Perché si litiga per le Olimpiadi invernali?
Il Coni ha proposto ufficialmente la candidatura condivisa di Milano, Torino e Cortina, ma le prime due non ne sono granché contente
Ieri il Coni, il comitato olimpico italiano, ha approvato la candidatura italiana per ospitare le Olimpiadi invernali del 2026, che nei prossimi mesi verrà esaminata dal CIO, il comitato olimpico internazionale. La candidatura di quest’anno ha creato molte più polemiche che in passato: il Coni ha deciso infatti di presentare una candidatura di compromesso fra le tre città che si erano offerte di ospitare da sole le Olimpiadi, cioè Milano, Torino e Cortina.
Mentre Cortina è soddisfatta della candidatura condivisa, Milano e Torino speravano di ospitare da sole la manifestazione e hanno criticato la decisione del Coni. Ieri mattina il sindaco di Milano Beppe Sala aveva scritto una lettera aperta al presidente del Coni Giovanni Malagò spiegando che Milano conferma la sua disponibilità «solo come venue di gare o eventi» e che «non ritiene praticabile una sua partecipazione alla governance del 2026». La sindaca di Torino Chiara Appendino aveva invece detto che Torino non sarebbe stata «stampella di altre città», chiedendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle Olimpiadi (che Torino ha ospitato l’ultima volta nel 2006).
Nel documento di presentazione della candidatura condivisa (PDF), il Coni ha motivato la sua scelta citando ragioni di costi e «sinergie fra i territori». Sfruttando gli impianti e le strutture già esistenti, secondo le stime del Coni, organizzare le Olimpiadi in tre città diverse costerà circa 376,65 milioni di euro: una cifra inferiore ai preventivi presentati dalle tre città (ma che ancora non tiene conto delle spese per adeguare le infrastrutture per la mobilità, ad esempio).
Secondo i piani del Coni, le gare e le strutture saranno divise più o meno equamente fra Milano, Torino e Cortina, insieme al coinvolgimento di altre località come il Sestriere – l’unica già presente alle Olimpiadi invernali del 2006 ospitate da Torino – la Valtellina e la Val di Fiemme. A Milano dovrebbe avere sede il villaggio olimpico principale, che sarà costruito nell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, e le strutture per ospitare le gare di hockey, short track e curling. A Torino dovrebbe sorgere il principale hotel per gli atleti, da 834 posti, e saranno ospitate altre gare di hockey e alcune di speed skating. Le competizioni di sci e snowboard si terranno in diversi posti sulle Alpi. In tutte e tre le città ospitanti ci sarà una medal plaza, sede delle premiazioni.
«Torino pare relegata al ruolo di Cenerentola, subordinata a un ruolo minore e marginale», si è lamentato con una nota il gruppo del M5S al Comune di Torino, che nei mesi scorsi si era opposto alla candidatura della città scontrandosi col sindaco Chiara Appendino. Le critiche di Sala sono diverse: si è lamentato della mancanza di trasparenza del Coni – «il “chiarissimo dossier” è stato approvato senza che Milano, e presumo le altre città, l’avessero a disposizione» – e probabilmente ritiene che una candidatura condivisa possa creare problemi di organizzazione e gestione dell’evento.
Nella lettera aperta, Sala scrive anche che «le ragioni della politica stanno prevalendo su quelle sportive e territoriali». Su Repubblica, Pietro Colaprico ha interpretato in questo modo la frase di Sala: «Si sa che la Lega voleva aiutare a tutti i costi la Cortina d’Ampezzo di Luca Zaia, che i 5Stelle non volevano replicare nella Torino di Chiara Appendino il calo dei consensi che ha attraversato Roma dopo il no alle Olimpiadi di Virginia Raggi, quindi Milano, che oggi non ha veri protettori politici, nemmeno nella sinistra vagamente disarticolata del post- Renzi, è stata disarcionata»
Il CIO deciderà dove si svolgeranno le Olimpiadi 2026 nel settembre 2019, in un convegno che si terrà a Milano; al momento le altre città che hanno manifestato interesse a ospitarle sono Calgary, in Canada; Erzurum, in Turchia; Sapporo in Giappone e Stoccolma, in Svezia.