Il futuro dei Democratici passa per Alexandria Ocasio-Cortez?
Storie e idee della politica ispanica e “socialista” di cui parlano da settimane i media americani, dopo la sorprendente vittoria di un'elezione iperlocale
Da quando ha vinto le primarie del Partito Democratico statunitense per il seggio alla Camera del 14esimo distretto di New York, lo scorso giugno, Alexandria Ocasio-Cortez è passata dall’essere una giovane sconosciuta politica locale a un potenziale simbolo delle prospettive, delle incertezze e delle contraddizioni dei progressisti americani. Ocasio-Cortez ha 28 anni, ha origini portoricane, non ha esperienza politica, si definisce “socialista” e fino allo scorso novembre lavorava come cameriera in un ristorante messicano. Dopo aver battuto alle primarie, a sorpresa, il candidato dell’establishment dei Democratici, al Congresso da 19 anni e con l’ambizione di diventare leader della minoranza alla Camera, oggi Ocasio-Cortez è una delle personalità politiche più discusse e studiate degli Stati Uniti, tanto da essere definita da molti “il futuro della sinistra americana”. Recentemente il direttore del New Yorker David Remnick ha scritto un articolo su di lei, cercando di dare le giuste proporzioni al suo successo e riflettere sulle sue conseguenze.
Prima del 26 giugno, il giorno delle primarie del 14esimo distretto di New York, quasi nessuno fuori dal Queens e dal Bronx aveva sentito nominare Ocasio-Cortez. Wikipedia non aveva nemmeno una pagina su di lei, e tra i maggiori quotidiani americani aveva parlato di lei soltanto il New York Times in un paio di articoli. Il tutto nonostante Ocasio-Cortez fosse una candidata evidentemente fuori dall’ordinarietà, per la sua giovane età e per le sue idee molto di sinistra, simili a quelle di Bernie Sanders alle primarie presidenziali del 2016 (di cui lei era stata volontaria). Joe Crowley, il candidato più forte del collegio nonché il deputato uscente, fu tra quelli che la sottovalutarono: anche perché a poche settimane dal voto i sondaggi la davano indietro di 30 punti.
E invece, contro ogni previsione, Ocasio-Cortez ha ottenuto oltre il 57 per cento dei voti, contro il 42 e rotti di Crowley, in quello che è diventato un caso su tutti i principali media americani, concordi nel definire quel risultato una delle più grandi sorprese nella storia politica recente degli Stati Uniti. Alle elezioni di metà mandato del prossimo novembre, Ocasio-Cortez sfiderà Anthony Pappas, il docente universitario candidato per il Partito Repubblicano, che però secondo tutte le previsioni non ha una chance, vista la solida storia di voto per i Democratici di quel collegio. Ocasio-Cortez diventerà quindi con ogni probabilità la più giovane donna a essere eletta al Congresso.
È nata nel Bronx nel 1989, da un padre architetto nato lì e una madre nata in Porto Rico. I genitori, con l’aiuto della famiglia, riuscirono a raccogliere abbastanza soldi per mandarla a scuola in una zona più ricca della contea di Westchester, a nord di New York, frequentata prevalentemente da bianchi e nella quale si distinse come studentessa modello. Ocasio-Cortez riuscì a iscriversi alla Boston University, ma durante il suo secondo anno suo padre si ammalò di cancro ai polmoni e morì. «Rendimi orgoglioso», furono le sue ultime parole, ha raccontato Ocasio-Cortez, che si concentrò ancora di più sugli studi e iniziò a lavorare nello staff di un senatore per mantenersi. Sua madre dovette iniziare a fare più lavori, ma non bastò: Ocasio-Cortez sospese la sua carriera universitaria e si mise a fare la cameriera, senza riuscire a impedire che sua madre vendesse la casa e si trasferisse in Florida, per abbattere le spese.
Nonostante avesse lavorato come centralinista per la campagna elettorale di Barack Obama del 2008, il suo vero avvicinamento alla politica arrivò soltanto nel 2016, quando partecipò attivamente alla campagna elettorale di Sanders, il principale sfidante di Hillary Clinton alle primarie democratiche, che ottenne consensi inaspettati e riuscì ad attirare su di sé un grande entusiasmo tra la fascia di popolazione giovane, bianca e istruita, con le sue proposte radicali per gli standard del Partito Democratico. Ocasio-Cortez trovò il posto dove allestire il quartier generale della campagna elettorale nel Bronx, e incontrò molti rappresentanti della comunità locale afroamericana e LGBT, attivisti femministi e ambientalisti, sindacalisti eccetera.
Nonostante la sconfitta di Sanders, parte del suo comitato elettorale del Bronx continuò le attività fondando Brand New Congress (BNC), un’organizzazione per provare a sfidare l’establishment del Partito Democratico al Congresso. Il 14esimo collegio comprende circa 70 chilometri quadrati tra il nord del Queens e l’est del Bronx, ed è uno dei moltissimi posti degli Stati Uniti dove la leadership dei Democratici non è cambiata con la composizione demografica del territorio: oggi infatti soltanto il 22 per cento degli abitanti del distretto è bianca, e il 50 per cento è ispanica. Crowley, che tra il 1999 e il 2013 ha rappresentato il settimo distretto, che allora comprendeva più o meno la stessa area, è considerato tra i più potenti politici Democratici di New York, e fino alle primarie di giugno non aveva davvero avuto concorrenza interna.
Il BNC decise quindi di lanciare la candidatura di Ocasio-Cortez, che fu addestrata in breve tempo ad affrontare una campagna elettorale, e che si fece conoscere con un video di due minuti realizzato per meno di 10mila dollari da una compagnia di produzione che l’aveva contattata con un messaggio diretto su Twitter. Il video, che mostrava Ocasio-Cortez in metropolitana e in compagnia di varie persone comuni o svantaggiate del Bronx e del Queens, cominciava con le parole: «Le donne come me normalmente non si candidano in politica». Diventò virale in poco tempo, e rappresentò un tassello fondamentale della sua campagna elettorale.
Dopo il successo della candidatura di Sanders, il BNC era convinto che una candidata con pochi soldi e una piattaforma decisamente di sinistra potesse vincere in un collegio in cui normalmente l’affluenza è bassa e in cui non esiste una vera composizione. La campagna elettorale di Ocasio-Cortez è costata circa 10 volte meno di quella di Crowley, che aveva raccolto in tutto quasi 3,5 milioni di dollari, e si è finanziata in larga parte con le piccole donazioni individuali. A rendere possibile la sua vittoria, ha detto lei stessa, sono stati i volontari che nelle settimane precedenti al voto hanno fatto 170mila telefonate, hanno bussato a 120mila porte e hanno inviato 120mila messaggi: per un’elezione alla quale alla fine hanno partecipato meno di 30mila persone.
Lo slogan di Ocasio-Cortez era “il coraggio di cambiare”, e buona parte della sua retorica si è concentrata sull’associazione tra il suo avversario e l’establishment capitalista globale, più che sulle singole divergenze nel programma. Nonostante Crowley fosse da quasi due decenni espressione della politica locale, non era di per sé un candidato reazionario né simbolo del privilegio, visto che crebbe in una famiglia della classe media immigrata newyorkese. Al Congresso aveva promosso l’assistenza sanitaria universale e politiche più morbide sull’immigrazione, temi centrali della campagna elettorale di Ocasio-Cortez. Ma Crowley è stato preso totalmente alla sprovvista dalla candidatura della sua sfidante, e sicuro di vincere ha trascurato molti segmenti della popolazione che considerava suoi: un po’ come Hillary Clinton in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, gli stati che le costarono la Casa Bianca. Il comitato elettorale di Ocasio-Cortez ha sfruttato consapevolmente questo effetto sorpresa, e in certi casi non ha nemmeno pubblicizzato i grandi risultati ottenuti con le raccolte firme, per non far scattare il campanello d’allarme.
Da vent’anni la leadership di Crowley non era messa seriamente in discussione, e da 14 anni nessuno lo sfidava alle primarie: il suo comitato elettorale si è quindi concentrato sugli elettori vicini al partito, che sicuramente sarebbero andati a votare. Ocasio-Cortez invece ha usato una strategia diversa, considerata l’unica percorribile per ottenere una vittoria nonostante tutte le previsioni contrarie: provare a portare ai seggi nuovi elettori. Al primo dibattito Crowley non si è nemmeno presentato, e Ocasio-Cortez si è ritrovata a discutere vicino a una sedia vuota. Al secondo, trasmesso da una tv locale, Crowley ha mantenuto un atteggiamento inizialmente paternalistico, salvo cominciare a mostrare preoccupazione man mano che Ocasio-Cortez lo incalzava un argomento dietro l’altro. All’ultimo dibattito, otto giorni prima delle elezioni, Crowley di nuovo non si è presentato, mandando al suo posto un’ex consigliera comunale.
Nonostante fosse totalmente inaspettata, Crowley ha subito ammesso la sconfitta, e ha detto che sosterrà Ocasio-Cortez alle elezioni di metà mandato, dedicandole anche una cover di “Born to Run” di Bruce Springsteen.
Nei giorni successivi i maggiori media americani hanno dedicato articoli e servizi a Ocasio-Cortez, e molti commentatori di sinistra hanno scritto che la risposta alla crisi del Partito Democratico, che dopo la batosta delle elezioni del 2016 sembra oggi più che mai confuso e incerto su quale strada percorrere, deve per forza passare da una piattaforma politica e una candidatura simile alla sua. Altri hanno scritto addirittura che è la stessa Ocasio-Cortez il futuro del partito, nonostante abbia solo 28 anni, abbia mostrato qualche lacuna in termini di conoscenza dei temi, non abbia mai rivestito un incarico pubblico e abbia per ora vinto soltanto un’elezione primaria locale, per quanto rilevante.
Nancy Pelosi, deputata e storica leader dei Democratici alla Camera, è stata tra quelli che hanno minimizzato il significato della vittoria di Ocasio-Cortez, giudicandola un fenomeno locale e attribuendola a questioni identitarie che hanno funzionato nel particolare contesto demografico del 14esimo distretto di New York. Ocasio-Cortez è d’accordo sul fatto che il suo essere donna, ispanica e proveniente da una famiglia della classe operaia sono stati fattori determinanti per la sua vittoria, ottenuta in un posto in cui la maggior parte delle persone appartiene a minoranze etniche, e in cui una parte significativa della popolazione bianca è quella istruita, giovane e della costa Est che ha votato Sanders alle primarie Democratiche.
Ma Ocasio-Cortez ha ricordato a Remnick di aver «dominato» le elezioni, rivendicato il ruolo avuto delle sue proposte politiche, che erano in linea con quelle già portate avanti da Sanders: assistenza sanitaria pubblica e universale, politiche più permissive sull’immigrazione, 15 dollari all’ora di salario minimo, chiusura di parte delle prigioni e un lavoro garantito per chiunque lo desideri.
Ocasio-Cortez si è definita più volte socialista, una parola a lungo considerata un tabù nella politica americana, ma che già Sanders aveva adottato. La percezione del termine è cambiata, almeno nelle fasce più giovani, dicono le ricerche: secondo la Harvard’s Kennedy School, il 51 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni dice di essere contro il capitalismo, e il 31 per cento di sostenere il socialismo. È un termine, però, che negli Stati Uniti ha un significato e un retroterra culturale molto diverso rispetto all’Europa, e che la maggior parte delle persone usa per indicare quella che gli europei definirebbero più semplicemente una piattaforma politica di sinistra.
La stessa Ocasio-Cortez ha detto di essersi avvicinata al partito dei Socialisti Democratici d’America (DSA), di cui fa parte non tanto per ideologia quanto perché ne incontrava i membri a tutte le manifestazioni politiche che le stavano a cuore. Oggi i DSA contano oltre 40mila iscritti, contro i 5mila del 2016. Dentro c’è un po’ di tutto, dai marxisti ai sostenitori moderati di Sanders: secondo Ocasio-Cortez, sono tenuti insieme non tanto dalla teoria politica dietro al socialismo, quando dall’idea che occorra «un sistema economico regolamentato dai valori democratici».
Dopo la sua vittoria, Ocasio-Cortez ha cominciato a sostenere candidati Democratici con profili simili al suo negli Stati Uniti, soprattutto donne, come la candidata al Congresso in Massachusetts Ayanna Pressley o Zephyr Teachout, candidata come procuratrice generale di New York. Cori Bush, candidata afroamericana in Missouri, ha detto a Remnick che prima delle primarie di New York il suo comitato raccoglieva pochi dollari di donazioni al giorno: dopo, ne ha raccolti duemila in un solo giorno.
È indubbio che la sua vittoria abbia portato un’ondata di vitalità nel Partito Democratico, soprattutto in favore delle donne e dei rappresentanti delle minoranze. Ma la domanda che si stanno facendo in molti è se questa tendenza avrà conseguenze concrete sui prossimi risultati elettorali. È un dibattito che per molti aspetti riflette quello in corso nel resto dell’Occidente, perlomeno dove la crisi dei tradizionali partiti progressisti è più marcata e in molti sostengono la necessità di formare soggetti politici di sinistra che riescano a parlare a quelle masse di elettori che i flussi elettorali mostrano essersi spostati verso i movimenti populisti di destra.
A pensare a questa possibilità, negli Stati Uniti, sono soprattutto quelli che avevano votato Sanders alle ultime primarie, e che dopo la vittoria di Donald Trump sostennero che se avesse vinto lui le primarie i Democratici avrebbero potuto prendersi la Casa Bianca. Secondo qualcuno, con una serie di vittorie strategiche nei prossimi anni, la frangia più di sinistra del Partito Democratico potrebbe arrivare a proporre una alternativa credibile al populismo di Trump. Kristen Gillibrand, senatrice Democratica di cui da tempo si parla come di una possibile candidata di spicco alle primarie delle prossime presidenziali, sembra aver recepito queste istanze politiche e potrebbe secondo qualcuno farne un fattore importante della sua candidatura.
Tammy Duckworth, senatrice dell’Illinois di origini asiatiche, è stata invece molto più scettica, ricordando che non si vincono le presidenziali senza il Midwest: «e non credo che si possa spingersi molto a sinistra e vincere comunque il Midwest» (anche se Sanders aveva vinto contro Clinton alle primarie di Michigan, Wisconsin e Indiana). In molti, all’interno del Partito Democratico, hanno insistito con la teoria che attribuisce la vittoria di Ocasio-Cortez più alle sue caratteristiche personali che alle sue idee radicali. L’analista di CNN Chris Cilizza ha ricordato che nella politica americana spesso si confonde «l’ultima cosa con la cosa migliore», e che questo a maggior ragione si applica a un Partito Democratico «in cerca di un salvatore». Secondo Cilizza sappiamo ancora troppo poco di Ocasio-Cortez, semplicemente perché non ha mai rivestito incarichi pubblici di una qualche rilevanza: e riporre in lei troppe aspettative è pericoloso sia per lei che per i Democratici. Finora, Ocasio-Cortez è un’attivista che ha sorprendentemente battuto un politico longevo e con un potere radicato: ma pur sempre in un’elezione in cui ha preso circa 16mila voti.
Altri hanno fatto notare che la sua vittoria, paradossalmente, ha poco di sorprendente se si considera la grande polarizzazione politica in corso da più di dieci anni negli Stati Uniti, e che ha avuto tra i suoi momenti principali proprio l’exploit di Sanders nel 2010; un caso simile a quello di Ocasio-Cortez accadde al Partito Repubblicano nel 2014, quando il pezzo grosso Eric Cantor perse le primarie contro uno sconosciuto estremista di destra, in quello che oggi è considerato uno dei momenti cruciali che portarono poi alla vittoria di Trump del 2016.
Tenendosi un po’ a metà strada, il New York Times ha scritto che la vittoria di Ocasio-Cortez deve ricordare al Partito Democratico l’importanza della competizione alle primarie, e che «quello che rimane da vedere, adesso, è se i leader Democratici accoglieranno questi nuovi arrivati o se li tratteranno come minacce. Questo potrebbe determinare se i Democratici si riprenderanno la Camera dei Rappresentanti a novembre».