Le proteste contro il divieto del niqab, in Danimarca
Una nuova legge prevede multe anche oltre i mille euro per chi si copre il volto nei luoghi pubblici, ma per qualcuno è un'indebita limitazione della libertà
L’1 agosto in Danimarca è entrata in vigore una legge approvata a maggio che dice: «chiunque indossi in pubblico un indumento che ne nasconde la faccia sarà punito con una multa». Le multe previste vanno da 1.000 a 10mila corone (in caso di violazioni ripetute): 1.000 corone sono circa 150 euro. La legge, per come è enunciata, colpirà soprattutto le donne musulmane che indossano il niqab, il velo che consiste in un pezzo di tessuto che serve a coprire completamente il volto di chi lo indossa, lasciando solo una fessura per gli occhi, a volte coperta da un tessuto semi-trasparente. Questo ha causato molte proteste, tra cui una manifestazione mercoledì a Copenhagen a cui hanno partecipato sia donne che uomini, non solo di religione musulmana. Tra i manifestanti c’erano quindi anche donne danesi senza niqab e persone con maschere di vario tipo, per esempio quella di Guy Fawkes (resa popolare dal film V per Vendetta e poi usata in molti altri contesti).
Come hanno scritto sul New York Times Martin Selsoe Sorensen e Megan Specia, «al centro di una protesta per il diritto delle donne di coprirsi c’erano donne che non lo fanno. Gambe scoperte, spalle in vista e lunghi capelli biondi; in mezzo a veli e niqab». Nonostante la legge fosse già in vigore al momento della manifestazione, nessuna delle donne che indossavano il niqab è stata multata e la polizia non ha interferito con lo svolgimento della manifestazione.
La manifestazione – organizzata tra gli altri dall’associazione Kvinder i Dialog – è iniziata nel quartiere residenziale di Mjolnerparken, che è abitato soprattutto da immigrati e che alcuni esponenti del governo danese hanno definito “ghetto” e “società parallela”. Al termine della manifestazione alcuni partecipanti hanno fatto una catena umana intorno a una delle principali stazioni di polizia di Copenhagen.
I sostenitori della legge dicono che è stata introdotta per motivi di sicurezza e il ministro della Giustizia Soren Pape Poulsen disse, a marzo: «Vedo che si parla di che tipo di società dovremmo avere, date le nostre radici e la nostra cultura: non copriamo le nostre facce e i nostri occhi, dobbiamo essere in grado di vedere le espressioni facciali degli altri. In Danimarca è un valore».
In altri paesi europei sono stati presi simili provvedimenti. È successo in Belgio, in Austria e nei Paesi Bassi e si parlò molto, nel 2011, della decisione di introdurre in Francia un divieto all’uso di un velo che coprisse interamente il volto.
Demonstrators march against burqa/niqab ban in Copenhagen today pic.twitter.com/6DCSNLzG1V
— Susanne Gargiulo (@sgargiulo) August 1, 2018
Il Parlamento danese, guidato da una coalizione di centrodestra, ha approvato la legge con 75 sì e 30 no, mentre in aula erano presenti diverse attiviste che indossavano il velo integrale per protesta. La legge è stata condannata dagli attivisti per i diritti umani come “né necessaria né proporzionata”. Gauri van Gulik, direttrice di Amnesty International per l’Europa, ha detto che il divieto viola i diritti alla libertà di espressione e di religione e che «tutte le donne dovrebbero essere libere di vestirsi come vogliono e di indossare abiti che esprimano la loro identità o le loro convinzioni (…) Se l’intenzione di questa legge era quella di proteggere i diritti delle donne, fallisce in maniera clamorosa. Invece, la legge criminalizza le donne per le loro scelte di abbigliamento e così facendo tradisce quelle libertà che la Danimarca pretende di sostenere».
Protesters against burqa/niqab ban make chain link outside police station Bellahoej in Copenhagen. pic.twitter.com/NWJXyCiN9I
— Susanne Gargiulo (@sgargiulo) August 1, 2018