Cos’hanno che non va le regole su Internet proposte dall’Unione Europea
Le nuove norme per il copyright in discussione contengono due articoli controversi e – a detta di molti – pericolosi per la libera circolazione dei contenuti online
Una nuova serie di regole sul copyright cui sta lavorando l’Unione Europea potrebbe drasticamente cambiare il modo in cui usiamo Internet e – secondo i detrattori più pessimisti – potrebbe portare a un controllo senza precedenti dei contenuti online. Il 20 giugno la Commissione giuridica (JURI) ha approvato le proposte contenute in una nuova direttiva europea per il copyright, necessarie per introdurre alcuni aggiornamenti alle norme per la tutela del diritto d’autore. Il problema è che la direttiva contiene due articoli – l’11 e il 13 – che secondo molti osservatori potrebbero avere conseguenze pericolose per la libera circolazione delle informazioni online. Il documento dovrà essere approvato dal Parlamento Europeo entro fine anno o nei primi mesi del 2019, e in questi giorni sono apparsi molti appelli agli europarlamentari da parte di giuristi, attivisti e organizzazioni per la tutela della libertà di espressione per evitare che siano mantenuti i due articoli più contestati.
L’articolo 13 dice che i contenuti caricati online nell’Unione Europea devono essere verificati preventivamente, in modo da impedire che finiscano online file con materiale protetto dal diritto d’autore. Il sistema dovrebbe funzionare più o meno come Content ID di YouTube, la funzione di riconoscimento automatico dei video, che verifica se siano stati caricati contenuti protetti da copyright e su cui non si hanno diritti, in modo da eliminarli immediatamente dal sito o mostrarli solo con pubblicità, condividendo i ricavi con gli effettivi proprietari del diritto d’autore. Content ID è un sistema estremamente raffinato e su cui YouTube ha lavorato moltissimo, ma è opinione condivisa dalla maggior parte degli esperti che sia impossibile immaginare un meccanismo simile per qualsiasi caricamento online effettuato nell’Unione Europea.
I critici segnalano inoltre che l’articolo 13 imporrebbe di fatto un controllo preventivo dei contenuti che vengono pubblicati online, creando un vero e proprio filtro contrario ai principi di apertura e libera circolazione delle informazioni su Internet. Lo stesso articolo 13 è estremamente vago e non indica le possibili soluzioni tecniche per raggiungere un obiettivo così ambizioso, né indica con precisione responsabilità e regole per applicarlo.
L’articolo 11 prevede, invece, l’istituzione di una sorta di “tassa per i link” da fare pagare alle grandi piattaforme online come Google e Facebook per poter linkare i siti di notizie. In pratica Google e gli altri dovrebbero concordare una licenza con ogni editore, pagando una cifra annuale che copra la loro attività di segnalazione e link verso gli articoli. L’idea deriva dal confronto che prosegue ormai da anni tra editori e grandi piattaforme online: i primi accusano Google e gli altri di mostrare i loro contenuti attraverso le anteprime sugli aggregatori di notizie o all’interno dei social network, e guadagnarci, senza averne il permesso e senza offrire ricompense in cambio; i secondi dicono che buona parte del traffico verso i siti di notizie deriva proprio dalla pubblicazione delle anteprime e di altri elementi degli articoli negli aggregatori (e in effetti ai giornali e siti di news che lo contestano, non viene mai in mente di sottrarsi all’indicizzazione su Google). Google in questi anni ha avviato numerose iniziative per finanziare progetti dei siti di notizie, in modo da attenuare il problema, ottenere maggiori indulgenze, ed evitare richieste più esose da parte dei giornali online.
In Spagna negli scorsi anni era stata sperimentata una “tassa per i link” come quella cui sta ora lavorando l’Unione Europea. Diversi analisti hanno osservato come il sistema avrebbe effetti negativi per i siti di notizie, in termini di traffico e di visibilità su piattaforme che a quel punto potrebbero decidere di non spendere così tanto denaro per linkare gli articoli. Non è quindi chiaro come la nuova proposta europea potrebbe cambiare le cose e portare a qualche giovamento. Né, anche in questo caso, come potrebbe essere applicata equamente.
I sostenitori delle nuove regole sostengono che aumenterebbero le tutele dei diritti di produttori di contenuti, benché questi diritti siano oggi a loro volta gestiti e fruiti soprattutto da società e organizzazioni dedicate piuttosto che dagli autori stessi.
I detrattori delle nuove regole europee sul copyright confidano che – complici le numerose pressioni e contestazioni dell’ultimo periodo – ci sia la possibilità di introdurre emendamenti per eliminare o cambiare radicalmente gli articoli 11 e 13. La maggioranza che potrebbe essere a favore della direttiva così com’è inizia a dare qualche segno di ripensamento, e la vicinanza delle elezioni europee della prossima primavera potrebbe indurre diversi europarlamentari a rivedere la propria posizione e a fare una scelta meno impopolare.