In Spagna il sistema di prima accoglienza dei migranti sta collassando
Negli ultimi tre giorni sono arrivati sulle coste spagnole circa 1.300 migranti e il governo non sa dove metterli
Negli ultimi tre giorni circa 1.300 migranti sono arrivati via mare sulle coste spagnole, soprattutto quelle dell’Andalusia, la comunità autonoma più a sud della Spagna. Gli sbarchi sono avvenuti per lo più nella baia di Algeciras, cioè quel pezzo di costa compresa tra la città di Algeciras e Gibilterra, proprio di fronte al Marocco e all’enclave spagnola di Ceuta. Questi ultimi 1.300 si sono aggiunti ai moltissimi migranti già arrivati nelle ultime settimane in Spagna attraversando il Mediterraneo: più di 4.500 persone solo nel mese di luglio, quasi 20mila dall’inizio dell’anno. La Spagna è diventata così la prima via d’accesso dei migranti che raggiungono l’Europa via mare, superando per la prima volta da anni l’Italia.
Il problema è che le strutture di prima accoglienza non stanno reggendo: negli ultimi giorni centinaia di migranti hanno dormito sui ponti delle navi di soccorso marittimo, nel cortile della stazione di polizia di Algeciras e in aree improvvisate all’aperto. Un numero imprecisato di migranti, ha scritto il País, è finito per vagare senza meta nelle città del sud della Spagna, come Medina Sidonia e Chiclana de la Frontera, dopo che erano terminate le prime 72 ore sotto il controllo della polizia e senza che fosse realizzato alcun processo di identificazione. Al momento non sembra che questa situazione possa essere risolta, anche perché il sistema di accoglienza spagnolo non è abituato a un tale numero di arrivi e non riesce a stare dietro ai continui sbarchi che si pensa continueranno per tutta l’estate.
Susana Díaz, presidente della giunta dell’Andalusia e principale avversaria del primo ministro Pedro Sánchez all’interno del Partito socialista spagnolo, ha chiesto al governo di riunire tutte le comunità autonome della Spagna per «distribuire lo sforzo sull’immigrazione», soprattutto nei casi dei minori non accompagnati. Díaz ha fatto appello anche all’Unione Europea, tirando in ballo una vecchia questione – quella della ripartizione dei migranti nei vari paesi membri – mai risolta: «È una responsabilità collettiva e condivisa. Il coinvolgimento dei paesi della UE non può essere volontario, e nel caso che un paese si rifiuti di assumere le sue responsabilità, dovrebbe pagarne le conseguenze».
Intanto il governo andaluso e quello centrale spagnolo stanno cercando di trovare soluzioni provvisorie. Nelle strutture del porto di San Roque, comune di poco meno di 30mila abitanti sulla baia di Algeciras, si sta allestendo per esempio un centro provvisorio di accoglienza, annunciato qualche giorno fa dal ministro dell’Interno spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, che avrà spazio per circa 500 migranti. Non si sa però se iniziative di questo tipo saranno sufficienti a risolvere l’emergenza, dovuta in parte anche alle politiche degli ultimi due governi italiani, che hanno fatto diminuire il numero di migranti arrivati sulle coste italiane stringendo accordi con le milizie e il governo libico (governo Gentiloni) e impedendo alle ong e alle navi militari della missione Sophia di sbarcare in Italia (governo Conte).