Aboliremo l’ora legale?
Una consultazione ufficiale europea – a cui hanno partecipato milioni di persone – lo ha chiesto a gran maggioranza, e la Commissione ha detto che formulerà una proposta
A cavallo fra luglio e agosto, 4,6 milioni di persone hanno partecipato a un sondaggio della Commissione Europea sull’efficacia dell’ora legale, la convenzione per cui durante l’estate l’orario di tutta l’Europa viene spostato un’ora avanti, per sfruttare al meglio le ore di luce nell’arco della giornata. È stato il sondaggio pubblico più partecipato nella storia della UE, e ha prodotto risultati notevoli: l’84 per cento dei partecipanti ha chiesto che l’ora legale venga abolita (ha partecipato al sondaggio solo lo o,04 per cento degli italiani).
Il risultato è stato così netto, e il tema è così popolare in alcuni degli stati dell’Unione, che la Commissione Europea proporrà di abolire il passaggio dall’ora solare a quella legale. Se la direttiva sarà realmente abolita, gli stati saranno liberi di seguire per tutto l’anno l’ora solare oppure l’ora legale o ancora continuare a cambiare l’ora per due volte all’anno: insomma, ci sarà una specie di “liberi tutti”. In un primo momento si era creata un po’ di confusione intorno alla proposta della Commissione perché Jean-Claude Juncker parlando a una tv tedesca aveva detto che l’ora legale sarebbe stata estesa a tutto l’anno anziché abolita. Poche ore più tardi un portavoce della Commissione Europea ha detto che Juncker «intendeva dire che non cambieremo più l’ora due volte l’anno».
In Italia l’ora legale fu introdotta durante la Prima guerra mondiale, nel 1916. Abolita nel 1920, è stata nei decenni successivi più volte introdotta, sospesa, abolita e di nuovo introdotta. È stata poi definitivamente ripristinata nel 1966: anche in questo caso durante un periodo di crisi energetica in cui serviva sfruttare meglio la luce del Sole nel tardo pomeriggio e alla sera. Fra gli anni Settanta e Ottanta è stata poi adottata da tutti i membri dell’Unione Europea e in diversi altri paesi del mondo. Dal 2000 una direttiva comunitaria – quindi vincolante – obbliga gli stati a introdurla fra il 25 e il 31 marzo di ogni anno e a rimuoverla fra il 25 e il 31 ottobre, per armonizzarne l’utilizzo in tutta la UE.
A molti il rituale spostamento di un’ora può sembrare innocuo, ma le conseguenze della convenzione variano molto da paese a paese. Per ragioni geografiche, gli stati del Sud Europa ottengono benefici superiori agli altri. Semplificando moltissimo: dato che si trovano a circa metà strada fra Polo Nord ed Equatore, la durata delle giornate non varia moltissimo fra estate e inverno. Lo spostamento in avanti di un’ora provoca un “allungamento” delle giornate, ma tutto sommato tollerabile: nel giorno più lungo dell’estate, in Italia, il Sole sorge verso le 5.30 e tramonta entro le 21. Se non ci fosse l’ora legale, sorgerebbe alle 4.30 e tramonterebbe alle 20. Dato che fra le 4.30 e le 5.30 pochissime persone sono sveglie, lo spostamento delle lancette permette un po’ a tutti di godere di un’ora di luce in più, cioè quella dalle 20 alle 21.
Nei paesi del Nord Europa, però, le giornate estive sono di per sé molto dilatate, visto che si trovano più vicini al Polo Nord: e quindi l’ora legale accentua un fenomeno già presente (e difficile da assorbire per il corpo). In Finlandia, il 21 giugno, il Sole sorge prima delle 4 e tramonta alle 22.40: in pratica scandisce una giornata da quasi 19 ore di luce. Se non ci fosse l’ora legale il sole tramonterebbe alle 21.40, un orario decisamente più tollerabile. Non è un problema che riguarda solo i paesi scandinavi: anche in Francia e in Germania, grazie all’ora legale, nel giorno più lungo dell’anno il Sole tramonta molto più tardi che in Italia e in Grecia. In Germania alle 21.33, in Francia addirittura alle 21.57. In entrambi i paesi da diversi anni vanno avanti campagne che chiedono l’abolizione dell’ora legale.
L’ora legale era stata introdotta per risparmiare energia, e più in generale permettere alle persone di avere più tempo per fare cose all’aperto in un periodo dell’anno in cui le temperature sono più calde e il meteo più benevolo. È vero che in alcuni paesi il risparmio è considerevole – il gestore della rete elettrica italiana Terna stima in 116 milioni di euro il risparmio garantito nei sette mesi di ora legale – ma da tempo sappiamo che lo spostamento dell’ora porta con sé diversi problemi, relativi soprattutto alla salute.
Una delle ricerche più complete sull’argomento è stata compiuta dal comitato scientifico del Bundestag, il Parlamento tedesco, nel 2016 (PDF). In estrema sintesi, il comitato ritiene che finora le conseguenze dell’ora legale sul corpo siano state sottostimate – in passato erano state paragonate al jet lag – e meritano ulteriori studi. Il comitato ha anche esaminato sette studi sull’ora legale compiuti fra il 2008 e il 2015: alcuni hanno mostrato rischi per la salute, altri hanno suggerito che il cambio dell’ora non abbia alcun effetto o ne abbia uno molto limitato. Gli studi che sostengono i benefici del passaggio all’ora legale si concentrano soprattutto sulle sue conseguenze indirette, come una maggiore propensione allo sport e allo stare all’aria aperta nei mesi estivi.
Negli ultimi anni ci sono state moltissime petizioni per chiedere all’Unione Europea di abolire la direttiva del 2000, che di fatto consentirebbe a ciascun paese di fare come ritiene meglio, fra cui paradossalmente adottare l’ora legale per tutto l’anno: gli archivi del Parlamento Europeo contengono un centinaio di petizioni che riguardano l’ora legale, avanzate soprattutto da cittadini tedeschi (su 4,6 milioni di persone che hanno partecipato al sondaggio online, 3 milioni sono tedeschi).
Non è ancora chiaro come si comporterà il Parlamento Europeo, dove sul tema potrebbero nascere alleanze politicamente trasversali fra i paesi del Nord: a febbraio 384 europarlamentari avevano votato per chiedere che il tema dell’ora legale fosse considerato di nuovo, e probabilmente i risultati del sondaggio daranno una nuova spinta a questa campagna. Per abolire la direttiva del 2000 ci vorrà comunque un procedimento complesso che richiede l’approvazione sia del Parlamento Europeo sia del Consiglio della UE, dove sono presenti tutti i governi dei 28 stati dell’Unione.