La prudenza di Giovanni Tria

In un'intervista a Bloomberg il ministro dell'Economia ha ripreso alcune promesse elettorali di M5S e Lega, precisando però che non aumenterà il deficit

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)

Nella sua prima intervista data a un giornale internazionale, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha annunciato che già dall’anno prossimo entreranno in vigore le riduzioni fiscali chieste della Lega e una qualche forma di “reddito minimo” come chiesto dal Movimento 5 Stelle. Questi obiettivi, ha spiegato il ministro all’agenzia Bloomberg, saranno ottenuti «senza discontinuità con gli obiettivi di bilancio fissati dai governi precedenti. La discontinuità con il passato non sarà sul livello di deficit, ma nel mix di politiche che metteremo in atto». Tria ha anche detto che «nessuno vuole lasciare l’euro», cercando di smentire le voci che continuano a circolare sulle intenzioni del nuovo governo.

Fin dal suo insediamento Giovanni Tria è indicato come uno dei ministri più moderati e prudenti del governo. L’intervista di oggi a Bloomberg, come le sue dichiarazioni quotidiane, sembrano calibrate per accontentare sia i suoi alleati di governo, che chiedono l’approvazione di misure incisive – e quindi costose – da presentare ai loro elettori, sia i mercati e gli osservatori internazionali, che temono che l’Italia non sia in grado di sostenere un significativo aumento di deficit, specialmente se la crescita economica dovesse rallentare.

A Bloomberg, Tria ha spiegato anche che il deficit per il 2018 rimarrà all’1,6 per cento, il livello fissato dal precedente governo, ma che potrebbe esserci qualche variazione del 2019. La ragione dell’aumento potrebbe essere il rallentamento dell’economia europea, che in quel caso spiegherebbe una espansione del deficit nel tentativo di stimolare l’economia italiana. «L’obiettivo – ha aggiunto il ministro – è quello di aumentare la spesa per investimenti, non la spesa corrente».

Il ministro dell’Economia aveva già detto una cosa simile un mese fa, nella sua prima intervista ufficiale, data al Corriere della Sera. «Non puntiamo al rilancio della crescita tramite deficit spending. Abbiamo un programma imperniato su riforme strutturali e vogliamo che agisca anche dal lato dell’offerta, creando condizioni più favorevoli all’investimento e all’occupazione», aveva detto all’epoca.

Le posizioni di Tria sono in parte condivise dall’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che alcune settimane fa aveva detto di “riconoscersi” in alcune delle posizioni del suo successore. Il quotidiano Il Foglio ha spesso ironizzato sulle posizioni di Tria, sostenendo che con la sua prudenza è di fatto l’unica opposizione efficace all’attuale governo (proprio sul Foglio Tria ha tenuto per anni una rubrica di economia).

Fino ad oggi né il leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini, né il capo politico del Movimento 5 Stelle e ministro del Lavoro Luigi Di Maio hanno criticato apertamente il ministro Tria. In questi giorni, però, i giornali stanno iniziando a riportare i primi segni di insofferenza. Secondo la giornalista di Repubblica Annalisa Cuzzocrea, Salvini in particolare non avrebbe gradito l’audizione di Tria nelle commissioni parlamentari, in cui il ministro ha ripetuto ancora una volta la sua intenzione di mantenere l’equilibrio di bilancio intatto.

Secondo Salvini, Tria si stava preparando a bocciare la riduzione delle tasse nella legge di stabilità che dovrà essere approvata il prossimo inverno e che entrerà in vigore dal 2019. Per il leader della Lega è importante mostrare di aver realizzato almeno una parte dei tagli alle tasse promessi in campagna elettorale, e così, secondo Cuzzocrea, avrebbe fatto pressioni sul ministro affinché garantisse una qualche forma di riduzione fiscale nella prossima manovra. Nell’intervista pubblicata oggi da Bloomberg, Tria ha ripetuto le sue assicurazioni sulla tenuta del deficit, ma ha aggiunto che nella prossima manovra ci saranno anche sgravi fiscali e una forma di reddito minimo.

Tria, che è nato a Roma e ha 69 anni, prima di diventare ministro era preside della facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata. La sua formazione economica è quella di un neokeynesiano, cioè è un economista che dà grande importanza alla domanda nella formazione della crescita economica (questa scuola di solito viene considerata la più ortodossa e di “sinistra” nelle scienze economiche).

In politica Tria è sempre stato più vicino al centrodestra. È membro del comitato scientifico della Fondazione Magna Carta, che si ispira ai principi del conservatorismo britannico, è stato collaboratore di diversi ministri durante i governi Berlusconi e in particolare di Renato Brunetta, che nel 2009 lo mise in una squadra con il giornalista Oscar Giannino per elaborare il programma di Forza Italia per le Europee del 2009. Sempre Brunetta lo scelse nel 2010 come direttore della Scuola nazionale dell’Amministrazione con sede nella Reggia di Caserta, un progetto molto caro all’allora ministro della Funzione pubblica ma poi abbandonato dai suoi successori.