La Società Italiana di Psichiatria contro Salvini
Il ministro dell'Interno ha detto che c'è stata «un’esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici»: quelli che conoscono la materia gli hanno risposto
Negli ultimi giorni la pagina Facebook della Società Italiana di Psichiatria – la più importante organizzazione che si occupa di psichiatria in Italia – ha pubblicato diversi messaggi per smentire le affermazioni false del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che in almeno due occasioni aveva parlato della necessità di riformare il sistema della medicina psichiatrica in Italia.
Parlando durante il raduno della Lega a Pontida l’1 luglio e intervistato durante la trasmissione di La7 In Onda due giorni dopo, Salvini ha ripetuto l’idea che la cura dei malati psichiatrici in Italia è stata lasciata in carico alle famiglie dei malati, senza aiuto da parte dello Stato. La Società Italiana di Psichiatria ha invece fatto presente che il sistema di salute mentale italiano è «un’eccellenza» riconosciuta in tutto il mondo e che a essere stati abbandonati dallo Stato sono medici e infermieri che lavorano nel settore.
A Pontida, Salvini ha detto che vorrebbe rivedere «certe finte riforme» che «portano il dramma nelle famiglie» e ha fatto l’esempio della «riforma che ha riguardato i malati psichiatrici e ha cancellato le strutture che curavano i malati psichiatrici, abbandonando le famiglie al loro destino». Salvini non ha offerto molti dettagli: si è limitato a dire che si trattava di «una riforma sulla carta anche giusta [..] che però si sta dimostrando un disastro, lasciando nella miseria e nella disperazione migliaia di famiglie», e ha aggiunto che «ogni giorno è un bollettino di guerra, perché lo Stato si volta dall’altra parte».
Due giorni dopo, intervistato su La7, Salvini ha ripetuto concetti simili, dicendo che «c’è quest’anno un’esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici e qua non è competenza del mio ministero, però evidentemente c’è da rivedere il fatto che sia stato abbandonato il tema della psichiatria e lasciato solo sulle spalle delle famiglie italiane chiudendo tutte le strutture di cura per i malati psichiatrici».
È possibile che Salvini stesse parlando della cosiddetta “legge Basaglia”, quella che nel 1978 portò alla chiusura dei manicomi e contribuì enormemente al miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti psichiatrici in Italia. In questo caso però non starebbe in piedi l’accusa di «aver cancellato le strutture che curavano i malati psichiatrici»: quella legge avviò il processo con cui i vecchi manicomi furono sostituiti da un sistema fatto di centri di salute mentale (CSM), centri diurni (CD) per chi dorme a casa, e strutture residenziali per chi ha bisogno di assistenza per lunghi periodi e servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC). È possibile invece che Salvini si riferisse alle leggi che hanno portato nel 2017 alla chiusura dei sei ospedali psichiatrici giudiziari ancora operativi in Italia (OPG), dove le condizioni di vita erano ancora troppo simili a quelle terribili dei vecchi manicomi.
A Salvini ha comunque risposto con tre messaggi su Facebook la Società Italiana di Psichiatria (SIP). Nel primo si contesta che in Italia ci sia stata «un’esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici» come detto da Salvini: il messaggio spiega che non ci sono dati per sostenere questa tesi e che farlo «non fa altro che aumentare paure infondate sulle persone affette da disturbi psichici, etichettandole ingiustamente ed indiscriminatamente come “pericolose”».
Il secondo messaggio riguarda invece il tema della chiusura delle strutture di cura per malati psichiatrici e l’abbandono delle famiglie di cui ha parlato Salvini. Il messaggio dice che il sistema della salute mentale italiano è «una delle poche eccellenze riconosciute nel mondo all’Italia» ed elenca il numero e i tipi di strutture che si occupano di salute mentale in tutto il paese.
L’ultimo messaggio, pubblicato lunedì 9 luglio, richiama invece l’attenzione di Salvini sugli scarsi fondi di cui può disporre il sistema assistenziale italiano, che può contare su un finanziamento «che è meno del 3,5% del totale della spesa sanitaria italiana, mentre in paesi come Francia, Germania, Inghilterra e Spagna si investe dal 10 al 15%».