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  • Sabato 15 settembre 2018

Finisce la Vuelta

Prima della passerella di Madrid, oggi c'è il tappone pirenaico con sei salite: ma difficilmente la vincerà uno che non è Simon Yates

(MIGUEL RIOPA/AFP/Getty Images)
(MIGUEL RIOPA/AFP/Getty Images)

Sabato pomeriggio c’è la tappa decisiva della Vuelta di Spagna: si corre tutta in Andorra e ha oltre quattromila metri di dislivello. Parte da Escaldes-Engordany e dopo sei Gran Premi della montagna, alcuni dei quali molto impegnativi, si arriva al Coll de la Gallina. È una di quelle tappe di montagna che vanno di moda da un paio di anni: è breve (meno di 100 chilometri) ed è tutta su e giù, tra salite e discese. È disegnata per essere spettacolare, magari già dalle prime salite, e per far andare i corridori a tutta sin dai primi chilometri.

Il problema è che forse la Vuelta è già decisa, perché in maglia rossa (quella che al Giro d’Italia è rosa) c’è l’inglese Simon Yates, che in salita è finora stato nettamente più forte degli altri.

Yates ha 26 anni e quelli che seguono il ciclismo giusto un po’ si sono davvero accorti di lui solo qualche mese fa, quando è stato un po’ di tappe in maglia rosa, e poi è andato in crisi negli ultimi giorni, lasciandola a Chris Froome. A questa Vuelta finora è andato molto forte, attaccando spesso e mostrandosi superiore a tutti in salita. Se dovesse vincere sarebbe il suo primo grande giro (e non l’ultimo, se andrà avanti così). Sarebbe anche il terzo britannico a vincere uno dei tre grandi giri, dopo Chris Froome al Giro e Geraint Thomas al Tour de France.

Yates ha finora dato l’impressione di essere difficilmente attaccabile, ma non è mai detto niente e di certo il terreno per provarci non manca. Come sempre in questi casi bisogna però capire se quelli in classifica dietro di lui preferiranno difendere il secondo, il terzo o il quarto posto o se invece vorranno provare a giocarsi il tutto per tutto e azzardare un attacco a uno che, fino a ieri, è sembrato più forte di tutti. Tra quelli che potrebbero provarci ci sono gli spagnoli Alejandro Valverde, che ha 39 anni, ed Enric Mas, che ne ha 23.

È comunque il caso di conoscere Yates

Corre per la Mitchelton-Scott, una squadra australiana, ma è britannico, della città di Bury. Corre in squadra con il fratello gemello Adam: anche lui forte, ma almeno quest’anno un po’ meno di Simon. Yates arriva dal ciclismo su pista, in cui nel 2013 divenne campione mondiale della corsa a punti (che fa parte anche della disciplina dell’Omnium). Nel 2016 è arrivato sesto alla Vuelta, nel 2017 settimo al Tour. Quest’anno, già al Giro, aveva mostrato di poter essere il più forte di tutti in salita; alla Vuelta ha dimostrato di poterlo essere per tre settimane consecutive di un grande giro. Piace molto ai tifosi perché è uno di quelli che attaccano spesso, anche da lontano.

E Vincenzo Nibali?

Sono passati meno di due mesi da quando Nibali si ruppe una vertebra al Tour de France: a questa Vuelta è arrivato per ritrovare la forma. Sembra esserci riuscito perché una settimana dopo l’altra è andato sempre meglio, è andato in fuga e ha fatto – lui che ha vinto tutti e tre i grandi giri – da gregario a quello che di solito è il suo gregario. Era alla Vuelta perché a fine settembre ci saranno i Mondiali di ciclismo a Innsbruck, in Austria, il suo vero obiettivo stagionale. La caduta del Tour de France gli ha di certo complicato notevolmente i piani.

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E Fabio Aru?

Ha passato un anno complicato, in cui non è mai stato davvero competitivo e non si è nemmeno avvicinato ai livelli del 2015, quando vinse la Vuelta. Da un paio di giorni sta correndo nonostante i lividi e i graffi rimediati in una brutta caduta a pochi chilometri dalla fine della 17ª tappa, sembra per un problema al cambio della bicicletta. È girato un video in cui Aru prende a male parole la bici, che è una Colnago: una marca storica e apprezzatissima. Aru si è poi scusato di persona, al telefono, con Ernesto Colnago, che iniziò a far biciclette negli anni Cinquanta e che ancora oggi si occupa dell’azienda.