C’è un arresto per il “caso Scieri”

Un uomo è stato arrestato per la morte del paracadutista della Folgore ucciso 19 anni fa, in quello che molti ritengono essere stato un atto di nonnismo

(SALVATORE RAGONESE/ANSA-ARCHIVIO/TO)
(SALVATORE RAGONESE/ANSA-ARCHIVIO/TO)

Questa mattina, un uomo è stato arrestato perché ritenuto coinvolto nell’omicidio di Emanuele Scieri, paracadutista della Brigata Folgore, scomparso il 13 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa e trovato morto tre giorni dopo ai piedi di una torre usata per asciugare i paracadute. Altre due persone sono indagate per concorso in omicidio. Scieri morì in quello che molti ritengono fosse un atto di nonnismo andato storto, ma fino ad oggi non erano stati trovati responsabili per l’omicidio e la famiglia Scieri aveva accusato l’ambiente della Folgore di “omertà”. L’uomo arrestato oggi e messo ai domiciliari ha negato di essere coinvolto nell’episodio.

L’indagine della procura di Pisa, dove ha sede la caserma Gamerra, era stata riaperta l’anno scorso, in seguito ai lavori di una commissione parlamentare d’inchiesta che aveva scoperto una serie di nuovi elementi. Scieri morì in seguito alla caduta da una torre utilizzata per asciugare i paracadute, facendo inizialmente pensare che potesse essersi trattato di un caso di suicidio. Una delle sue scarpe, però, fu ritrovata lontana dal corpo, mentre i medici scoprirono una ferita al piede e al polpaccio che, secondo l’analisi della commissione, non erano compatibili con una caduta o con un tentativo di suicidio. Scieri, ha concluso la commissione, fu aggredito prima di cadere dalla torre. Secondo i magistrati, non solo Scieri fu fatto cadere, ma fu lasciato a terra agonizzante. Se invece fossero stati chiamati i soccorsi, avrebbe potuto salvarsi. Per questo l’accusa contestata agli indagati è di concorso in omicidio volontario.

Già all’epoca diversi alti ufficiali, come il generale Enrico Celentano, comandante della Folgore, ipotizzarono che la morte di Scieri potesse avere a che fare con un episodi di nonnismo, che era frequente e diffuso in numerosi reparti dell’esercito e in particolare nella Folgore, un reparto dalla disciplina particolarmente dura e con un forte spirito di corpo. Al momento della morte, Scieri aveva 26 anni, si era laureato in Giurisprudenza e aveva già fatto sei mesi di pratica da avvocato. Nell’estate del 1999 fu richiamato per il servizio di leva e, dopo aver svolto un primo periodo di addestramento a Firenze, venne assegnato alla brigata Folgore, nella caserma Gamerra di Pisa.

Gli episodio di nonnismo, cioè il bullismo praticato dai commilitoni più anziani, iniziarono già durante il trasferimento in autobus da Firenze, quando Scieri e le altre reclute furono costretti a viaggiare coi finestrini chiusi e il riscaldamento del bus al massimo. Secondo una delle ricostruzioni, Scieri, che era più anziano della maggior parte delle altre reclute, che avevano da poco compiuto 18 anni, si oppose a questi gesti di bullismo e per questo venne preso di mira da alcuni sottufficiali.

Scieri arrivò alla caserma il 13 agosto e la sera, durante la libera uscita, chiamò la famiglia per l’ultima volta. Raccontò di essere a passeggio nel centro di Pisa, come un turista. I compagni raccontarono che, tornati in caserma dopo l’ora di cena, Scieri disse loro che si sarebbe trattenuto per una sigaretta e per fare una telefonata. Ma alle 23.45, quando venne fatto l’ultimo appello della giornata, Scieri non rispose. Il suo corpo venne trovato tre giorni dopo. I carabinieri chiamarono la famiglia e dissero loro che Scieri si era suicidato.

La spiegazione non ha mai convinto molte persone ed è stata ulteriormente intaccata dal lavoro della commissione. Tra le ipotesi formulate, quella che a molti appare la più probabile è che Scieri sia stato preso di mira a fine giornata da un gruppo di militari più anziani per ricevere una “lezione”. Dopo essere stato picchiato, Scieri sarebbe stato costretto a salire in cima alla torre lungo una stretta scala a pioli esterna. Una volta arrivato alla cima, qualcuno gli avrebbe pestato le dita, facendogli perdere la presa.