In Svezia si discute delle “spose bambine”
E di quanto si possa tollerare una pratica barbara per rispettare culture diverse: il governo è stato accusato di essere stato troppo prudente e la destra ne sta approfittando
Il prossimo 9 settembre in Svezia ci saranno le elezioni per eleggere i nuovi membri del Riksdag, ossia il Parlamento svedese. La Svezia è il paese che accoglie più rifugiati in proporzione al numero di abitanti in Europa, e i temi delle migrazioni e dell’accoglienza hanno finora occupato gran parte della campagna elettorale, favorendo soprattutto il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi che sono cresciuti nei sondaggi parallelamente all’intensificarsi della crisi migratoria cominciata nel 2015. Da settimane, il dibattito è occupato da una questione in particolare: quella dei matrimoni tra uomini adulti e bambine e donne minorenni tra migranti. Il tutto, scrive Politico, ha a che fare con un tema più ampio e complicato: e cioè come trovare un equilibrio tra l’inclusione di altre culture e la preservazione dello stile di vita e dei principi su cui si fonda lo stato svedese.
Juno Blom, che si è candidata per il Partito liberale e che è esperta di violenza “d’onore”, ha detto che mentre si insiste sul fatto che la Svezia sia un paese che protegge i diritti dei bambini e che promuove un approccio centrato sul benessere dei minori, ha «permesso alle bambine di origine straniera di vivere come donne sposate con uomini più anziani». «Non so cosa ci sia da pensare. Francamente, è completamente malato che non si possa semplicemente dire di no a un uomo maturo che vuole sposare delle bambine», ha rilanciato Jimmie Åkesson, leader dei Democratici Svedesi. Nonostante la Svezia sia molto avanzata nell’impegno per il benessere dei bambini, hanno denunciato attivisti e alcuni deputati, non sta di fatto estendendo le stesse protezioni alla popolazione immigrata. I partiti di opposizione accusano insomma il governo, attualmente composto da una coalizione tra il Partito Socialdemocratico e i Verdi, di essere stato eccessivamente prudente e poco convincente sulla questione.
Nel 1973 la Svezia ha vietato i matrimoni in cui una o entrambe le parti fossero minorenni, ma in alcune circostanze è stato possibile ottenere una dispensa speciale. Nel 2014, quando al governo c’era il Partito Moderato, la principale forza di centrodestra del paese, vennero approvate delle leggi per rafforzare il divieto, nella consapevolezza che fosse una pratica diffusa nelle comunità di immigrati. Tuttavia rimase il permesso di riconoscere e non annullare quel tipo di unioni se venivano effettuate all’estero.
La pressione politica per non permettere nemmeno quella scappatoia legale e invalidare tutti i matrimoni in cui fossero coinvolti dei minori, fu molto forte. Qualche mese fa, il nuovo governo si è però rifiutato di votare una proposta che sarebbe andata in questa direzione dicendo che aveva deciso di lavorare ad un proprio progetto per rafforzare le leggi esistenti. Il progetto è stato presentato lo scorso maggio e, tra le altre cose, prevede che la Svezia non riconosca i matrimoni effettuati all’estero dove una o entrambe le parti hanno meno di 18 anni. Prevede anche che i coniugi che hanno più di 18 anni quando arrivano in Svezia (ma che si sono sposati quando erano minorenni) debbano rinnovare i loro voti per essere legalmente riconosciuti come sposati. Tuttavia, i critici hanno affermato che si tratta di norme difficilmente applicabili. Dopodiché, il governo ha pubblicato un opuscolo che ha ricevuto di nuovo molte critiche, perché accusato di trattare la questione con leggerezza e di non essere abbastanza chiaro.
Nelle ultime settimane, il governo ha spiegato con maggiore convinzione la propria posizione, ma per le opposizioni si tratta di dichiarazioni tardive e dunque non sufficienti. I Democratici Svedesi, che nacquero nel 1988 come diretta espressione di vari movimenti e partiti dichiaratamente neonazisti, ne hanno approfittato: in un video pubblicato sulla pagina Facebook del partito, il leader Jimmie Åkesson ha accusato il governo di essere troppo morbido, ha presentato il suo opuscolo contro i matrimoni con i minori, ha invitato gli autori a licenziarsi o a dimettersi e ha infine ricordato che il prossimo 9 settembre ci saranno le elezioni.
La questione è stata affrontata anche dagli altri partiti di opposizione. Lo scorso giugno, il Partito Liberale aveva detto che le nuove misure del governo erano insufficienti e aveva rilanciato facendo altre proposte che comprendevano, ad esempio, il divieto di viaggiare per le famiglie sospettate di voler portare all’estero le figlie per farle sposarle o per sottoporle a mutilazioni genitali femminili. Aveva previsto anche punizioni più severe per coloro che erano stati dichiarati colpevoli di matrimonio forzato. Blom ha spiegato che sostanzialmente il problema è il diverso trattamento riservato a chi è nato in Svezia rispetto a chi è arrivato da altri paesi. Intervistata da Politico, la deputata ha citato il caso di una ragazza afghana di 19 anni che sarebbe stata uccisa da un marito molto più anziano dopo un anno che era arrivata in Svezia. L’uomo è stato infine trovato in Iran a maggio e estradato in Svezia il mese dopo, ma il caso, ha detto Blom, ha ottenuto «relativamente poca attenzione dai media» e non ha suscitato una grande reazione politica. «Se un’adolescente svedese fosse stata trovata assassinata, penso che avrebbe causato una grande indignazione».
Juno Blom, che è anche direttrice del Dipartimento di sostenibilità sociale, ha detto che l’anno scorso nel paese è stata lanciata una campagna per incoraggiare le ragazze e le bambine ad allertare le autorità, se hanno paura di essere portate all’estero e costrette a sposarsi contro la loro volontà, con il pretesto delle vacanze estive.
Politico ha intervistato anche Zubeyde Demirörs, un’assistente sociale di 45 anni che gestisce un rifugio per le vittime della violenza e dell’oppressione basate sull’onore. Quando aveva 15 anni, Demirörs venne portata dai suoi genitori in Turchia per sposare un uomo di 22 anni più anziano con cui ebbe tre figli: «Avevamo una grande famiglia allargata a Stoccolma, ma (…) non vivevamo in una zona densamente popolata da immigrati e quindi i miei genitori erano preoccupati che le mie sorelle e io ci assimilassimo. L’idea era che se ci fossimo fidanzate e sposate, saremmo in qualche modo rimaste legate alle nostre radici». Demirörs si è separata dopo 16 anni: «Quando l’ho lasciato, ero da sola. Praticamente tutta la famiglia si è ribellata contro di me e all’epoca c’era poco supporto da parte della società svedese». Demirörs ha detto che il suo caso non è raro: «Nel mio lavoro, sento storie simili ogni giorno. Ma i nostri politici sono codardi. Hanno paura di prendere una posizione di principio su questi temi per paura di essere etichettati come culturalmente insensibili». La Svezia, ha aggiunto, deve assumersi la responsabilità per gli immigrati che accoglie: «Questo comporta l’estensione della stessa protezione e degli stessi diritti a tutti i bambini, indipendentemente dal fatto che siano svedesi o meno».