Erdoğan ha vinto le elezioni in Turchia
Al primo turno col 52,5 per cento dei voti, ottenendo così un secondo mandato da presidente fino al 2023
Il presidente uscente turco Recep Tayyip Erdoğan ha vinto le elezioni presidenziali al primo turno, assicurandosi un nuovo mandato fino al 2023, e il suo partito, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), ha ottenuto anche la maggioranza al Parlamento. I risultati definitivi saranno diffusi venerdì, ma l’agenzia di stampa statale Anadolu dice che con il 99 per cento dei voti scrutinati, Erdoğan ha preso il 52,5 per cento dei voti, abbastanza per evitare il ballottaggio nel secondo turno. Il suo principale avversario, Muharrem Ince del Partito Popolare Repubblicano (CHP), si è fermato al 30,7 per cento. La vittoria di Erdoğan era meno scontata che in altre occasioni: i principali sondaggi dicevano non sarebbe riuscito a vincere le elezioni al primo turno.
Le opposizioni non hanno ancora formalmente ammesso la sconfitta, ma Erdoğan ha già fatto il suo discorso di vittoria dalla balconata della sede dell’AKP ad Ankara, in cui ha detto che «il vincitore di queste elezioni è ciascuno degli 81 milioni dei miei cittadini». Alle elezioni parlamentari l’AKP ha preso circa il 42,5 per cento, secondo i risultati parziali, mentre gli alleati del partito nazionalista di estrema destra MHP hanno preso l’11,5 per cento, garantendo la maggioranza alla coalizione, chiamata Alleanza Popolare.
Le opposizioni si presentavano divise alle elezioni presidenziali e unite alle parlamentari, ma questo non ha permesso loro di togliere la maggioranza alla coalizione di Erdoğan, che ciononostante si è assottigliata. Il CHP ha preso il 23 per cento dei voti, mentre il Partito democratico dei popoli (HDP), il partito curdo, di sinistra, ha superato la soglia di sbarramento del 10 per cento, con l’11,7 per cento dei voti. La campagna elettorale delle opposizioni era stata giudicata efficace e convincente, ed era stata in grado di radunare grandi folle ai comizi di Ince: anche per questo, l’affluenza è stata altissima, intorno all’87 per cento. Inizialmente, le opposizioni avevano contestato la vittoria di Erdoğan, sostenendo che non avesse ottenuto più del 50 per cento dei voti e chiedendo che gli osservatori ne seguissero fino alla fine il conteggio, per evitare brogli.
Le elezioni erano state inizialmente fissate per novembre 2019, ma lo scorso aprile Erdoğan aveva convocato le elezioni anticipate sostenendo che sarebbero servite a dare una più rapida ed efficace applicazione al nuovo sistema presidenziale che la Turchia ha adottato formalmente con il referendum costituzionale dell’aprile 2017, con il quale ha aumentato i propri poteri. Erdoğan governa il paese di fatto dal 2003, quando fu eletto per la prima volta primo ministro: la nuova costituzione, tra le altre cose, ha abolito la carica di primo ministro accentrando sulla presidenza tutti i poteri e il controllo sul governo.
La riforma gli permetterà poi di ricandidarsi per un terzo mandato da presidente, consentendogli in teoria di rimanere al potere fino al 2028. Tra i nuovi poteri di Erdoğan ci sarà anche quello di nominare i giudici, una serie di altri funzionari statali (tra cui parte dei membri dell’organo che disciplina giudici e magistrati e la maggioranza dei membri della Corte Costituzionale) e i vice presidenti, oltre che quello di emanare decreti con funzione di legge.
Erdoğan è allo stesso tempo il presidente più popolare e divisivo della storia turca, come dimostrò anche il risultato del referendum, approvato con il 51,4 per cento dei consensi, e che seguì il tentato colpo di stato del luglio del 2016. È opinione condivisa tra gli analisti che Erdoğan abbia sfruttato il colpo di stato per concentrare su di sé i poteri reprimendo il dissenso: nei mesi immediatamente successivi decine di migliaia di persone che lavoravano in settori diversi della pubblica amministrazione, della giustizia, dell’esercito, della polizia, dell’istruzione e dell’informazione furono arrestate o sospese dai loro incarichi, mentre sono stati limitati o censurati anche giornali indipendenti e di opposizione. Al colpo di stato seguì anche un isolamento internazionale della Turchia, che si è allontanata dall’Unione Europea e Stati Uniti per riallacciare i rapporti con il presidente russo Vladimir Putin, nonostante il problema della Siria dove Turchia e Russia combattono su fronti diversi ma dove la posizione anti-Assad della Turchia si è anche ammorbidita parecchio.