Come produrre carburante contro il riscaldamento globale, partendo dall’aria
È l’ambizioso progetto di Carbon Engineering, che sta sperimentando un sistema per sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera
Le emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre, dovute largamente alle attività umane, sono la principale causa del riscaldamento globale. Per questo motivo i trattati internazionali a difesa dell’ambiente – come l’Accordo di Parigi del 2015, sottoscritto da tutti i paesi del mondo tranne dagli Stati Uniti – impegnano i paesi sottoscrittori a ridurre sensibilmente le loro emissioni e al tempo stesso a trovare soluzioni per sottrarre la CO2 già presente nell’atmosfera, in modo da rallentare il riscaldamento del pianeta, ormai in corso e inevitabile. Il problema è che finora non sono stati trovati sistemi efficaci ed economicamente sostenibili per farlo. Ora un’azienda canadese dice di avere una soluzione che se applicata su larga scala potrebbe cambiare sensibilmente le cose, portando inoltre alla produzione di carburante ottenuto dall’anidride carbonica sottratta dall’aria combinata con idrogeno, estratto con fonti rinnovabili. Il sistema sembra promettente e potrebbe portare alla produzione di un combustibile ad alta resa, partendo dalle rinnovabili.
In uno studio da poco pubblicato su Joule – rivista scientifica pubblicata dallo stesso editore della più nota Cell per le scoperte nel campo della biologia – l’esperto di clima David Keith dell’Università di Harvard (Stati Uniti) spiega insieme ai suoi colleghi i progressi raggiunti in questi anni da Carbon Engineering, l’azienda che ha contribuito a fondare e che è specializzata proprio nei sistemi per sottrarre CO2 dall’atmosfera e convertirla. La società esiste da nove anni circa e conta tra i suoi investitori personaggi noti e danarosi, come l’ex CEO di Microsoft, Bill Gates, impegnato con le sue fondazioni in opere benefiche e filantropiche.
In questi anni, Carbon Engineering ha perfezionato un sistema per raccogliere la CO2 presente nell’aria, riducendone quindi la sua quantità nell’atmosfera: è chimicamente semplice ma è un po’ intricato da spiegare a parole (i super esperti tollerino qualche licenza). L’aria viene risucchiata da alcune enormi ventole e convogliata verso un contattore, una struttura a nido d’ape dove l’anidride carbonica (acida) presente nell’aria viene fatta reagire con una soluzione acquosa di idrossido di potassio. Il processo porta alla formazione di carbonato di potassio, che viene filtrato e messo in contatto con un impasto di idrossido di calcio. La reazione porta alla produzione di idrossido di potassio, che viene nuovamente convogliato nel contattore, e carbonato di calcio sotto forma di piccole palline (pellet). Quest’ultimo ha “intrappolata” al suo interno l’anidride carbonica.
Portando i pellet di carbonato di calcio a 900 °C si ottiene nuovamente anidride carbonica, ma questa volta “pura” cioè a una concentrazione del 100 per cento. Il processo porta anche alla formazione di ossido di calcio, che viene disciolto in acqua per ottenere nuovo idrossido di calcio da riusare nei passaggi precedenti del ciclo. Il processo di riscaldamento a 900 °C viene ottenuto attraverso fonti rinnovabili, oppure utilizzando combustibili fossili, imprigionando la CO2 prodotta in modo da recuperarla senza emetterla in atmosfera.
La CO2 pura estratta dai pellet viene invece combinata con idrogeno ottenuto dall’acqua (con un processo di elettrolisi da fonti rinnovabili, come l’idroelettrico) per ottenere un carburante che può essere usato nei motori, dice l’azienda. L’idea di Carbon Engineering è usare questa soluzione per offrire un’alternativa “sintetica” ai combustibili fossili, soprattutto per i veicoli che difficilmente potranno utilizzare l’energia elettrica per muoversi come aeroplani e grandi imbarcazioni. Una soluzione di questo tipo non porta tecnicamente a una sottrazione e riduzione di CO2 nell’atmosfera, perché naturalmente l’uso del carburante di Carbon Engineering causa la produzione di nuova anidride carbonica, ma essendo questa ottenuta da altre anidride carbonica e con processi che usano fonti rinnovabili, non si immette nuova CO2 in atmosfera.
Il sistema descritto da Keith e colleghi è noto da tempo, ma Carbon Engineering è la prima azienda ad averlo applicato su uno stabilimento di grandi dimensioni, che dà l’idea dei costi e delle sfide tecnologiche da affrontare: i risultati per ora sono incoraggianti. Impianti di questo tipo non hanno bisogno di costruire da zero dispositivi e strumentazioni, ma possono riciclare e convertire tecnologie già esistenti e impiegate in altri ambiti industriali. Lo stabilimento prototipo di Carbon Engineering nella British Columbia è stato costruito quasi interamente con materiali già esistenti e sul mercato, cosa che ha influito positivamente sui costi, come certificato da un ente esterno all’azienda.
Tenuto conto dei costi di gestione e di capitale, lo studio dice che il sistema di Carbon Engineering potrebbe sottrarre una tonnellata di CO2 al prezzo di 94-232 dollari. La stima è ben distante dai 600 dollari calcolati da altre analisi alcuni anni fa, sulla base delle soluzioni disponibili all’epoca. Inoltre, nel caso in cui fosse più vicino ai 94 dollari, si rimarrebbe entro la soglia dei 100 dollari ritenuta il limite massimo da molti economisti per incentivare un progresso significativo nella riduzione della produzione di anidride carbonica, come richiesto dall’Accordo di Parigi. I costi potrebbero comunque essere ancora più bassi se gli stabilimenti si finanziassero in parte con la vendita del carburante ottenuto nel processo.
La ricerca pubblicata su Joule è stata accolta con grande interesse dagli esperti del settore energetico, ma anche dagli studiosi dei cambiamenti climatici. Carbon Engineering è ancora al lavoro per migliorare e ottimizzare il suo sistema, anche se per ora sembra essere economicamente sostenibile solo nel caso in cui offra un bilancio neutro nelle emissioni e non negativo. Le opportunità per chi sta studiando sistemi per sottrarre CO2 dall’atmosfera e basta, conservandola per esempio nei pellet, sono comunque molte e sono strettamente legate alle scelte di politica energetica di molti paesi. Anche se alcuni governi iniziano a pensare all’emissione di sussidi per rimuovere la CO2, le proiezioni sui costi continuano a essere scoraggianti. Si stima che per rimuovere tra gli 8 e i 10 miliardi di tonnellate di anidride carbonica – come indicato dai modelli e dalle simulazioni per rallentare il riscaldamento globale – sarebbe necessaria una spesa di svariate migliaia di miliardi di dollari.