La scienza del rumore delle gocce
Una notte insonne ha ispirato la ricerca di una spiegazione per uno dei rumori più temuti dagli insonni: LA MALEDETTA GOCCIA
Anurag Agarwal era da poco arrivato in Brasile per far visita a un amico. Era un periodo molto piovoso del 2016: nella sua stanza, un secchio collocato sotto una crepa del soffitto raccoglieva l’acqua che goccia dopo goccia filtrava dal tetto, battuto dalla pioggia. Disturbato dall’incessante “plic” delle gocce che cadevano nel secchio, Agarwal non riusciva a chiudere occhio e iniziò a chiedersi come facessero le gocce a produrre quel suono così particolare, e per molti insopportabile. Probabilmente in quei momenti non immaginava che, una volta tornato nel Regno Unito alla sua Università di Cambridge, sarebbe diventato uno dei più grandi esperti di gocce che cadono nell’acqua.
In realtà lo studio di questo fenomeno ha diversi precedenti. Già nel 1908 lo scienziato britannico Arthur Mason Worthington aveva perfezionato una tecnica per scattare fotografie con brevissimi tempi di esposizione, in modo da fermare l’esatto momento in cui una goccia va a sbattere contro una superficie ricoperta d’acqua creando il caratteristico “plic”. Nei decenni successivi, lo studio della produzione e della caduta delle gocce ha interessato decine di altri ricercatori, impegnati nei campi più disparati: da quelli per la produzione delle stampanti a getto d’inchiostro a sistemi per rendere più efficienti i motori, nei quali la benzina viene spruzzata e incendiata. Una certa attenzione era stata dedicata anche al suono che produce una goccia quando cade, ma nessuno aveva ancora raggiunto il livello di dettaglio raccontato da Agarwal nella sua ricerca, nata un po’ per caso in Brasile.
Nel suo studio pubblicato su Scientific Reports, Agarwal e colleghi scrivono di avere utilizzato videocamere e microfoni che consentono di registrare immagini e suoni ad alta frequenza, creando quindi video al rallentatore molto definiti e dettagliati. Quando una goccia tocca la superficie dell’acqua, si crea una piccola cavità con in mezzo una piccola colonna di liquido. L’immagine è piuttosto caratteristica ed è resa spesso nelle fotografie con tempi di esposizione molto rapidi.
I ricercatori hanno notato che sotto la colonna d’acqua si produce una piccola bolla che oscilla molto velocemente, circa 5mila volte al secondo, trasmettendo il movimento all’acqua che si trova più in profondità oltre la cavità formata dalla goccia. Il “plic” deriva da queste rapide oscillazioni nel liquido. Il fenomeno si verifica a una velocità notevole: dura solo 35 millesimi di secondo. I ricercatori dicono di essere stati i primi ad avere osservato la piccola bolla d’aria, dimostrando che è la sua formazione a produrre il suono della goccia che cade.
Una ricerca di questo tipo potrebbe apparire fine a se stessa, ma in realtà ci aiuta a comprendere meglio la dinamica di un fluido molto particolare come l’acqua. Quanto scoperto potrebbe offrire nuovi spunti per lo studio delle piogge, così come nuove prospettive per chi si occupa di acustica o più semplicemente di creare suoni e rumori per film e videogiochi.
La ricerca offre anche qualche speranza per chi si ritrova con un secchio e le gocce dal soffitto, come successo qualche anno fa a Agarwal in Brasile. Se si aggiungono all’acqua composti che ne variano la tensione superficiale, si può eliminare o attenuare sensibilmente il “plic”. Il consiglio è di spremere un po’ di sapone liquido per piatti nel contenitore che raccoglie le gocce.