Come funziona in Europa con i negozi aperti la domenica
Sedici paesi permettono di tenere aperto sempre, come avviene in Italia, mentre gli altri – tra cui Germania e Francia – hanno limitazioni anche stringenti
Nell’ultima settimana si è tornati a parlare delle aperture dei negozi alla domenica. Luigi Di Maio, capo del M5S e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, ha annunciato che «entro la fine dell’anno» sarà abolita la liberalizzazione introdotta alla fine del 2011 dal governo Monti, che eliminava qualsiasi vincolo all’apertura dei negozi. Non è ancora chiaro se accadrà e come cambieranno eventualmente le cose; la commissione Attività produttive della Camera sta esaminando ben cinque diversi disegni di legge differenti, e il percorso per arrivare all’approvazione di una legge sarà molto lungo.
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È un dibattito presente anche nel resto d’Europa, dove la situazione è estremamente eterogenea: naturalmente non si parla del diritto al riposo dei lavoratori, ma del momento in cui effettuare quel riposo; allo stesso modo si parla quasi esclusivamente dei negozi al dettaglio, e non di altre attività aperte nei giorni festivi come ristoranti, cinema, teatri e bar. Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, aggiornato al 2018, rileva che in 16 paesi su 28 membri dell’Unione Europea le aperture domenicali sono consentite con poche o nessuna limitazione. In altri 12 sono limitate – con vari gradi di severità – a certe fasce orarie e certe attività (le principali deroghe riguardano negozi di alimentari, panetterie, musei, negozi della grande distribuzione, giornalai, attività presenti dentro stazioni di servizio, stazioni dei treni e aeroporti). Nessun paese europeo vieta del tutto le aperture domenicali.
Tra i paesi che prevedono poche o nessuna limitazione ci sono tutti i paesi scandinavi membri dell’Unione: Svezia, Danimarca e Finlandia (la Norvegia, che invece non fa parte della UE, proibisce a quasi tutti gli esercizi commerciali di tenere aperto la domenica). Non ci sono restrizioni anche in gran parte dell’Europa orientale, mentre l’unico grande paese europeo oltre all’Italia ad avere un regime quasi completamente liberalizzato è il Regno Unito. Francia e Germania hanno regolamenti piuttosto severi, invece, e limitano fortemente le aperture domenicali, così come Austria, Belgio, Cipro, Grecia, Malta e Paesi Bassi.
In Italia i partiti che hanno la maggioranza in Parlamento, Lega e Movimento 5 Stelle, chiedono di seguire l’esempio di questi ultimi paesi, insieme alla maggioranza dei sindacati, ai piccoli commercianti, a Confcommercio e alla Chiesa cattolica. In Europa, molti dei gruppi contrari all’apertura dei negozi alla domenica si sono organizzati nella European Sunday Alliance, un gruppo di pressione composto per lo più da sindacati che si batte per introdurre regolamenti contro il lavoro domenicale a livello europeo. Le loro argomentazioni riguardano essenzialmente la qualità della vita di chi lavora la domenica. Secondo Di Maio questa situazione starebbe «distruggendo le famiglie italiane».
Tra i difensori della liberalizzazione ci sono diversi esponenti del PD e i centri studi di orientamento liberale, come l’Istituto Bruno Leoni, che ha realizzato lo studio sulla situazione europea. Secondo i difensori di questa norma, la liberalizzazione degli orari di apertura produce un aumento dei consumi e maggiore occupazione; piuttosto che proibire il lavoro la domenica, propongono di trattare con i sindacati per permettere ai lavoratori impegnati nei giorni festivi di godere migliori condizioni di lavoro (oggi invece non sempre lavorava la domenica nel settore del commercio garantisce salari più elevati).
In Italia la discussione è appena cominciata e nessuno ha ancora presentato studi sulle possibili conseguenze economiche delle varie proposte di riforma che sono state formulate; al momento non esistono nemmeno dati precisi su quanti siano gli italiani regolarmente impegnati a lavorare nel settore del commercio nei giorni festivi.