“Fortnite” per principianti
Anche se non avete mai sentito parlare del videogioco oggi di maggior successo, è probabile che vi ci siate imbattuti: durante la finale dei Mondiali, per esempio
Il videogioco del momento è senza dubbio Fortnite, un gioco per computer, console e smartphone che secondo le stime delle riviste di settore ha fatturato più di 300 milioni di euro soltanto a maggio. Se ci avete giocato o lo conoscete, bene; se non lo conoscete ma avete dei figli, è molto probabile che ci abbiano giocato almeno una volta; anche se non ne avete mai sentito parlare, però, è probabile che vi siate comunque imbattuti nel gioco senza saperlo. Durante la finale dei Mondiali, per esempio.
Fortnite celebration at the World Cup Final. Times have changed. #WorldCupFinal #FRACRO pic.twitter.com/bApyfsrq2C
— Robert (@robertpellikka) 15 luglio 2018
Durante i Mondiali di calcio diversi giocatori hanno deciso di celebrare i loro gol come ha fatto il francese Antoine Griezman durante la finale con la Croazia: con una danza eseguita dai personaggi del videogioco. È il balletto “take the L” (“prenditi la l”, che sta per “loser”, cioè perdente), un’animazione che i giocatori di Fortnite utilizzano per celebrare la sconfitta di un avversario.
Didn’t even notice Griezmann did the fortnite dance 😂 pic.twitter.com/gH8SO1pwy5
— Niyi Soetan, MD ☤ (@Medical_Niyi) July 15, 2018
Fortnite, insomma, è un videogioco di grande successo – un “fenomeno culturale”, dicono in molti – e come molti altri giochi di grande successo prevede uno scontro tra i suoi partecipanti. La sua peculiarità è che i giocatori, fino a cento, si scontrano finché non ne sopravvive solo uno. Per rendere il gioco più avvincente, lo spazio dove ci si affronta si riduce costantemente, costringendo i partecipanti a uscire allo scoperto e combattere.
Se siete appassionati di videogiochi e questo vi ricorda qualcosa, non state sbagliando: è una modalità di gioco simile a quella di un altro videogioco, Player Unknown’s Battlegrounds, che ha avuto un grandissimo successo l’estate scorsa (e che continua ancora oggi avere ottimi risultati di vendita). Questa modalità si chiama “battle royale” (dal nome di un famoso film giapponese) ed è considerata una delle principale “nuove mode” nel mondo dei videogiochi. È stato proprio il successo di Player Unknown’s Battlegrounds a ispirare Epic Games, cioè gli sviluppatori statunitensi di Fortnite, a creare una modalità “battle royale”, cioè uno scontro tutti contro tutti in uno spazio che continua a restringersi (Fortnite, in origine, avrebbe dovuto essere un gioco cooperativo in cui i giocatori collaborano per sopravvivere a un’apocalisse zombie).
Tra i due giochi ci sono delle sostanziali differenze, che spiegano in parte il successo di Fortnite. Player Unknown’s Battlegrounds è un gioco “realistico” per quanto riguarda la grafica, le armi utilizzate e la fisica che viene simulata. In altre parole, i personaggi si comportano più o meno come si comporterebbero i loro equivalenti nel mondo reale. Fortnite invece ricorda molto più un cartone animato: i personaggi sono colorati e buffi, le armi sono esagerate ed è possibile compiere azioni spettacolari ma decisamente irrealistiche (come cavalcare un missile).
Fortnite inoltre aggiunge allo scontro un ulteriore livello di complessità. Una volta arrivati sull’isola bisogna non solo cercare armi ed equipaggiamenti con cui sconfiggere i propri avversari (come avviene in Player Unknown’s Battlegrounds), ma è anche possibile distruggere strutture e altri elementi del gioco per raccogliere risorse con cui costruire a propria volta delle altre strutture. Si può quindi creare rapidamente una barriera per proteggersi dai colpi nemici, oppure una scala per ottenere il vantaggio dell’altezza. Queste caratteristiche rendono Fortnite un gioco frenetico e imprevedibile.
Un’altra caratteristica che ha contribuito al suo successo è che Fortnite è un gioco free-to-play: si scarica gratuitamente e può essere giocato senza spendere niente. Epic Games ottiene i suoi ricavi dalle cosiddette “microtransazioni”, cioè dagli acquisti che i giocatori fanno all’interno del gioco. Spendendo soldi reali, infatti, è possibile acquistare una moneta virtuale con la quale si può personalizzare il proprio personaggio. Ci sono letteralmente migliaia di personalizzazioni che possono essere acquistate: dai vestiti ai capelli, passando per ogni sorta di accessori. Queste migliorie sono solo estetiche: la possibilità di vincere una partita dipende soltanto dall’abilità e dalla fortuna dei giocatori.
In tutto gli esperti del settore stimano che Epic Games abbia raccolto circa un miliardo di euro tramite queste transazioni, mentre un totale di 125 milioni di persone hanno scaricato e giocato a Fortnite almeno una volta nel corso dell’ultimo anno. Secondo molti, Fortnite sta diventato un vero e proprio fenomeno culturale. Le partite del gioco trasmesse in streaming hanno ottenuto record di visualizzazioni, mentre parecchie celebrità, tra cui molti sportivi, come il calciatore francese Griezman, hanno iniziato a giocarci.
Probabilmente proprio perché molti atleti sono giovani, il gioco sembra aver riscosso un particolare successo tra di loro, al punto che pochi giorni fa il Washington Post si domandava se gli atleti non stessero giocando un po’ troppo a Fortnite. Nell’articolo si racconta la storia di Riley Sutter, un talent scout della NHL, la lega statunitense dell’hockey su ghiaccio, a cui nell’ultimo round di scouting è stato chiesto di assicurarsi che i giocatori di talento non siano “Fortnite-dipendenti”. Sutter ha ammesso che il gioco può essere un problema: «Porta via ore di sonno, tiene i giocatori svegli fino a tardi… insomma, sta cominciando a diventare un problema vero».
Proprio lo scorso giugno l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza di un “disturbo da gioco“, anche se molti medici mettono in guardia da atteggiamenti eccessivamente allarmistici. Anche alcuni manager sportivi non sembrano troppo preoccupati. «Una volta ci preoccupavamo perché i nostri giocatori avevano il problema dell’alcol, ora il problema sarebbero i videogiochi. Stiamo scherzando?», ha raccontato uno di loro al Washington Post.