Robert De Niro ha 75 anni
Foto e video per nostalgici e appassionati, e pazienza se da un po' "non è più quello di una volta"
Da oggi Robert De Niro ha 75 anni: ed è uno di quelli di cui, in queste occasioni, ci sono cose che non si possono non scrivere. Le principali sono: ha fatto tanti ottimi film con Martin Scorsese, è uno dei migliori attori della sua generazione (e forse anche di più), è famoso per quella sua faccia, per quel neo e per come si arrabbia in certi suoi ruoli da duro o da gangster e – ultima cosa che si dice di lui – da qualche anno si è messo a fare soprattutto film brutti e comunque quasi sempre frivoli. Come se il De Niro cattivo, il De Niro che tutti apprezzano e stimano di più, non dovesse più tornare: o quasi.
Nell’attesa che ritorni a fare il gangster e recitare per Scorsese almeno in The Irishman (che di certo non sarà frivolo e difficilmente sarà brutto), il suo compleanno è una buona occasione per ricordare che De Niro è stato, tra gli altri: Johnny Boy in Mean Streets, il giovane Vito Corleone nel Padrino – Parte 2, Travis Bickle in Taxi Driver, il sassofonista Jimmy Doyle in New York, New York, Mike Vronsky nel Cacciatore, Jake LaMotta in Toro Scatenato, il gangster David Aaronson in C’era una volta in America, Al Capone in Gli intoccabili, il gangster Jimmy Conway in Quei bravi ragazzi, il rapinatore Neil McCauley in Heat – La sfida, Sam “Asso” Rothstein in Casinò. E restano comunque fuori dalla lista diversi suoi altri film notevoli.
Robert De Niro, italiano (molisano) solo per un quarto, è nato a New York, nel Greenwich Village di Manhattan, il 7 agosto 1943, figlio di due artisti (molti anni dopo, poco distante da lì, fondò il Tribeca Film Festival). I genitori divorziarono quando lui aveva due anni e il padre, che lui continuò a frequentare, disse poco dopo di essere gay. All’inizio si appassionò di musica ma poi lasciò la scuola per iscriversi all’Actors Studio di Lee Strasberg, la più famosa scuola di recitazione statunitense. Il suo primissimo ruolo, da ragazzino, fu quello del leone senza coraggio del Mago di Oz in una recita scolastica. Da ragazzino, a Little Italy, lo chiamavano Bobby Milk: perché era piccolo e pallido come il latte. Da adolescente ebbe però una vita piuttosto vivace.
Il suo primissimo ruolo nel cinema lo ottenne nel 1963, 20 anni, in Oggi sposi di Brian De Palma, che però uscì solo nel 1969.
I primi ruoli davvero importanti arrivarono dopo una decina di film, negli anni Settanta. Prima in Batte il tamburo lentamente (in cui interpreta un giocatore di baseball affetto dal linfoma di Hodgkin), poi in Mean Street, il primo degli otto film con Scorsese; che diventano nove se si conta anche il cortometraggio promozionale The Audition. Nel cinema che conta, quello che resta anche dopo decenni, De Niro ci entrò in slow motion con in sottofondo “Jumping Jack Flash” dei Rolling Stones.
Nel 1975 vinse il suo primo Oscar, per aver interpretato il giovane Vito Corleone; dopo che Marlon Brando (uno dei suoi idoli) l’aveva vinto per aver interpretato il vecchio Vito Corleone. Prima però aveva fatto i provini per interpretare Sonny.
Dopo Il Padrino – Parte II De Niro recitò, in meno di cinque anni, in Taxi Driver, Novecento, New York, New York, Il cacciatore e Toro scatenato, per cui vinse il suo secondo Oscar e per cui recitò per la prima volta con Joe Pesci, sua spalla in altri cinque film. Sono grandi amici, ma la loro storia nel cinema è piena di ruoli in cui litigano.
Negli anni Ottanta De Niro riuscì a restare agli altissimi livelli a cui era arrivato nel decennio precedente con, tra le altre cose, la famosissima scena delle chiacchiere e del distintivo, che in inglese è «you’re nothing but a lot of talk and a badge».
De Niro si fece molto apprezzare anche per i suoi ruoli negli anni Novanta: Quei bravi ragazzi, Risvegli (con Robin Williams), Heat – La sfida (con Al Pacino), Sleepers (con tanti ottimi attori, compreso Vittorio Gassman) e Casinò.
Con il nuovo secolo, più o meno, è invece iniziato un periodo che ha fatto dire a molti che, a parte qualche rara eccezione, De Niro si è perso e si è messo a fare quasi solo film brutti e frivoli. In effetti ha recitato in molte commedie (compresa l’italiana Manuale d’amore 3) e ha fatto ben pochi film al livello dei molti decenni precedenti. Ma nel 2012 lui disse al Wall Street Journal che «il tempo è prezioso. Devo fare tutti i film che voglio fare», e lasciò intendere che nessuno lo stava obbligando a lavorare e che dopo tutti quei filmoni poteva fare della sua carriera quello che gli pareva. Però è un dato di fatto che, se si pensa alle migliori scene di De Niro (e ce ne sono) sono tutte degli anni Settanta, Ottanta o Novanta.
Quella di Taxi Driver, famosissima, in cui lui improvvisò le battute.
Quella con Al Pacino, in Heat – La sfida.
O quell’altra scena in slow motion, sempre in un film di Scorsese, sempre con una gran canzone in sottofondo.
Se invece volete vedere, una dietro l’altra, tutte le migliori scene in cui un personaggio interpretato da De Niro dà di matto, Flavorwire le raccolse nel 2013, per i suoi 70 anni.
Un’ultima cosa da dire su De Niro è che è un convinto sostenitore dei Democratici e un fervente oppositore di Donald Trump. I due iniziarono a beccarsi nel 2011, quando De Niro criticò Trump che, quando ancora era solo un uomo d’affari, disse di voler vedere il certificato di nascita di Barack Obama. Poco prima che Trump venisse eletto De Niro disse di lui: «è vistosamente stupido», «un artista della cazzata», «un delinquente», «un idiota», un «disastro nazionale», «una vergogna per questo paese». De Niro gli diede anche del cane e del maiale e disse che gli avrebbe dato volentieri un pugno in faccia.
Poi ritrattò la faccenda del pugno in faccia, ma qualche mese fa ha detto, alla premiazione dei Tony Awards, subito dopo essere salito sul palco: «Voglio dire una cosa: fanculo Trump». Poi lo ridisse, durante una standing ovation.