Gli sbarchi calano, i morti no
Il numero di migranti arrivati via mare in Italia è sceso dell'80 per cento rispetto a un anno fa, ma compiere la traversata è sempre più pericoloso: a giugno è morta una persona ogni sette che ci hanno provato
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’UNHCR, l’agenzia dell’ONU che si occupa di rifugiati, nei primi sei mesi dell’anno in Italia sono arrivati circa 16mila richiedenti asilo. Sono numeri in calo dell’80 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2017, che segnalano un ritorno sui livelli degli anni precedenti al 2014, prima che iniziasse l’ultima grande crisi migratoria, quando gli sbarchi raramente superavano le poche decine di migliaia di persone l’anno.
"Nel Mediterraneo l'anno scorso moriva 1 persona su 39, quest'anno 1 su 6. Queste operazioni di salvataggio sono sacrosante"#Migranti, i dati dell'@UNHCRItalia raccontati da @CarlottaSami. #agorarai pic.twitter.com/dTN8h5XChY
— Agorà (@agorarai) July 11, 2018
Ma i dati dell’UNHCR segnalano anche un altro fenomeno. I morti in mare nei primi sei mesi dell’anno hanno già raggiunto quota mille, e questo significa che la traversata del Mediterraneo centrale raramente è stata così pericolosa. Nel mese di giugno una persona è morta per ogni sette che hanno tentato la traversata; nei primi sei mesi del 2018, i morti sono stati uno per ogni 19, esattamente il doppio di quelli registrati durante i primi sei mesi del 2017.
«L’elevata perdita di vite umane dimostra quanto sia urgente rafforzare le capacità di ricerca e soccorso nella regione», ha scritto l’UNHCR nel suo ultimo rapporto. Il problema, secondo l’organizzazione, è che nel corso dell’ultimo anno il numero di imbarcazioni disponibili a soccorrere i migranti in difficoltà è calato molto. Non solo le ONG sono state di fatto allontanate, ma anche le navi commerciali hanno meno incentivi a effettuare i salvataggi visto che rischiano di vedersi negato il permesso a raggiungere un porto italiano e rischiano così di trovarsi bloccate per giorni (è accaduto persino a navi militari, anche italiane).
Nel suo ultimo comunicato, l’UNHCR dice di temere «le conseguenze di una diminuzione delle capacità di ricerca e di soccorso se le imbarcazioni vengono dissuase dal rispondere alle richieste di soccorso per paura di vedersi negato il permesso di sbarcare le persone tratte in salvo. In particolare, le ONG hanno espresso preoccupazione per le restrizioni imposte alle loro capacità di condurre operazioni di ricerca e soccorso a seguito di limitazioni ai loro movimenti e alla minaccia di potenziali azioni legali».
Mentre i soccorsi diminuiscono, le imbarcazioni con a bordo i migranti, in genere gommoni sovraccarichi e poco stabili, vengono comunque condotte al largo e abbandonate dai trafficanti (dopotutto i migranti hanno in gran parte già pagato il costo della traversata, e la loro incolumità non è più molto importante per loro). Senza la presenza in zona di numerose navi disposte ad aiutarli, come accadeva fino a un anno fa, se queste imbarcazioni incorrono in problemi significa che i soccorsi non riescono ad arrivare prima che sia troppo tardi. Una volontaria che operava sull’imbarcazione di una ONG ha raccontato lo scorso giugno che per rispettare il nuovo codice di condotta l’equipaggio ha probabilmente lasciato morire circa 120 persone.