In Danimarca c’è un gigantesco scandalo bancario
Secondo il Financial Times, Danske Bank avrebbe usato la divisione estone per riciclare denaro illecito per miliardi di dollari
Un’indagine indipendente ha rivelato che Danske Bank, la più importante banca danese, ha gestito circa 28 miliardi di euro di denaro russo ed ex-sovietico attraverso la sua divisione estone. L’ipotesi principale è che sia stata una grande operazione di riciclaggio, che è già stata definita da molti giornali come il più grande scandalo bancario nella storia d’Europa.
I risultati dell’indagine, commissionata da Danske Bank e affidata a Promontory Financial, una società di consulenza statunitense, si trovano nella bozza del rapporto che è stata vista in anticipo dal Financial Times. Fino al 2013, si dice, sono transitati fino a 28 miliardi di euro in Estonia, ma il 2013 sarebbe l’anno di picco di una serie di operazioni durate dal 2007 fino al 2015. Una persona vicina alle indagini, scrive il Financial Times, ha detto che «il volume delle transazioni del NRP [portafoglio non residente] ha raggiunto il picco nel 2013 con il numero di transazioni che si avvicinava a 80 mila, quell’anno, e il volume delle transazioni che si avvicinava a 28 miliardi di euro». Un cliente non residente è una persona che vive in una certa giurisdizione ma che ha interessi finanziari in un’altra. Probabilmente non tutto il denaro che è transitato nella divisione estone è sospetto, precisa il Financial Times: tutto proveniva da clienti russi o delle ex repubbliche sovietiche, e spetterà ora alla banca provare che non è stata utilizzata per riciclare fondi. La banca dovrà anche dimostrare di aver effettuato controlli adeguati per individuare i soldi sporchi.
Le prime notizie sullo scandalo sono uscite sul quotidiano danese Berlingske nel settembre del 2017: Danske Bank, si diceva, aveva gestito 2,4 miliardi di euro di denaro proveniente dall’Azerbaijan tra il 2012 e il 2014. A luglio di quest’anno sono poi state rese pubbliche altre notizie, cioè che la banca aveva gestito anche 7 miliardi di euro di fondi russi di dubbia provenienza tra il 2012 e il 2015. Questi fondi, scrivono alcuni giornali citando fonti vicine alla banca, erano legati alla famiglia di Vladimir Putin. Danske Bank ha ricevuto delle segnalazioni dalle autorità di regolamentazione danesi ed estoni e dagli organismi di controllo interni nel 2012 e 2013, ma è intervenuta solo nel 2015. Un’indagine del 2014 condotta dalle autorità di regolamentazione estoni aveva rilevato «violazioni sistemiche su larga scala e durature delle norme anti-riciclaggio». Si chiedeva anche alla banca di bloccare i servizi bancari ai non residenti.
Una fonte citata dal Financial Times ha detto che 28 miliardi di dollari sono una quantità enorme di denaro, per una divisione così piccola di una banca: «Non puoi avere quella quantità di denaro che scorre senza che si sollevino domande». La cifra rende tra l’altro minori tutti i precedenti scandali simili che si sono verificati in Europa. Nel 2012 si è scoperto che la banca britannica HSBC aveva gestito 760 milioni di euro di fondi legati a noti cartelli della droga messicani. Anche la Deutsche Bank, tedesca, era stata accusata lo scorso anno di aver gestito circa 9 miliardi di euro in transazioni russe poco chiare. Ma lo scandalo danese è stato definito “gigantesco”.
La vicenda ha già avuto delle conseguenze su Danske Bank, in termini di danni alla reputazione. Il suo valore azionario è diminuito del 20 per cento rispetto allo scorso anno e alcuni dei suoi dirigenti si sono dimessi. Le azioni sono scese di un ulteriore 6 per cento qualche giorno fa, dopo l’articolo del Financial Times. E le cose potrebbero peggiorare vista l’indagine in corso da parte delle autorità danesi e una denuncia penale depositata contro 26 dei suoi dirigenti all’inizio di quest’anno. Potrebbero inoltre intervenire gli Stati Uniti imponendo delle sanzioni, come già avevano fatto con HSBC: Danske Bank gestisce anche delle obbligazioni in dollari e ha gestito delle transazioni in dollari statunitensi in Estonia: «Stiamo seguendo questo caso da vicino», ha detto al quotidiano Berlingske un funzionario del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Nel frattempo Ole Andersen, presidente di Danske Bank, ha detto: «Prendiamo la questione molto sul serio, motivo per cui abbiamo avviato indagini approfondite. Siamo impegnati a comprendere il quadro completo e credo che sia nell’interesse di tutti che le conclusioni siano tratte sulla base di fatti verificati e non di frammentarie informazioni prese fuori dal contesto. Stiamo concludendo i rapporti, ma come abbiamo già comunicato, è chiaro che le questioni relative al portafoglio sono state più grandi di quanto avessimo precedentemente previsto». Danske Bank pubblicherà entro fine mese due differenti rapporti: uno con i dettagli delle transazioni sospette e l’altro sulla sua dirigenza.