La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per i casi delle Pussy Riot e di Anna Politkovskaya
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per due casi di cui si è parlato molto negli ultimi anni: l’arresto e la condanna nel 2012 di alcuni membri del collettivo femminista Pussy Riot, e le indagini sull’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaya.
Nel primo caso, ha detto la Corte, le autorità russe sono state condannate per non avere garantito i diritti di tre Pussy Riot che avevano appena suonato una canzone di protesta nella cattedrale di Mosca: le tre, tra le altre cose, poi incarcerate per 16 mesi, avevano subìto limitazioni alla loro libertà di espressione e durante il processo erano state esposte in maniera umiliante in una cella con un vetro davanti. Nel secondo caso, la Corte ha detto che la Russia non ha «preso misure investigative adeguate» per scoprire chi commissionò l’omicidio di Politkovskaya, nel 2006: otto anni dopo cinque uomini furono condannati, ma non fu mai trovato il mandante (e lo stesso governo russo è ampiamente sospettato di essere stato quel mandante). Difficilmente, comunque, le sentenze della Corte avranno delle conseguenze: nel 2015 la Russia ha approvato una legge per ignorare le sentenze del tribunale europeo.