Non esistono regole europee sui tatuaggi
Le cose però potrebbero cambiare presto, visto che la Commissione Europea sta valutando un rapporto che suggerisce di vietare 400 composti chimici usati per gli inchiostri
All’interno dell’Unione Europea non esistono regole comuni sull’inchiostro dei tatuatori, l’elemento potenzialmente più pericoloso per la salute delle persone tatuate. Ma le cose potrebbero cambiare presto.
Diversi paesi hanno le loro regole e sette paesi dell’Unione, tra i quali non c’è l’Italia, hanno firmato nel 2008 una risoluzione del Consiglio d’Europa per trovare regole comuni, che però sono state poco applicate. È una questione che riguarda più di 50 milioni di europei: è stato infatti calcolato che nel 2016 avesse almeno un tatuaggio il 12 per cento degli abitanti dell’Unione (quando nel 2003 la percentuale era del 5 per cento). Almeno la metà di questo 12 per cento ha più di un tatuaggio. L’Unione Europea sta però provando a risolvere il problema, dopo che nel 2017 ha chiesto all’ECHA, l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, di occuparsene.
I tatuaggi vengono eseguiti sotto l’epidermide, che si rigenera di continuo e li farebbe quindi svanire. Attraverso un ago l’inchiostro viene quindi fatto andare fino al derma, la parte sottostante. Così come gli altri prodotti estetici, gli inchiostri per tatuaggi contengono molti composti chimici. La maggior parte di quelli usati in Europa arrivano dagli Stati Uniti e l’EADV, un ente europeo di dermatologia, ha spiegato che ognuno contiene almeno 100 additivi e 100 coloranti. Uno dei principali problemi è che il 60 per cento dei composti chimici usati oggi sono coloranti azoici, che potrebbero rompere i loro legami se esposti ai raggi UV e diventare quindi potenzialmente cancerogeni.
A fine 2017 l’ECHA ha pubblicato un rapporto di oltre 500 pagine in cui suggerisce all’Unione Europea di vietare, nei pigmenti usati per i tatuaggi, più di 400 composti chimici. Entro la fine del 2018 ci si attende che il comitato scientifico dell’ECHA faccia avere alla Commissione Europea una proposta formale per vietarli. Da quel momento la Commissione Europea avrà tre mesi di tempo per decidere se applicare o no i suggerimenti dell’ECHA.
Per entrare un po’ più nel dettaglio, i pigmenti usati per i tatuaggi rientrano nelle norme coperte dalla Direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti (GPSD), in vigore dal 2001 e, nel caso dei tatuaggi, rimasta piuttosto inefficace.
Ci sono almeno due motivi: il primo è che il mercato dei tatuaggi è fatto da tanti piccoli operatori ed è quindi un settore frammentato, difficile da controllare. Come ha spiegato Politico, nei negozi di tatuaggi in giro per l’Europa ci sono «inchiostri di cui sono mostrati una lista di ingredienti e un paese d’origine, mentre per altri no». Il secondo è che spesso i tatuatori usano pigmenti che i produttori possono produrre e distribuire senza specificare che sono fatti per essere usati nei tatuaggi (un prodotto fatto per finire per sempre dentro a un corpo umano richiederebbe invece controlli maggiori).
Scrive Politico che BASF, uno dei più grandi produttori europei di composti chimici, da più di trent’anni si è prefissato di non vendere i propri prodotti a chi li userebbe per fare tatuaggi: «ma tra i tatuatori c’è chi dice che questa cosa succede comunque, nonostante la scelta di BASF».
Un rapporto del 2016 del Centro comune di ricerca europeo (JCR) ha spiegato comunque che l’introduzione di una legge apposita per i tatuaggi non farebbe certo l’interesse di chi produce tinte e pigmenti. Ora non hanno alcune responsabilità: con una legge apposita sarebbero ritenuti responsabili per un prodotto che, tutto sommato, porta loro guadagni piuttosto ridotti.