C’è chi paga per stare una settimana al buio
Un giornalista dell'Atlantic ha provato un centro di riabilitazione in Repubblica Ceca gestito da un bizzarro psicologo
Čeladná è una città della Repubblica Ceca con poco più di duemila abitanti, vicino al confine con Slovacchia e Polonia. La sua principale attrattiva è il Centro di Riabilitazione dei Monti Beschidi, che prende il nome dalla catena dei Carpazi, in cui si trova. Il centro offre soggiorni rilassanti, terme e terapie di vario tipo: per esempio la crioterapia (in cui si entra in una stanza in cui la temperatura è di -120 gradi centigradi) o una strana “piramide guaritrice” (una struttura di ossa e legna che quelli del centro dicono possa avere proprietà curative). Ma il Centro è noto soprattutto per la sua Villa Mátma: una casa di un paio di stanze con un bagno, una doccia, un comodo letto, una poltrona, un po’ di attrezzi e strumenti per fare attività fisica e nemmeno una finestra. Villa Mátma è infatti il luogo dell’esperienza di terapie tmou, nome ceco per “terapia oscura”: prevede che per almeno sette giorni si resti totalmente al buio. La terapia oscura costa duemila corone ceche al giorno, circa 600 euro a settimana, e va fatta in solitaria.
Il centro di Čeladná e la terapia oscura sono gestite da Andrew Alois Urbiš, uno psicologo di 71 anni che si dice appassionato di medicina cinese, feng shui, tao-jin, omeopatia e “terapia celtica“, e che dopo la laurea in psicologia presa in Cecoslovacchia ha studiato in Cina e Nuova Zelanda. Il sito del centro presenta la terapia oscura parlando dei monaci tibetani che arrivano a passare sette settimane in silenzio e in completa oscurità. In Occidente l’idea di usare il buio come terapia prese un po’ di spazio negli anni Sessanta in Germania, quando l’antropologo Holger Kalweit teorizzò la Dunkeltherapie. Il sito del Centro di Riabilitazione dei Monti Beschidi dice che la terapia oscura aiuta a curare i «malanni dovuti a certi stili di vita» e parla tra le altre cose di disturbi metabolici e tumori. Più in generale, la terapia è descritta come utile per stimolare i sensi e la creatività e per «rigenerare la psiche».
La terapia oscura è stata provata da Morgan Childs, che ha raccontato l’esperienza sull’Atlantic. Ha scritto che Urbiš dice di aver passato fino a 50 giorni consecutivi in completa oscurità e ci tiene a precisare di essere un vero dottore, un professionista, e che è il migliore perché con lui lavorano persone che se ne intendono, non amatori. In effetti le terapie oscure hanno piuttosto successo in Repubblica Ceca e ci sono diversi altri centri che offrono un servizio simile.
Childs ha però aggiunto che Urbiš si dice appassionato di terapie alternative e discipline mistiche e che sulla parete del suo ufficio c’è una foto di lui insieme a un «mago» neozelandese. Nell’ufficio ci sono anche una di quelle statue con un pene enorme e un manuale per dipendenti del centro, in cui viene richiesta la conoscenza delle leggi cosmiche, del libro dei morti, della mente quantistica, delle favole e dello sciamanesimo. Urbiš si è anche detto critico nei confronti dei medici della Repubblica Ceca che preferiscono dare ai pazienti le loro medicine, anziché mandarli da lui per passare una o due settimane al buio.
Il centro parla di pazienti che dopo essere stati al buio hanno risolto problemi psicologici e “ritrovato loro stessi”, ma anche di pazienti che, stando al buio, sono guariti da infezioni e problemi alla pelle. Il centro sostiene però che i benefici principali derivanti dal buio abbiano a che fare con la melatonina, l’ormone che ci induce ad addormentarci e ha un ruolo anche nei cicli riproduttivi e nel funzionamento cardiovascolare.
Finora la maggior parte degli scienziati è d’accordo nel ritenere – ma basta poco per accorgersene – che troppa luce, specie se artificiale (magari prima di dormire), blocca la produzione di melatonina e crea quindi problemi di sonno. Il centro e alcuni altri scienziati pensano che, allo stesso modo, stare solo al buio aumenti la produzione di melatonina: ma per ora non c’è niente di sufficientemente provato e inconfutabile. La maggior parte degli studi dicono anzi il contrario. Come ha scritto Childs: «Le ricerche condotte finora non mostrano evidenze del fatto che prolungate privazioni di luce stimolino la melatonina prodotta dalla ghiandola pineale». David Blask, capo del laboratorio di oncologia crono-neuroendocrina dell’università di Tulane, ha detto che è una teoria «semplicemente non vera», perché il buio non aumenta la melatonina prodotta. Non ci sono nemmeno studi che dicano che persone che non ci vedono – dalla nascita o per successivi problemi – producono più melatonina di altre, né tantomeno che dimostrino che il buio guarisca tumori e altri disturbi.
Childs ha detto che prima di entrare nel buio di Villa Mátma è stato sottoposto a un test in cui doveva mettere in ordine di preferenza dieci quadrati colorati. L’ha fatto e Urbiš gli ha detto che dal test – da lui elaborato sulla base della medicina cinese – si capiva che Childs lavorava troppo, era stressato e aveva avuto un trauma infantile, o forse un trauma quando era ancora nell’utero materno. Guardandogli il palmo della mano, Urbiš ha aggiunto che Childs gli ha detto che aveva un brutto flusso di energia, mangiava male e si riposava poco. Poi gli ha consigliato di entrare in Villa Mátma.
L’alloggio è normale: le uniche particolarità sono l’assenza di finestre, i mobili dagli angoli smussati, la presenza di un interfono attivo 24 ore su 24 da cui chiamare qualcuno in caso di emergenza e la presenza di una scatoletta con dentro delle chiavi per uscire dalla casa, se proprio non ce la si fa più. Ci sono una cucina con acqua, frutta e piatti già pronti. Ma comunque i piatti vengono portati nella stanza ogni giorno, con un meccanismo che evita interazioni con l’ospite e che non fa filtrare nessuna luce. Oltre agli strumenti per allenarsi ci sono anche una scrivania, con fogli, penne e pennarelli; e dell’argilla per fare sculture. Nella stanza si possono suonare strumenti musicali ma non ascoltare musica: ogni dispositivo elettronico è vietato. Non si può nemmeno fumare. Prima che inizi la terapia oscura si fa un giro alla luce per conoscere gli spazi. Poi la luce viene spenta. Se lo vogliono, gli ospiti possono interagire, sempre al buio, con un “guardiano”: un addetto del centro che fa due chiacchiere con l’ospite.
Childs ha passato in Villa Mátma poco meno di una giornata, ma ha detto che è stata sufficiente per mettergli ansia. La permanenza è ovviamente sconsigliata a chi soffre di epilessia, claustrofobia, ipertensione e depressione. Parlando con esperti che si stanno occupando della cosa ha poi parlato di casi di sogni lucidi e esperienze sensoriali a volte piacevoli e a volte «proprio terrificanti», specie nel caso di persone che, per sfida, restano nella stanza nonostante varie e crescenti sensazioni di disagio. Non è un caso che le stesse terapie di deprivazione sensoriale usate da qualcuno per rilassarsi qualche ora (per esempio quella nota come REST, “Restricted environmental stimulation therapy”) seguano gli stessi principi di alcune delle più efficaci tecniche di tortura.
Come ha spiegato Childs, la vita nella Villa è molto semplice: c’è tanto tempo per non pensare a nulla, e quindi si pensa molto. A seconda dei pensieri, l’esperienza può essere rilassante o insopportabile. Ha anche raccontato che alla fine dell’esperienza Urbiš fa una colazione con chi si è sottoposto alla terapia oscura in Villa Mátma e che consegna agli ospiti/clienti/pazienti un certificato di soggiorno, una calamita da frigorifero e una scatola vuota di alluminio che contiene «il buio di Čeladná».