La playlist che ascolterete alla vostra prossima cena
L'ha scelta il celebre compositore Ryuichi Sakamoto per il suo ristorante preferito, per rimpiazzare quella, tremenda, che c'era prima
Anche i ristoranti più curati, dal menu all’arredamento, sottovalutano spesso un dettaglio importante che condizionerà l’esperienza dei clienti: la musica in sottofondo. Non basta azzeccare il volume giusto che accompagni la conversazione senza soverchiarla, ma serve che rispecchi il carattere del locale e sia coerente con il tipo di atmosfera che vuole creare. Quasi sempre i gestori si limitano a sintonizzarsi su una stazione radiofonica o usano una playlist che gli piace o che ritengono coerente con il posto: musica latinoamericana in un ambiente giovane e alla moda, jazz in un ristorante più lussuoso. Le cose non sono migliorate dall’arrivo dei servizi musicali in streaming, come Spotify e Pandora, dove le canzoni vengono selezionate da un algoritmo o ammassate in una raccolta tematica non sempre di buon gusto. Il giornalista del New York Times Ben Ratliff è convinto che la selezione musicale debba essere curata da un esperto con gusto e competenza, così come la scelta del menu è affidata a uno chef.
A questo proposito ha raccontato un caso particolarmente riuscito in un ristorante di New York, che ha avuto la fortuna e il merito di essere il ristorante preferito di Ryuichi Sakamoto, uno dei compositori di musica più importanti al mondo.
Sakamoto, che è nato a Nakano, in Giappone, nel 1952, e ora vive nel West Village, a New York, ha abbandonato molti ristoranti che gli piacevano perché non ne tollerava la musica di sottofondo. Stava per fare lo stesso anche con Kajitsu, un locale giapponese e vegano che segue i principi della cucina buddista. Kajitsu si trova al secondo piano tra la 39esima Strada e Lexington Avenue, mentre nello stesso edificio a piano terra si trova Kokage, una versione più informale che propone anche carne e pesce. «Solitamente me ne vado e basta. Non riesco a sopportarla», ha raccontato Sakamoto a Ratliff. «Ma questo ristorante mi piace davvero e rispetto lo chef Odo. Trovavo la loro musica di sottofondo davvero tremenda. Un misto di orribile pop brasiliano, un po’ di vecchie canzoni folk americane, e un po’ di jazz, come Miles Davis», ha spiegato Sakamoto. Un giorno la musica era talmente intollerabile che se ne andò dal locale, arrivò a casa e scrisse un’email allo chef Odo: «Il tuo cibo mi piace, rispetto te e amo il ristorante ma odio la musica. Chi l’ha scelta? Di chi è la decisione di ammassare quell’accozzaglia? Fallo fare a me. Perché il tuo cibo è buono come la bellezza della villa imperiale di Katsura [un millenario palazzo di Kyoto con uno dei più bei giardini giapponesi, n.d.r.] ma la musica è come la Trump Tower». Oggi da Kajitsu si può mangiare in compagnia della musica più ricercata al mondo.
Sakamoto non è considerato geniale solo nel comporre musica – iniziò con i Yellow Magic Orchestra, tra i primi gruppi di elettronica giapponese e j-pop – ma anche nel saperla usare, destinandola alle funzioni più appropriate: ha scritto musica da concerto, da ballo e per videogame, suonerie per cellulari, inni politici e colonne sonore come quelle di Furyo, L’ultimo imperatore e Il tè nel deserto. Per la playlist di Kajitsu si è fatto aiutare da Ryu Takahashi, produttore, manager e curatore musicale di New York. Ha scelto composizioni per solo pianoforte – come “Four Walls” di John Cage e “Claudia, Wilhelm R and Me” di Roberto Musci – e poi melodie tratte da colonne sonore, canzoni quasi mai cantate in inglese: «non era una musica particolarmente connotata», scrive Ratliff, «né quel genere che ti fa venir voglia di spendere soldi; rappresenta la profonda conoscenza, la sensibilità e le idiosincrasie di un cliente affezionato».
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Sakamoto ha spiegato che «all’inizio volevo una collezione di musica d’ambiente, non Brian Eno, qualcosa più recente»; andò a mangiare al ristorante, ascoltò attentamente e decise che la musica era troppo tetra. «La luce qui è brillante. I colori dei muri, la consistenza dei mobili, la disposizione della sala: i toni cupi non andavano bene per chiudere così la serata. Penso dipenda non solo dal cibo o dall’ora del giorno, ma dall’atmosfera, dal colore, dalle decorazioni». Sakamoto e Takahashi sono arrivati alla playlist definitiva dopo cinque tentativi e progettano di rinnovarla a ogni stagione. «Tutte queste canzoni si pongono in un’angolatura particolare con l’ascoltatore: sono avvincenti, moderate e non invasive», commenta Ratliff. Il volume è discreto come preferisce Sakamoto, che controlla spesso contrariato quello dei locali in giro con un misuratore di decibel.
Finora Sakamoto aveva composto musica per spazi pubblici, come un museo scientifico e il palazzo di un’agenzia pubblicitaria a Tokyo, ma non aveva mai messo insieme playlist con brani composti da altri, destinati a estranei. Intanto lo chef Odo ha intenzione di aprire, in autunno, un bar chiamato Hall e un ristorante con il suo stesso nome: pare che anche in questo caso la colonna sonora sarà scelta da Sakamoto.
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