Chiude il Village Voice, storico giornale newyorkese
Era nato nel 1955 e per decenni aveva raccontato la controcultura di Manhattan, ma aveva perso vivacità e rilevanza da tempo
Il Village Voice, storico giornale newyorkese famoso per le sue inchieste locali e per la sua sezione di critica, chiuderà a causa dei problemi economici della testata, ha detto il suo editore Peter Barbey. Il Village Voice, che nella sua storia ha vinto tre premi Pulitzer, aveva cambiato proprietà nel 2015, e un anno fa aveva già interrotto le pubblicazioni cartacee, che da sessant’anni erano distribuite gratuitamente a New York.
Otto dei diciotto dipendenti del giornale sono stati licenziati, mentre i rimanenti rimarranno per digitalizzare i vecchi articoli. Il Village Voice è l’ultimo di una serie di importanti giornali o siti di news locali americani a chiudere o ad avere gravi problemi economici: era capitato recentemente sempre a New York a Gothamist e DNAinfo, che erano stati temporaneamente chiusi prima di essere riaperti grazie all’intervento di due donatori rimasti anonimi.
Il Village Voice nacque nel 1955 nel Greenwich Village di Manhattan, un quartiere abitato storicamente da artisti e intellettuali di sinistra. Il giornale venne fondato in un appartamento da Dan Wolf, Ed Fancher e Norman Mailer: inizialmente si occupava soltanto delle notizie che riguardavano il quartiere, per poi allargarsi a coprire le altre zone della città negli anni Sessanta. Era caratterizzato – oltre alla diffusione gratuita – dallo spirito critico, provocatorio e “alternativo”. Indagava sulle politiche locali e dava conto delle novità più interessanti in campo artistico e culturale, cominciando come punto di riferimento della Beat Generation e raccontando poi le trasformazioni della controcultura newyorkese.
Negli anni Sessanta e Settanta era stato uno dei portavoce delle battaglie per i diritti civili, soprattutto quelle della comunità gay. Per anni le inchieste di Wayne Barrett – un “muckracker”, come vengono chiamati nel giornalismo anglosassone i cronisti che cercano storiacce sui politici – presero di mira imprenditori e politici locali newyorkesi. Tra questi ci fu in molte occasioni Donald Trump, tanto che le scoperte di Barrett diventarono una base importante per le successive indagini giornalistiche sul conto dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Il giornale si sostenne a lungo con la sua ricca sezione di annunci, soprattutto immobiliari ma anche di prostitute e linee telefoniche erotiche, che persero poi rilevanza con la nascita di servizi online come Craiglist.
Nel 2005 fu comprato da Voice Media Group e molti dei suoi più famosi collaboratori se ne andarono o vennero licenziati. Negli ultimi dieci anni il giornale si era progressivamente spento, mentre anche il Village veniva ripulito e normalizzato. I contenitori in metallo rosso del giornale abbandonati per le strade di Manhattan negli ultimi anni erano diventati una specie di metafora del declino del giornale.
Barbey, fan della rivista e ricco imprenditore di una ricchissima famiglia, lo comprò nel 2015 con l’intento di riportarlo alla vecchia gloria. Fu lui a decidere di concentrarsi solo sulla versione online, convinto che la cosa più importante della rivista non fosse il supporto o la frequenza con cui usciva ma «l’essere una voce viva che mutava di continuo, che rispecchia lo spirito del tempo e il mondo che le cambiava attorno». La sezione più rilevante del giornale era ancora oggi probabilmente quella della critica cinematografica, teatrale, musicale e artistica, ma il giornale a detta di molti aveva perso la sua vivacità politica e intellettuale di un tempo.