In Siria ora si combatte al sud
Da metà giugno sono ripresi i bombardamenti del regime di Assad contro i ribelli della provincia di Deraa: ci sono già 270mila profughi, i colloqui per una tregua sono falliti
Mercoledì i ribelli siriani che controllano una parte della provincia di Deraa, nel sud-ovest della Siria, hanno annunciato che i colloqui con la Russia per una tregua sono falliti.
Nelle ultime due settimane la zona di Deraa, una delle ultime due aree della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli, è ridiventata obiettivo dell’azione militare del regime siriano del presidente Bashar al Assad, sostenuto dalla Russia: Assad è riuscito a prendere il controllo di diverse città nel sud-ovest del paese e ha iniziato a bombardare le zone di Deraa ancora controllate dai ribelli, per costringerli ad andarsene. Il risultato è stato che da metà giugno più di 270mila civili sono stati costretti a lasciare le loro case nel sud della Siria a causa dei combattimenti: molti si sono diretti verso i confini con Israele e Giordania, paesi che finora hanno rifiutato di accogliere i profughi.
Sulla carta la zona di Deraa dovrebbe essere una cosiddetta area di “de-escalation”, dove per circa un anno è rimasta in vigore una tregua garantita da Russia, Turchia e Iran. A metà giugno, però, il regime di Assad ha rivolto le sue attenzioni verso il sud della Siria, dopo essersi assicurato il controllo su altre aree del paese considerate strategicamente più importanti.
Deraa ha un’importanza particolare per i ribelli siriani: qui iniziarono le proteste contro il regime di Assad nel 2011, che si trasformarono poi in guerra civile. Inoltre molti dei ribelli nella provincia di Deraa sono considerati parte di gruppi moderati, membri dell’alleanza “Fronte meridionale” appoggiata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito e coordinata da un centro di comando ad Amman, la capitale della Giordania: una situazione molto diversa da quella dell’altra grande area della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli, la provincia di Idlib, nel nord-ovest, dominata invece da gruppi di ribelli radicali e jihadisti.
Dopo il fallimento degli ultimi colloqui tra ribelli e Russia sono ricominciati i bombardamenti. La situazione per i ribelli è molto complicata: le condizioni umanitarie dei civili peggiorano di giorno in giorno e gli stati occidentali che li avevano sostenuti hanno detto che non interverranno militarmente in loro difesa.