbarcate e decidere in modo “rapido” chi ha diritto ad ottenere una forma di protezione internazionale e chi no. Finora però nessun paese europeo ha dato la propria disponibilità ad aprire un “centro controllato” nel proprio territorio: pochi giorni dopo il Consiglio di giugno, per esempio, il presidente francese Emmanuel Macron aveva escluso di aprirne uno in Francia, il paese che per vicinanza sarebbe stato probabilmente il più indicato.
Quasi sicuramente nei prossimi due giorni non si discuterà della riforma del regolamento di Dublino, cioè il collo di bottiglia legislativo che in sostanza costringe i richiedenti asilo che arrivano via mare a rimanere nel primo paese di approdo, cioè Italia, Grecia e Spagna. L’accordo trovato alla fine del Consiglio di giugno – quindi con l’assenso del governo italiano – stabilisce che per cambiarlo va trovato un consensus: nel linguaggio del Consiglio europeo significa che serve trovare un accordo all’unanimità. Da anni i paesi del blocco orientale, cioè i più ostili ad ospitare migranti e richiedenti asilo sul proprio territorio, bloccano con decisione ogni negoziato.
Conte: riforma di Dublino terrà conto di migranti salvati in mare.
Conclusioni: sarà approvata per consenso (unanimità) e non con voto a maggioranza. pic.twitter.com/7pbiRM7nUu
— David Carretta (@davcarretta) June 29, 2018
Va detto che in tutto il 2018 sono arrivati via mare circa 77mila migranti – 38mila in Spagna, 22mila in Grecia e 20mila in Italia – una cifra molto inferiore a quella degli ultimi anni nello stesso periodo: e la situazione relativamente sotto controllo potrebbe favorire una discussione più produttiva.