Le api comprendono il concetto di zero?
Un gruppo di ricercatori dice di avere dimostrato la capacità di questi insetti di comprendere una cosa che noi stessi fatichiamo a padroneggiare
Le api comprendono il concetto di zero, una capacità in comune con pochissime altre specie animali, almeno secondo una nuova ricerca che ha incuriosito e sta facendo discutere molti scienziati. Finora si riteneva che questa abilità fosse riservata a un ristretto gruppo di animali – come alcuni primati – oltre al genere umano. La stessa idea di zero è relativamente recente nella nostra storia: i primi a formalizzarne l’esistenza nell’ambito di un sistema di numerazione posizionale furono gli indiani intorno al 450 dopo Cristo, ma in Europa il concetto iniziò ad affermarsi molto più tardi, nel 1200 grazie al lavoro del matematico italiano Leonardo Fibonacci su testi arabi, che a loro volta avevano tratto l’idea dagli indiani. Lo zero ci ha permesso di sviluppare il calcolo algebrico e le sue proprietà sono ancora oggi alla base di numerose dispute tra matematici, che naturalmente vanno ben oltre le capacità delle api dimostrate dalla nuova ricerca.
Lo studio pubblicato su Science è stato coordinato da Scarlett R. Howard dell’Università di Melbourne (Australia), in collaborazione con ricercatori dell’Università Monash (Australia) e di quella di Tolosa (Francia). Il laboratorio di Howard analizza da tempo le capacità cognitive delle api e negli scorsi anni ha dimostrato la capacità di questi insetti di imparare a svolgere compiti complessi, nonostante abbiano appena un milione di neuroni nel loro cervello, contro i circa 86 miliardi che si stima siano presenti negli esseri umani. Sapendo che possono contare almeno fino a quattro, come sistema per orientarsi e distinguere i percorsi, i ricercatori si sono chiesti se le api fossero anche in grado di comprendere il concetto di zero, quindi dell’assenza di qualcosa.
La ricerca è partita dall’ipotesi di insegnare alle api i concetti: “più di” e “meno di”, in modo da verificare se fossero in grado di comprendere che zero implica sempre qualcosa in meno rispetto agli altri numeri positivi. Su una parete hanno affisso pannelli bianchi contenenti diverse quantità di forme disegnate in nero, poi hanno diviso le api in due gruppi da dieci. Un gruppo è stato reso familiare con il concetto “meno di”, mentre l’altro con “più di”. Per farlo i ricercatori hanno usato un semplice sistema di ricompensa: le api ricevevano una sostanza zuccherina dopo avere raggiunto il pannello con più o meno figure a seconda del gruppo cui appartenevano; dopo un po’ di tempo, gli insetti hanno imparato a dirigersi sempre verso il pannello che garantiva loro la ricompensa (se sbagliavano ricevevano come ricompensa una sostanza molto amara).
I ricercatori hanno poi sostituito un pannello con le figure, appendendone uno completamente bianco. Dopo un po’ di prove, le api del gruppo “meno di” hanno raggiunto il pannello vuoto, mentre quelle “più di” hanno continuato a preferire il pannello con le figure. Le api hanno mostrato una maggiore abilità nel riconoscere il concetto di zero quando l’alternativa era un pannello con molte forme (quattro o cinque) rispetto a uno con poche. Il risultato è interessante perché qualcosa di analogo avviene in test simili realizzati con i bambini non ancora scolarizzati.
Anche se può sembrarci banale e piuttosto intuitivo, fare proprio il concetto di zero non è semplice e richiede una certa capacità di astrazione. Distinguere un pannello con meno forme rispetto a un altro è relativamente facile, comprendere che un pannello vuoto indichi l’assenza di forme è cosa ben più complicata. Anche per questo motivo le conclusioni della ricerca di Howard e colleghi non convince tutti, con molti ricercatori che mantengono il loro scetticismo. Per esempio, non si può escludere che le api del gruppo “meno di” abbiano semplicemente preferito il pannello senza forme perché nella loro esperienza offriva il maggior numero di ricompense. Avrebbero quindi semplicemente sfruttato il sistema per avere il miglior risultato possibile, senza in realtà comprendere il concetto di zero. Altre critiche riguardano il fatto che i test siano stati eseguiti con un numero ristretto di api e variabili.
Nonostante lo scetticismo intorno al loro studio, Howard e colleghi sembrano essere piuttosto ottimisti sui risultati raggiunti e la possibilità di dimostrare nuove capacità cognitive delle api in futuro. La ricerca potrebbe aiutare a comprendere meglio come si sviluppano queste capacità anche in esseri viventi con sistemi nervosi molto più complessi. Uno degli obiettivi è capire il funzionamento di questi processi nel cervello, in modo da poterli riprodurre in altri contesti, per esempio per migliorare i sistemi di intelligenza artificiale.