In Tanzania le ragazze madri devono lasciare la scuola, per punizione
Non è l'unico paese africano in cui succede, ma il presidente John Magufuli ha peggiorato ancora la situazione
In Africa c’è il più alto tasso di gravidanze adolescenziali al mondo, e in molti paesi alle ragazze incinte viene proibito di proseguire gli studi. È il caso della Tanzania, un paese dell’Africa orientale in cui circa il 60 per cento della popolazione è cristiano e il 35 per cento musulmano. Un anno fa il presidente John Magufuli, eletto nel 2015, ha ribadito che le ragazze incinte devono lasciare gli studi, dicendo che finché sarà il capo dello stato nessuna ragazza madre sarà autorizzata a tornare a scuola.
In Tanzania le regole che limitano il diritto all’istruzione per le adolescenti incinte e le ragazze madri risalgono al 1961, anno in cui il paese divenne indipendente dal Regno Unito. Una legge dell’epoca dice in modo vago che gli studenti possono essere espulsi per «un’offesa alla morale» – una gravidanza è tradizionalmente interpretata come tale – e un aggiornamento del 2002 prevede che le ragazze madri non possano tornare a scuola anche dopo aver partorito.
Queste regole hanno conseguenze pesanti sulla vita di moltissime ragazze. Secondo il Tanzania Bureau of Statistics tra il 2015 e il 2016 il 27 per cento delle ragazze con età compresa tra i 15 e i 19 anni erano incinte o madri. Nel 2010 erano il 23 per cento. Secondo l’ong internazionale Center for Reproductive Rights, tra il 2003 e il 2011 più di 55mila ragazze in Tanzania sono state espulse da scuola perché incinte. Un articolo dell’Economist spiega che probabilmente è un numero più basso di quello vero, perché molti casi vengono registrati come semplici abbandoni degli studi.
Il presidente Magufuli è noto per le sue idee arcaiche, repressive e illiberali, ma prima che riconfermasse le limitazioni all’istruzione delle ragazze madri, sembrava che le cose si stessero mettendo meglio per le ragazze tanzaniane: nel 2017 il ministero dell’istruzione aveva presentato una bozza di linee guida per far tornare a scuola le ragazze rimaste incinte. La linea ufficiale del partito di governo, il Chama Cha Mapinduzi, che è al potere fin dall’indipendenza, era che le ragazze che ancora non avevano completato il percorso di istruzione primaria dovessero finirlo. Inoltre, nonostante le regole sulle espulsioni fossero rispettate, molte scuole riammettevano le ragazze dopo il parto; ora invece nessuna si arrischia a farlo e le studentesse vengono anche controllate periodicamente con test di gravidanza obbligatori.
Dopo le nuove dichiarazioni di Magufuli – approvate anche dall’arcivescovo cattolico Damian Dallu, secondo cui permettere alle ragazze incinte di studiare «non fa parte della cultura africana» – le cose sono cambiate e peggiorate anche in altri modi. La deputata dell’opposizione Halima Mdee, che aveva criticato Magufuli dicendogli che le regole sulle espulsioni delle ragazze incinte dalle scuole violavano la Costituzione della Tanzania e alcuni trattati internazionali, è stata arrestata con l’accusa di aver insultato il presidente e ora è sotto processo.
Anche alcune organizzazioni non governative hanno criticato Magufuli, facendo notare che peraltro parte delle gravidanze tra le adolescenti sono dovute a stupri (secondo dati governativi, l’11 per cento delle ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno subìto una forma di violenza sessuale). La conseguenza: il ministro dell’Interno, Mwigulu Nchemba, ha minacciato di toglierle dal registro ufficiale delle ong del paese e di licenziare i presidi che non avessero rispettato la legge sulle espulsioni. A ottobre molte ong tanzaniane che si occupano di difesa dell’infanzia e dell’istruzione si sono rifiutate di commentare la questione con il Financial Times per paura di ripercussioni.
A gennaio, poi, cinque ragazze incinte di età comprese tra i 16 e i 19 anni sono state arrestate e tenute temporaneamente in stato di fermo perché rivelassero i nomi degli uomini con cui avevano avuto rapporti sessuali e «dare una lezione» alle loro compagne, come ha detto un funzionario locale. Tutto questo dopo l’espulsione da scuola.
L’unico modo che le ragazze madri tanzaniane hanno per proseguire la propria istruzione è iscriversi a una scuola privata o seguire un corso di formazione professionale: l’unico passo indietro è stato prevedere questa possibilità, che però è accessibile solo in alcune zone del paese e troppo onerosa per molte famiglie. A oggi molte ragazze costrette a lasciare la scuola devono poi sposarsi; alcune cercano di interrompere la gravidanza ma illegalmente e con gravi rischi, visto che in Tanzania non si può abortire. Alcune ragazze vengono rifiutate dalle proprie famiglie dopo essere rimaste incinte e si ritrovano costrette a prostituirsi pur di sopravvivere.
Finora le misure repressive non hanno avuto effetti positivi nel limitare il numero di gravidanze tra le adolescenti: in Tanzania la percentuale relativa è più alta che in Kenya, uno dei paesi confinanti, dove dopo aver partorito le ragazze madri possono continuare a studiare. Anche altri paesi africani hanno regole simili su gravidanze e scuole: in Sierra Leone e nella Guinea Equatoriale funziona come in Tanzania; in Malawi le ragazze vengono sospese per un anno; anche in Senegal sono sospese, ma possono tornare a scuola dopo aver mostrato un certificato medico che certifichi la loro salute. In altri paesi a decidere sono le singole scuole, mentre in Ruanda e in Gabon le ragazze sono incoraggiate a studiare anche quando diventano madri.
Secondo gli esperti, il governo tanzaniano dovrebbe cercare di ridurre il tasso di gravidanze tra le adolescenti con altre diverse iniziative. Molto spesso le ragazze restano incinte perché non hanno ricevuto nessuna forma di educazione sessuale: anche solo parlare di sesso è considerato sbagliato. Alcune di loro offrono rapporti sessuali in cambio di passaggi per andare a scuola – le scuole spesso distano chilometri e l’unico modo per raggiungerle non camminando è prendere un boda boda, cioè una motocicletta-taxi – o beni necessari che per cui i loro genitori non hanno soldi. Altre ragazze hanno raccontato di aver avuto dei rapporti sessuali con i propri insegnanti in cambio di buoni voti.