Abbiamo provato a capire che cosa ha detto Di Maio sull’ILVA
Secondo il ministro la cessione della grande acciaieria di Taranto è illegittima ma oggi non si può annullare, e il governo proverà sia a revocarla che a portarla a termine
Giovedì mattina, durante una conferenza stampa, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha spiegato la sua posizione sulle trattative per la cessione dell’acciaieria ILVA di Taranto al gruppo ArcelorMittal, rendendo nuovamente chiare le grosse contraddizioni che ci sono all’interno del governo.
Citando un parere dell’Avvocatura dello Stato, Di Maio ha infatti spiegato che per il momento non ci sono i presupposti per annullare la gara con cui ILVA fu assegnata a ArcelorMittal, ma ha aggiunto che il governo ritiene che la gara sia comunque illegittima. Di Maio ha detto quindi che la gara per l’ILVA fu insieme legittima e illegittima, parlando di «delitto perfetto» e lasciando intendere che il governo continuerà le trattative con ArcelorMittal nonostante sia aperto alla possibilità di annullare la gara che ha assegnato ILVA ad ArcelorMittal se dovesse presentarsi un nuovo soggetto con una valida offerta di acquisto. Non siete voi: è davvero tutto molto aggrovigliato e contraddittorio.
Ilva, in breve
L’ILVA di Taranto è la più grande acciaieria d’Europa: per avere un’idea della sua grandezza, si estende per più del doppio della superficie dell’intera città di Taranto. Esiste dalla metà del Novecento e nel tempo è diventata centrale sia per l’economia di Taranto – dà lavoro a migliaia di persone – sia per l’economia italiana. Nel 2012 iniziarono i problemi grossi: l’acciaieria fu sequestrata per violazioni delle regole sull’inquinamento e alcuni suoi dirigenti furono arrestati. Da allora il governo sta provando a trovare una soluzione, per evitare la chiusura dello stabilimento: prima ha approvato leggi speciali per consentire all’ILVA di inquinare più dei limiti di legge (in modo che non chiudesse subito), poi ha commissariato la società e infine ha deciso di venderla.
Inizialmente, nel 2016, arrivarono al governo circa 20 offerte di acquisto per ILVA, ma i passaggi successivi fecero restare in piedi solo due offerte: quella di ArcelorMittal (un gruppo indiano che si presentava in una società di cui faceva parte anche il gruppo italiano Marcegaglia) e quella di Jindal (un altro gruppo indiano, che si presentava con alcuni soci italiani). Prevalse l’offerta di ArcelorMittal, più alta economicamente ma che differiva dall’altra anche per il piano di risanamento ambientale. Se il progetto di Jindal puntava a una drastica riduzione dell’uso del carbone nelle attività produttive, quello di ArcelorMittal puntava all’introduzione di sistemi per la riduzione dell’inquinamento “a valle”, intervenendo sui fumi inquinanti. Il progetto di ArcelorMittal fu preferito anche dai sindacati dei lavoratori di ILVA.
Poi arriva il nuovo governo
Vinta la gara, ArcelorMittal avrebbe dovuto prendere il controllo dell’ILVA già a luglio 2018: nel frattempo però in Italia è cambiato il governo. Il Movimento 5 Stelle aveva sempre criticato le scelte del Partito Democratico sull’ILVA, proponendo la chiusura dell’impianto e genericamente una sua riconversione produttiva (fare altro al posto dell’acciaio, in sostanza). Il nuovo ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, che del Movimento 5 Stelle è anche il capo politico, aveva poi espresso dubbi sulle modalità con cui era stata realizzata la gara dal suo predecessore, Carlo Calenda.
Per questo, una volta al governo Di Maio ha chiesto e ottenuto che la scadenza per la definitiva assegnazione di ILVA fosse spostata a metà settembre. Intanto avrebbe chiesto dei pareri per valutare se ci fossero gli estremi per annullare la gara e rifarla da capo. Di Maio e il Movimento 5 Stelle, in sostanza, stavano cercando un modo per tenere fede alle loro promesse sull’ILVA: a Taranto, alle elezioni, avevano ottenuto quasi il 48 per cento dei voti al plurinominale e più del 45 per cento all’uninominale.
La conferenza stampa di giovedì
Di Maio ha presentato il parere dato dall’Avvocatura di Stato sulla regolarità della gara di assegnazione dell’ILVA (qui c’é il video della conferenza stampa). Il parere non è stato reso pubblico – si potrà leggere integralmente solo alla fine del procedimento di assegnazione – e quello che sappiamo del suo contenuto è quindi soltanto quello che Di Maio ha deciso di raccontarne ai giornalisti, peraltro in modo non chiarissimo.
Di Maio sostiene – in modo di nuovo un po’ contraddittorio – che il parere dell’Avvocatura confermi i dubbi del governo sulla legittimità della gara, ma non fornisca i presupposti per annullarla. L’Avvocatura confermerebbe i dubbi del governo almeno su due aspetti: lo spostamento dei termini per la conclusione del piano di adeguamento ambientale (dal 2016 al 2023) e la decisione – durante la gara tra ArcelorMittal e Jindal – di non permettere rilanci dopo le prime offerte (Jindal propose di alzare la sua offerta ma il governo, sentito il parere negativo dell’Avvocatura, negò questa possibilità).
Sul primo punto, Di Maio ha detto che secondo l’Avvocatura «si può configurare una violazione del principio di concorrenza», perché dopo lo spostamento dei termini al 2023 si sarebbe dovuta fare una nuova gara. Di Maio ha detto che se si presentasse anche solo un’azienda con una nuova offerta per ILVA «noi potremmo revocare questa procedura per motivi di opportunità come previsto dalla legge». Sulla questione dei rilanci, invece, Di Maio ha detto che secondo l’Avvocatura si sarebbero dovuti permettere, e che quindi «si configurerebbe un eccesso di potere», una condizione sufficiente per annullare la gara. Non è chiaro se l’Avvocatura contraddica così il suo stesso precedente parere sui rilanci, o se il ministro Di Maio abbia fornito una sua personale sintesi del nuovo parere dell’Avvocatura su questo punto. Su altre questioni, come quella del presunto conflitto di interessi nella gara o delle responsabilità penali legate all’attuazione del piano di adeguamento ambientale, l’Avvocatura non ha invece individuato criticità, ha detto Di Maio.
Di Maio ha quindi detto chiaramente che il governo considera che la gara sia illegittima, ma che non ci sono presupposti per annullarla senza temere ricorsi, nemmeno dopo il parere dell’Avvocatura, e ha aggiunto che un eventuale annullamento deve essere deciso dal governo. Per annullare la gara, ha detto Di Maio, serve ancora altro: per esempio la necessità di invocare la «tutela dell’interesse pubblico». In poche parole: se fosse evidente che l’annullamento rispondesse alla necessità di tutelare l’interesse pubblico (per esempio: per tutelare la salute dei cittadini di Taranto) la gara potrebbe essere revocata. Questa possibilità, ha detto Di Maio, esiste: per una questione piuttosto cavillosa legata sempre allo spostamento dei termini del piano ambientale dal 2016 al 2023. Quando fu spostato il termine, infatti, non furono spostati anche i termini per le scadenze intermedie previste per l’attuazione del piano, e Di Maio ha detto che approfondirà questo punto con l’aiuto del ministero dell’Ambiente.
Ma quindi Di Maio vuole annullare la gara?
Non lo ha detto chiaramente, anche se ha lasciato intendere di sì e ha spiegato di ritenerla illegittima. Allo stesso tempo, però, ha detto che ArcelorMittal rimane l’unico interlocutore per le trattative sindacali in corso e che non sospenderà i tavoli di trattativa tra governo, compratori e sindacati. Per questo Di Maio ha parlato di «delitto perfetto», perché secondo lui pur essendo la gara illegittima non si può fare niente per bloccare il procedimento in corso. Di Maio ha detto:
«Qui non ci si può illudere che prima si termina questa procedura e poi ci si mette al tavolo, perché noi in tre mesi [..] abbiamo trovato un delitto perfetto, cioè una gara sicuramente fatta male che ha dei vizi e che per noi è illegittima, ma allo stesso tempo sappiamo che il tempo stringe, e quindi se dobbiamo dire ai sindacati con chi parlare devono parlare sempre con Mittal, su cui non ho nessun problema a dire che è sempre stata in buona fede».
In conclusione
Oggi Di Maio ha continuato a raccontare due cose diverse. Ha detto che il governo ritiene che la gara sia illegittima e che ci sono le prove che lo sia, ma ha anche detto che continuerà a lavorare per la cessione dell’ILVA ad ArcelorMittal; ha detto che «non ci si può illudere» sulla possibilità di trovare un nuovo acquirente, ma che potrebbe revocare la gara se arrivasse una nuova offerta; infine, ha detto che la decisione di revocare la gara deve avere dei solidi fondamenti, altrimenti ArcelorMittal farebbe ricorso e vincerebbe.
È una posizione molto contraddittoria, che da una parte riflette probabilmente la difficoltà del Movimento 5 Stelle nel trovare una soluzione in linea con le promesse fatte sull’ILVA, dall’altra potrebbe spiegarsi con la necessità di ottenere da ArcelorMittal delle condizioni migliori nelle trattative ancora in corso. In sostanza: Di Maio potrebbe usare la minaccia dell’annullamento della gara per costringere ArcelorMittal a investire di più o a modificare in qualche modo i suoi piani per ILVA.