Cosa succederà se non si troverà un accordo su Brexit
Il governo britannico ha spiegato cosa accadrà nel peggior scenario possibile: "no deal" (ci saranno conseguenze per tutti, compresi i donatori di sperma danesi)
La scorsa settimana il governo del Regno Unito ha pubblicato le linee guida su come comportarsi nel caso in cui il paese esca dall’Unione Europea senza prima aver raggiunto un accordo con la stessa UE: il cosiddetto scenario “no deal” (nessun accordo), considerato da tutti il peggior risultato possibile di Brexit. Il “no deal” scatterà nel marzo del 2019 nel caso in cui i negoziatori britannici ed europei non riescano a trovare un accordo per risolvere tutte le loro divergenze o per prolungare in qualche maniera le trattative.
Il governo britannico ha più volte assicurato i suoi cittadini che questo scenario è improbabile, e che verosimilmente sarà raggiunto un accordo soddisfacente (secondo i negoziatori europei, l’accordo è concluso “all’80 per cento”). Un “no deal”, però, produrrebbe conseguenze talmente vaste che per il governo è stato necessario realizzare una serie di linee guida per preparare il paese alle conseguenze di questo scenario per il momento improbabile (qui trovate una discussione su Twitter che analizza il documento in maniera approfondita). Al momento il documento è ancora vago: nelle prossime settimane saranno pubblicati ulteriori documenti tecnici.
Erasmus, fondi e progetti europei
Il governo britannico assicura che non ci saranno cambiamenti per tutte quelle attività che saranno già in corso al momento in cui scatterà l’uscita dall’Unione senza accordo. Questo significa per esempio che i programmi Erasmus iniziati fino al marzo 2019 proseguiranno senza alcun cambiamento, così come continueranno a essere sostenuti tutti i progetti cofinanziati dall’Unione Europea. Il governo ha anche promesso che provvederà a stanziare per gli agricoltori britannici la stessa cifra che oggi ricevono grazie alle politiche comunitarie europee.
Più burocrazia
Uno dei principali effetti del “no deal” riguarderà il commercio con l’Europa. Attualmente il Regno Unito fa parte del mercato unico europeo (spesso abbreviato in “ESM”), che rende estremamente semplice esportare e importare merci con il resto dell’Unione. Se non ci sarà un accordo, il Regno Unito sarà considerato dal resto dell’Unione come un paese estraneo e questo comporterà un notevole aggravio in termini di permessi da ottenere, documenti da compilare e nuove procedure da imparare. Il documento del governo consiglia esplicitamente alle aziende impegnate nel commercio con l’Europa di dotarsi di consulenti specializzati o di affidarsi a società che si occupano di svolgere questo tipo di pratiche burocratiche. Non un gran problema per le grandi società, ma un costo potenzialmente difficile da sostenere per le più piccole.
Questo aggravio burocratico si applicherà a tutti i settori economici britannici, dalla finanza ai prodotti medici. Un esempio particolarmente bizzarro – che viene fatto esplicitamente nel documento – è quello dei 3 mila campioni di sperma importati nel 2017 dalla Danimarca. Per proseguire questa importazione, che viene utilizzata dalle banche del seme britanniche, in caso di “no deal” sarà necessario realizzare un nuovo accordo con l’Unione (ma il documento dice che non sarà un gran problema, poiché si potrebbe copiare il documento già esistente che regola l’importazione di campioni di sperma dagli Stati Uniti).
9.) Some of the details are extraordinary. For example- this section on Danish imported sperm for donation. Turns out, in the event of no deal, we might have to start producing more of our own. Come on boys, do it for Britain. pic.twitter.com/bUyQC2oSH9
— Lewis Goodall (@lewis_goodall) 23 agosto 2018
Standard europei
Il documento preannuncia che il governo britannico continuerà a imporre ai produttori britannici gli standard attualmente stabiliti dall’Unione Europea (per esempio gli standard per la sicurezza degli strumenti medici). In questo modo – almeno questa è la speranza del governo – l’Unione Europea continuerà ad accettare quei prodotti, senza sottoporli ad ulteriori controlli o richieste di certificazione. Si tratta, notano molti commentatori, di una scommessa: la speranza che l’Unione decida di “venire incontro” al Regno Unito.
E l’Irlanda del Nord?
Un altro enorme problema del “no deal” è la situazione dell’Irlanda del Nord, dove il Regno Unito ha il suo principale confine via terra con l’Unione Europea (l’altro è a Gibilterra). Attualmente, il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda è, come tutti i confini dell’Unione Europea, aperto e molto trafficato. Nel documento il governo ammette di non avere idea di cosa accadrà, e si limita a dire che è disponibile a qualsiasi trattativa su questo “tema unico e particolarmente delicato”.
Una situazione di passaggio
Secondo gli esperti, in molti casi lo scenario “no deal” implicherà un lungo periodo senza accordi, seguito da una serie di accordi limitati su ogni singola materia, che saranno lentamente stabiliti nel corso dei mesi e degli anni successivi. Per esempio, i produttori di cibo biologico non potranno più esportare i loro prodotti nell’Unione per almeno nove mesi, il tempo necessario a ottenere la certificazione di prodotto biologico. Rimane da capire quanti e quanto vasti saranno i danni che il periodo senza accordi causerà all’economia britannica.