Davvero Di Maio può ottenere un miliardo di euro dal taglio delle “pensioni d’oro”?
Basta fare un paio di conti per capire che è impossibile: secondo gli esperti la cifra è più vicina ai cento milioni di euro
Sabato Luigi Di Maio ha annunciato che il governo punta a risparmiare un miliardo di euro grazie al taglio delle cosiddette “pensioni d’oro”. L’obiettivo, ha scritto Di Maio in un breve post sul blog del Movimento 5 Stelle, è mettere un tetto tra i 4 e i 5 mila euro per tutte quelle pensioni il cui importo non è sostenuto dai contributi versati. La misura punta a colpire coloro che hanno pensioni molto alte maturate con il cosiddetto metodo retributivo, che semplificando calcolava l’importo dell’assegno pensionistico sulla base dell’ultimo stipendio ricevuto e non sui contributi effettivamente versati.
Mario Seminerio, analista finanziario e uno dei principali blogger economici italiani, ha spiegato perché però l’obiettivo di ottenere un miliardo di euro di risparmi è irrealistico, e che probabilmente il governo si dovrà accontentare di una cifra molto inferiore: 100 milioni, un decimo dei risparmi annunciati da Di Maio. Seminerio ricorda che i pensionati che ricevono almeno 5 mila euro netti (circa 8 mila lordi) sono più o meno 30 mila e le loro pensioni hanno un costo annuo pari a 4 miliardi di euro. Secondo gli esperti, in media, la differenza tra l’importo di una pensione calcolata con i vecchi metodi retributivi e una con i nuovi metodi contributivi è pari al 25 per cento. Ricalcolando 4 miliardi di pensioni d’oro “retributivi” si dovrebbe produrre un risparmio del 25 per cento, cioè il miliardo di euro di cui parla di Di Maio.
Il problema è che la differenza maggiore tra sistema retribuitivo e contributivo riguarda persone che avevano stipendi bassi e che ora hanno pensioni sotto la soglia che Di Maio vuole colpire. Più si alzano gli stipendi, e quindi i contributi versati nel corso della vita lavorativa, più lo scostamento tra il sistema contributivo e quello retributivo si assottiglia. Per chi riceveva stipendi altissimi (e quindi ha versato contributi altrettanto alti) la differenza tra i due sistemi quasi scompare. Secondo gli esperti, dice Seminerio, per chi ha una pensione superiore ai 5 mila euro netti, la differenza è appena del 5 per cento. Il risparmio sui 4 miliardi spesi per le “pensioni d’oro” dovrebbe quindi essere di circa 200 milioni, il 5 per cento appunto. Ma a questa cifra andranno sottratte le minori tasse che queste persone pagheranno sulle loro pensioni che saranno tagliate. Il risparmio quindi va probabilmente ulteriormente dimezzato.
Pensate quanto è dura la vita, se siete la prima forza di un governo populista, la cui funzione (per definizione) è quella di drogare le aspettative di milioni di gonzi che vi credono e pendono dalle vostre labbra, ed al contempo vi trovate la seconda forza di coalizione, che ha una consistenza elettorale pari a metà della vostra, guidata da un personaggio in trance agonistica che ogni giorno rilancia forsennatamente sullo scibile umano, travestendosi da ministro dei trasporti, della Salute, dell’Economia, della Giustizia. Una vera vita d’inferno, signora mia.
Ecco perché bisogna essere solidali con Luigi Di Maio, il superministro di Lavoro e Sviluppo economico, che ogni giorno cerca disperatamente di lanciare nuove bombe mediatiche mentre si esibisce in bagni di folla fornendo prove del suo inossidabile gentismo. Ieri, ad esempio, il Nostro ha vergato un post strappalacrime puntando il ditino contro quelli che anche quest’anno
«[…] faranno vacanze da nababbi sullo yacht perché hanno una pensione d’oro di migliaia e migliaia di euro – in alcuni casi anche oltre 20.000 euro netti – che da anni gli paga tutta la collettività a causa delle distorsioni del vecchio metodo retributivo»
Ed ecco quindi l’annuncio della Rivoluzione:
«Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’oro che per legge avranno un tetto di 4.000 / 5.000 euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto. E cambiano le cose in meglio anche per chi prende la pensione minima, perché grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime»
Come forse saprete, il maggior problema dei pentastellati è da sempre quello di non riuscire a quadrare gli ordini di grandezza, tra tagli di spesa e riallocazione dei risparmi ottenuti. Da sempre è così: un tempo i grillini volevano salvare il bilancio dello Stato tagliando le auto blu, ad esempio. Oggi ci riprovano con le “pensioni d’oro”. Che va benissimo, per carità. A patto di sapere di che diavolo si sta parlando.
Ieri, quindi, il centro studi previdenziali Tabula, guidato da Stefano Patriarca, ha pubblicato il risultato di due conticini sulla materia. Partiamo dalla premessa che si debba riallineare la rendita pensionistica ai contributi versati. Secondo i dati Inps, i pensionati che percepiscono un netto di almeno 5.000 euro mensili (cioè 8.500 lordi) sono 30 mila, per un costo annuo di 4 miliardi. I maggiori esperti previdenziali concordano che, nel sistema retributivo, esista uno scarto medio di circa il 25% tra prestazioni e contribuzione, rivalutata secondo i criteri oggi vigenti. Forse da qui il buon Di Maio crede di portare a casa il miliardo: un quarto di 4 miliardi annui.
Se non fosse che le cose non stanno esattamente così, come segnala Tabula, visto che, al crescere della retribuzione, i rendimenti pensionistici subiscono un drastico taglio. Motivo per cui gli esperti ipotizzano che lo scostamento tra contributi e pensione, oltre quota 5.000 euro mensili netti, sia di solo il 5%. Un taglio di questa grandezza alla massa delle pensioni porterebbe risparmi annui di soli 200 milioni. Giusto? Sbagliato. Perché bisogna considerare le tasse cessanti, quelle che i “nababbi” non pagheranno più sulla parte di pensione tagliata. Diciamo metà dell’importo? Ma sì. Il risparmio si riduce quindi a cento milioni, in ipotesi di scostamento del 5% tra contributi e pensione retributiva.