Intanto negli Stati Uniti ci sono ancora migliaia di bambini separati dai genitori
L'interruzione della "tolleranza zero" sull'immigrazione non ha risolto i casi dei bambini già tolti alle famiglie, che in certi casi sono state già espulse dal paese
Lo scorso 20 giugno il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva firmato un ordine esecutivo per mettere fine alla separazione delle famiglie di immigrati irregolari, che aveva introdotto poche settimane nell’ambito della cosiddetta “tolleranza zero” sull’immigrazione e che aveva portato alla detenzione senza genitori di migliaia di bambini, anche molto piccoli. L’interruzione della pratica, però, non aveva avuto conseguenze sulla situazione delle persone che erano già state fermate e che, nella maggior parte dei casi, sono ancora detenute in attesa di giudizio, con genitori da una parte e bambini dall’altra. Sono dunque intervenuti i tribunali.
Il 26 giugno una giudice federale della California, Dana Sabraw, aveva stabilito che i bambini avrebbero dovuto essere ricongiunti ai genitori entro 14 giorni per quelli con meno di 5 anni, ed entro 30 giorni per i più grandi. Il giorno dopo diciassette stati degli Stati Uniti avevano inoltre citato in giudizio l’amministrazione Trump, nel tentativo di forzare le autorità a trovare una soluzione.
Oggi, martedì 10 luglio, secondo la scadenza fissata dalla giudice Dana Sabraw, si sarebbe dovuta risolvere la situazione di 102 bambini che hanno meno di cinque anni, ma solo la metà di loro saranno rilasciati dopo il ricongiungimento con le famiglie. Lo ha fatto sapere un’avvocata del dipartimento di Giustizia statunitense, Sarah Fabian: il governo, ha spiegato, è pronto al ricongiungimento di 54 bambini di meno di 5 anni con i genitori. Per gli altri servirà altro tempo. Lo ha ammesso anche la giudice Dana Sabraw: alcuni casi «richiederanno un tempo aggiuntivo» per la riunificazione.
L’avvocata Fabian ha detto che alcuni dei genitori di bambini di età inferiore ai 5 anni sono stati già espulsi, rendendo dunque difficile la riunificazione immediata. Nel caso di altri nove bambini, i genitori sono stati rilasciati e non è chiaro dove si trovino («Se non siamo a conoscenza di dove sia il genitore, non posso impegnarmi a dire che la riunificazione avverrà prima della scadenza», ha detto Fabian). Altri genitori hanno infine dei precedenti penali che impediscono la riunificazione.
Gli avvocati dell’ACLU, un’organizzazione che difende i diritti umani, denunciando i ritardi hanno commentato che è assurdo che dai registri non risulti un indirizzo che indichi dove si trovino i genitori rilasciati, e che se il governo sta avendo dei problemi a rintracciare i genitori potrebbero occuparsene loro. Il problema maggiore riguarda però i genitori già espulsi senza i loro figli: dovrebbero essere almeno 19, ma il loro numero potrebbe essere molto più alto, dato che i numeri comunicati finora si riferiscono solo al gruppo dei 102 bambini che hanno meno di 5 anni. Il governo ha specificato che in questi casi la situazione è complicata dal fatto di dover localizzare le persone, di dover determinare se questi genitori desiderano ricongiungersi con i loro bambini e che il ricongiungimento debba avvenire al di fuori degli Stati Uniti. I funzionari hanno anche detto che i genitori espulsi probabilmente hanno chiesto che i loro figli restassero negli Stati Uniti, ma i gruppi che difendono gli immigrati sostengono di essere preoccupati che alcuni genitori potrebbero essere stati costretti o potrebbero aver firmato dei documenti che non capivano e di cui non hanno compreso le conseguenze.
Gran parte della confusione intorno alla riunificazione deriva comunque dal fatto che adulti e bambini passano attraverso due sistemi separati, che sono controllati da due differenti agenzie. Gli adulti devono passare attraverso il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (DHS), mentre i minori, che vengono classificati come minori non accompagnati, sono affidati all’Ufficio dei Rifugiati (ORR): ma è comunque una situazione paradossale, poiché i bambini sono stati trasformati in “minori non accompagnati” quando il governo li ha separati dai genitori.
Al di là delle singole situazioni, uno dei principali problemi nelle operazioni di ricongiungimento ha a che fare con il fatto che il governo ha separato le famiglie senza un piano specifico per poi riunirle. La cosa è stata confermata da uno dei responsabili del DHS quando, la scorsa settimana, ha detto ai giornalisti che il sistema per gestire i minori non accompagnati non è pensato per tenere traccia di ciò che accade prima che i bambini finiscano nella custodia del governo.
Un ulteriore motivo del ritardo nei ricongiungimenti è che il governo sta facendo una serie di verifiche sui legami di parentela tra bambini e adulti anche attraverso dei test del DNA. Data la possibilità di false affermazioni di parentela, la conferma del DNA è fondamentale per garantire che i bambini vengano restituiti ai genitori e non ai potenziali trafficanti. Gli avvocati dell’ACLU dicono però che in molti casi il test potrebbe essere evitato, anche perché un bambino di 5 anni non è in grado di dare il proprio consenso.
In tutta questa situazione, l’allungamento dei tempi comporta danni psicologici sempre maggiori nei bambini che sono già soli da settimane e costretti anche a comparire da soli in tribunale davanti al giudice. È stato calcolato che i bambini separati dalle famiglie siano circa 2.300 in totale: il loro ricongiungimento dovrebbe avvenire entro il 26 luglio, ma anche in questo caso è molto probabile che ci saranno problemi e ritardi.
Nel frattempo una giudice federale di Los Angeles ha respinto la richiesta dell’amministrazione Trump di consentire la detenzione a lungo termine dei bambini entrati illegalmente negli Stati Uniti. Un accordo del 1997, il cosiddetto “Flores agreement”, stabilisce che i minori non possano essere detenuti per più di 20 giorni. La giudice Dolly Gee ha detto che la richiesta dell’amministrazione di estendere tale limite era “un cinico tentativo” di spostare la questione dell’immigrazione dalla politica ai tribunali.