Il principio dell’uguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione, spiegato
Cioè quello contenuto in uno dei più importanti e noti articoli della Costituzione italiana, argomento di una delle tracce della prima prova della maturità
La traccia del tema di ordine generale nella prima prova della maturità, che è iniziata oggi per mezzo milioni di studenti, faceva riferimento al principio dell’uguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione. Il principio è contenuto nell’articolo 3 della Costituzione, uno dei più importanti e noti, che dice:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’articolo si ispira evidentemente ai valori illuministi, e si rifà a un concetto introdotto per la prima volta nelle costituzioni ottocentesche. Si divide in due parti, che definiscono due diversi concetti: quello di uguaglianza formale e quello di uguaglianza sostanziale.
Il primo – uguaglianza formale – sancisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, specificando chiaramente le caratteristiche che erano e sono tuttora alla base della maggior parte delle discriminazioni (e che non sono comunque esaustive, concordano i costituzionalisti). L’interpretazione costituzionale, però, è concorde nel ritenere che l’articolo non escluda la possibilità di discipline differenziate della legge: si pensi agli stessi articoli della Costituzione che proteggono le minoranze linguistiche. In questo senso, però, i trattamenti differenziati sono permessi solo quando servono a evitare situazioni penalizzanti per certe categorie di cittadini. Si possono insomma applicare trattamenti differenziati quando sarebbe la loro non applicazione a determinare delle discriminazioni.
Il passaggio riguardo alla dignità sociale, spiega la Treccani, stabilisce invece che non possono esserci distinzioni che abbiano una rilevanza sociale se non quelle basate sulla capacità e sul merito dell’individuo.
Il secondo comma riguarda l’uguaglianza sostanziale: prevede cioè che lo Stato si impegni attivamente dal punto di vista politico, economico e sociale per eliminare queste discriminazioni. Quindi, oltre che dal punto di vista del diritto, l’articolo 3 sancisce l’uguaglianza di fatto dei cittadini: e affida allo Stato il compito di crearne le condizioni. La seconda parte dell’articolo parla di «pieno sviluppo della persona umana», che ricorda un po’ la famosa formula della «ricerca della felicità» contenuta nella Dichiarazione d’indipendenza americana, che prescrive l’obbligo per lo Stato di impegnarsi perché tutti i suoi cittadini abbiano la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni.