L’«offerta incredibile» di Putin a Trump
Trump l’aveva definita così, prima di ripensarci: avrebbe garantito alla Russia la possibilità di interrogare funzionari statunitensi critici con il regime russo
Negli ultimi giorni negli Stati Uniti si è discusso parecchio dell’incredibile conferenza stampa fatta dal presidente statunitense Donald Trump al termine del suo incontro con il presidente russo Vladimir Putin a Helsinki, in Finlandia, lunedì scorso (conferenza stampa che poi Trump ha in parte goffamente ritrattato). Oltre ad aver dato ragione a Putin praticamente su qualsiasi argomento, Trump aveva definito «offerta incredibile» una controversa proposta di Putin, giudicata scandalosa e irricevibile da moltissimi altri politici e funzionari statunitensi e mai vista nella politica internazionale; proposta su cui poi ha ulteriormente ritrattato giovedì.
L’offerta era questa: la Russia avrebbe permesso al procuratore speciale statunitense Robert Mueller di interrogare i 13 cittadini russi ufficialmente incriminati nell’ambito dell’indagine sulle interferenze russe nelle elezioni americane del 2016; in cambio gli Stati Uniti avrebbero permesso alla Russia di interrogare alcuni funzionari americani che la Russia accusa di aver interferito negli affari interni russi.
Mercoledì la portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, non aveva escluso la possibilità che Trump decidesse di accettare la proposta di Putin, dicendo che il presidente ne stava parlando con il suo staff, e che avrebbe comunicato in seguito la sua decisione. Appena un giorno dopo, e dopo le numerose critiche ricevute da Repubblicani, Democratici e molti osservatori politici, Sanders ha sostanzialmente detto il contrario annunciando che l’offerta era stata fatta da Putin, ma che Trump non era comunque d’accordo con l’idea. Nella stessa giornata il Senato ha votato con 98 voti a favore e 0 contrari una risoluzione non vincolante per respingere fermamente la proposta.
I funzionari statunitensi che dovevano essere “consegnati” e interrogati alla Russia erano almeno due: Michael McFaul, ex ambasciatore statunitense a Mosca e feroce critico di Putin, genericamente accusato dalla Russia di “attività illegali”; e Bill Browder, finanziere che ha guidato una campagna molto dura contro il regime russo e il cui lavoro ha portato nel 2012 all’approvazione al Congresso statunitense di una legge chiamata Magnitsky Act, volta a limitare l’ingresso negli Stati Uniti dei cittadini russi accusati di violazione dei diritti umani, e rendere pubblici i loro nomi. Browder, che oggi è cittadino britannico, è accusato da Putin di avere finanziato la campagna elettorale di Hillary Clinton con soldi ottenuti in Russia senza pagare le tasse; ha negato tutte le accuse e ha sostenuto che siano un pretesto usato da Putin per punirlo per l’approvazione del Magnitsky Act.
In sostanza Putin aveva chiesto a Trump di poter interrogare fuori dalla Russia cittadini e funzionari americani critici verso il suo regime – regime che è considerato tutt’oggi un avversario/nemico degli Stati Uniti. Una cosa che non si è mai vista, per diverse ragioni.
Se Trump avesse accettato la proposta di Putin, le conseguenze sarebbero state enormi. Tutto il personale diplomatico e governativo statunitense in Russia non avrebbe più potuto svolgere il proprio lavoro in libertà: i cittadini americani avrebbero per esempio avuto il timore di criticare apertamente il regime di Putin, per paura di essere consegnati alle autorità russe dal loro stesso governo. Inoltre, aveva sottolineato il Washington Post, normalmente un governo tende a difendere i propri cittadini: non si è mai sentito che «il presidente possa pensare di avere l’autorità legale per consegnare chi vuole a una potenza straniera».
Le critiche a Trump erano state durissime e provenivano da più parti. John Kerry, ex segretario di Stato americano sotto l’amministrazione di Barack Obama, aveva scritto su Twitter: «L’amministrazione [Trump] deve chiarire in maniera inequivocabile che una cosa del genere non potrà essere presa in considerazione nemmeno tra un milione di anni, punto. È qualcosa che non dovrebbe far pensare nemmeno per mezzo secondo. Pericoloso». Heather Nauert, attuale portavoce del dipartimento di Stato americano, aveva definito le accuse della Russia a McFaul «completamente assurde» e lo stesso McFaul aveva commentato la proposta russa dicendo: «È una cosa da matti e dovrebbe essere definita folle e oltraggiosa, non solo da me, ma anche dal governo americano».
Anche il nuovo direttore dell’FBI recentemente nominato da Trump, Christopher Wray, aveva espresso dubbi sulla proposta di Putin. Durante un incontro al Security Forum tenuto mercoledì ad Aspen, Colorado, Wray aveva detto che mandare i propri investigatori in Russia per interrogare i 13 cittadini russi incriminati nell’indagine di Mueller «non è certamente in cima alla nostra lista delle tecniche investigative», e aveva aggiunto che permettere agli investigatori russi di andare negli Stati Uniti per interrogare cittadini americani «è ancora più in basso nella nostra lista delle tecniche investigative».