Il caso migranti in Germania è finito, per ora
Non ci saranno campi per migranti ai confini del paese: Merkel può dire di aver vinto, ma secondo molti osservatori la politica tedesca ne è uscita indebolita
Giovedì la crisi sull’accoglienza dei migranti in Germania si è concluso con un accordo tra tutti gli alleati che fanno parte della coalizione di governo tedesca. Non ci saranno i “campi per migranti” ai confini della Germania come si era sentito in questi ultimi giorni, ma soltanto una gestione accelerata delle richieste d’asilo di coloro che attraversano i confini del paese. Questo processo si svolgerà nelle normali centrali di polizia e non saranno costruite strutture speciali.
L’accordo sembra sancire il ridimensionamento del ministro dell’Interno e alleato della cancelliera Merkel Horst Seehofer, la cui minaccia di dimettersi se non fossero state adottate misure più severe per il controllo dell’immigrazione aveva dato inizio alla crisi. Seehofer è il capo della CSU, il partito che è stretto alleato della CDU di Merkel: dovrà affrontare le elezioni locali in Baviera il prossimo ottobre, e aveva chiesto misure più severe nei confronti dei migranti per evitare di perdere voti a destra.
Lunedì sera Merkel aveva accettato le richieste di Seehofer, ma questo non aveva immediatamente messo fine alla crisi poiché la Cancelliera avrebbe prima dovuto convincere gli altri alleati di governo, i socialdemocratici della SPD. «Ancora una volta l’SPD ha solo cattive opzioni tra cui scegliere», aveva riassunto l’agenzia di stampa Deutusche Welle. Alla fine però la nuova leader del SPD Andrea Nahles, ha raggiunto un accordo considerato accettabile per molti membri del suo partito, ottenendo l’eliminazione dall’accordo di ogni tipo di campo o centro di detenzione.
In un certo senso, la soluzione di processare le domande di asilo nelle strutture esistenti senza costruire nuovi campi è la più logica. Il problema denunciato da Seehofer, cioè che in Germania arrivino troppi migranti che in realtà dovrebbero chiedere asilo nei paesi europei dove hanno fatto per la prima volta il loro ingresso (si tratta dei famosi “movimenti secondari”), in questi giorni è stato parecchio sminuito. Un membro della SPD ha ricordato che sui confini meridionali del paese, dove in origine Seehofer voleva costruire i centri di identificazione e respingere ogni richiedente asilo, al momento arriva una media di appena cinque richiedenti asilo al giorno.
Secondo molti però, indipendentemente dal come si è conclusa la crisi, qualcosa di irreparabile è comunque accaduto. Anna Sauerbrey, editorialista del quotidiano tedesco Der Tagesspiegel, ha scritto che Seehofer ha introdotto nella politica un nuovo livello di cinismo nel paese, utilizzando una crisi di poco conto per cercare di ottenere un vantaggio politico per il suo partito. Altri accusano Seehofer di aver trasformato un suo dissidio personale con Merkel in una crisi nazionale e internazionale. L’editorialista del popolare settimanale Spiegel, Alexander Neubacher, ha scritto che nelle ultime settimane la Germania ha assistito alla distruzione di due delle sue certezze ritenute finora immutabili. La prima: che la sua squadra di calcio fosse in grado di ottenere sempre ottimi risultati ai Mondiali. La seconda: che la CSU, il partito di Seehofer alleato con la CDU di Merkel, sapesse sempre come conciliare il suo tornaconto con ciò che è buono per la Germania nel suo complesso.
Secondo Neubacher, Seehofer ha permesso ai suoi interessi personali e a quelli della sua fazione all’interno della CSU di sovrastare il bene della Germania, entrando in un conflitto con Merkel i cui effetti avrebbero potuto essere gravissimi per il paese e le cui conseguenze, non ancora del tutto chiare, si sentiranno a lungo. «Il danno è così profondo che non potrebbe essere riparato nemmeno se Seehofer e Merkel si dimettessero, entrambi», ha scritto Neubacher: «L’accordo tra i due partiti, noto come “l’Unione”, ha garantito per oltre 60 anni una stabilità senza precedenti alla Germania. Adesso è storia. E non è qualcosa da celebrare, indipendentemente da quanto si possa essere contrari alle posizioni espresse dalla CDU».
La crisi tedesca rischia anche di avere conseguenze internazionali. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha detto che se la Germania rinforzerà le sue frontiere, l’Austria adotterà misure simili sul suo confine meridionale, quello che coincide in buona parte con la frontiera italiana. L’idea, in altre parole, è che se la Germania non permetterà più l’ingresso ai migranti provenienti da sud, allora anche l’Austria farà lo stesso bloccando il confine con l’Italia.
È più facile a dirsi che a farsi. Impedire completamente il passaggio dei migranti alla frontiere del Brennero, il principale varco alpino tra Italia e Austria, significherebbe ripristinare i controlli alla frontiere, in violazione del trattato di Schengen. Inoltre i controlli produrrebbero inevitabilmente difficoltà e ritardi nell’attraversamento del confine, causando danni economici difficili da stimare. Il ministro dei Trasporti austriaco, Norbert Hofer, ex candidato presidente della Repubblica ed esponente del partito di estrema destra FPÖ, ha definito l’ipotesi del ripristino dei controlli al Brennero “disastrosa”.
È difficile che si arrivi a soluzioni così estreme e un incontro tra i ministri dell’Interno di Germania, Austria e Italia dovrebbe svolgersi la settimana prossima. Tutti e tre (compreso l’italiano Matteo Salvini) sanno probabilmente che quella in corso non è una vera crisi. Se alla frontiera meridionale tedesca arrivano appena 5 richiedenti asilo al giorno, in Austria la situazione sembra essere ancora meno urgente. La polizia del Tirolo dice di aver fermato al confine con l’Italia 65 persone a gennaio, 52 a febbraio e 26 a marzo. Sembra improbabile, quindi, che i tre ministri decideranno di ripristinare i controlli, causando potenzialmente decine di milioni di euro di danni nel tentativo di fermare l’attraversamento dei loro confini da parte di qualche decina di persone ogni mese.