“Jurassic Park” ha lasciato un segno
Uscì 25 anni fa e contribuì a cambiare il cinema, la paleontologia e la nostra idea di "dinosauro"
Il 9 giugno 1993, dopo l’anteprima mondiale di Jurassic Park, il New York Times scrisse: «L’opinione prevalente è che stia tra il sufficiente e il buono. Praticamente ogni critico ha elogiato gli effetti speciali. Ma la storia e i personaggi sono stati chiaramente sacrificati a scapito di quegli effetti, della sorda colonna sonora di John Williams e dei momenti da spavento». Jay Scott, critico del Globe and Mail, scrisse: «È passabile divertimento per ragazzini. Ci sono un paio di scene che fanno venire i brividi e due o tre cose che emozionano. Ma non c’è poesia, c’è pochissima estasi, nessun rilevante sottotesto. Non c’è l’arte. Quando finisce il film, sparisce. Estinto». Non è stato così.
Jurassic Park, diretto da Steven Spielberg, fu proiettato in Nordamerica su oltre tremila schermi, il 17 settembre arrivò in Italia e in pochi mesi divenne il film con i più alti incassi della storia del cinema (anche se qualche anno dopo fu superato da Titanic). Per produrlo si spesero tra i 60 e i 70 milioni di dollari e la promozione ne costò altri 60; in giro per il mondo il film incassò circa un miliardo, ed è praticamente impossibile calcolare i guadagni derivati da VHS, successivi proiezioni nei cinema, DVD, giocattoli, magliette, figurine e successivi film, videogiochi e prodotti di ogni tipo. Jurassic Park, uscito nei cinema 25 anni fa, è evidentemente rimasto e ha a suo modo segnato il cinema, la paleontologia e l’immagine che ci viene in mente quando qualcuno dice “dinosauro”.
Prima di diventare un film di Spielberg, Jurassic Park fu l’idea per un libro di Michael Crichton, romanziere e regista morto nel 2008, che nel 1973 aveva diretto il film Westworld. A fine anni Ottanta Crichton lavorò per un po’ a una sceneggiatura su uno studente universitario che riesce a ricreare un dinosauro. Pensò poi di ampliare un pochino la storia e, partendo dal concetto di un parco a tema pieno di dinosauri, trasformò l’idea per la sceneggiatura in un libro.
Nel 1989, prima ancora di averlo finito, ne parlò con Spielberg mentre i due stavano discutendo del progetto di E.R. – Medici in prima linea: Crichton aveva scritto una sceneggiatura mentre faceva lo studente/praticante di medicina e Spielberg era interessato a farne un film. Dopo aver sentito parlare di Jurassic Park, Spielberg decise che avrebbe aiutato Crichton a far diventare E.R. – Medici in prima linea una serie tv e che lui avrebbe diretto il film tratto dal romanzo sui dinosauri, non ancora pubblicato. Crichton ci guadagnò un milione e mezzo di dollari per i diritti su un libro che ancora non aveva finito e altri 500mila per trasformare il libro in una sceneggiatura. La produzione del film durò anni e iniziò ancora prima dell’uscita del libro, alla fine del 1990.
Il libro di Crichton era lungo alcune centinaia di pagine; lui spiegò che nel film finì tra il 10 e il 20 per cento del contenuto originale. A chi gli fece notare che il libro parlava quasi solo di dinosauri vissuti nel Cretaceo ma il titolo fa riferimento al Giurassico (un periodo antecedente), disse solo che Jurassic suonava meglio. Crichton disse anche che il suo personale punto di vista sulla scienza e l’ingegneria genetica era in gran parte espresso dal personaggio di Ian Malcolm, il matematico esperto di teorie del caos.
La pre-produzione di Jurassic Park durò 25 mesi. Le riprese vere e proprio iniziarono nell’agosto a finirono nel novembre 1992, soprattutto a Kauai, alle Hawaii. Il ruolo del paleontologo fu offerto a Harrison Ford, che però era già stato un archeologo piuttosto noto e disse che quel ruolo non faceva per lui (e dopo aver visto il film disse di aver fatto la scelta giusta). Spielberg era invece convintissimo del fatto che John Hammond, il ricco fondatore del parco che non bada a spese e ci tiene a ricordarlo spesso, dovesse essere interpretato da Richard Attenborough, che però all’epoca faceva solo il regista e non recitava dagli anni Settanta. Spielberg lo convinse a tornare a recitare e posticipò di alcuni mesi le riprese di Jurassic Park per aspettare che Attenborough finisse di girare il suo film su Charlie Chaplin.
Ariana Richards – che nel film è Lex, la nipote vegetariana di Hammond – ha raccontato che durante il provino le fu solo chiesto di urlare più forte che poteva, e fu presa perché fu l’unica bambina a svegliare la moglie di Spielberg che stava dormendo alcune stanze più in là. Oggi ha 38 anni. Joseph Mazzello, che nel film è il suo fratellino Tim, ora ne ha 34 e sarà il bassista John Deacon nel prossimo film sui Queen.
Spielberg ha sempre parlato molto bene di Jurassic Park e della sua lavorazione, tranne che per la parte finale di post-produzione. Subito dopo le riprese infatti dovette andare in Polonia per iniziare a girare Schindler’s List, che la casa di produzione gli lasciò fare solo a patto che facesse prima Jurassic Park. Ha raccontato che per diverse settimane, diverse sere a settimana, finite le riprese di un film sull’Olocausto tornava a casa e, via satellite, doveva occuparsi della post-produzione di un film sui dinosauri, e che la cosa fu davvero frustrante.
Mentre Crichton si rivedeva in Malcolm, Spielberg ha raccontato che il personaggio con cui si identificava di più era Hammond, che nel libro è molto meno Babbo Natale e molto più uomo d’affari senza scrupoli. Ci fu anche un momento in cui Spielberg pensò addirittura di togliere il personaggio di Malcolm (interpretato da Jeff Goldblum) mischiandolo con quello del paleontologo Alan Grant. Scelse però di lasciarlo, perché serviva a controbilanciare l’ottimismo di molti altri e perché il suo personaggio è uno di quelli con il maggior numero di frasi a effetto. La scena in cui Malcolm suggerisce di andare più veloce, dato che un T-Rex che sta per mangiarlo, piacque molto a Roland Emmerich, che la rimise praticamente uguale in Independence Day, in cui Goldblum è David Levinson e quello che si sente dire “must go faster” è il capitano Steve Hiller.
Jurassic Park dura 127 minuti: le scene con dinosauri durano 15 minuti. I Velociraptor arrivano dopo più di 100 minuti e Spielberg ha sempre detto che il vero protagonista per lui è il T-Rex. Molti critici hanno descritto il film anche come una metafora del cinema: per farla breve, i dinosauri sono gli effetti speciali e quindi il cinema del futuro.
Per circa due terzi del tempo, i dinosauri che si vedono nel film sono animatronics, cioè pupazzi-robot; per il resto del tempo sono fatti al computer sfruttando la CGI, la computer–generated imagery. Molti esperti di cinema hanno riconosciuto a Spielberg il merito di aver saputo usare molto prima di altri una tecnologia nuova, e di averlo fatto molto meglio. Lo storico del cinema Tom Shone ha scritto: «A suo modo, Jurassic Park ha dato il via a una rivoluzione che per il cinema è stata tanto importante quanto quella dell’arrivo del sonoro nel 1927». In Jurassic Park gli effetti speciali sono quelli che servono, non di più: e ci sono solo quando sarebbe stato impossibile non usarli.
Come ha scritto No Film School, «ancora oggi ci rendiamo conto se stiamo vedendo qualcosa fatto in CGI. La bellezza di Jurassic Park è che Spielberg ne capì i limiti e la alternò a cose vere», in modo che sia effettivamente difficile capire se certe cose sono pupazzi o CGI.
C’è anche un motivo molto più pratico per cui i dinosauri affascinano o spaventano: è la “faccia Spielberg“. L’espressione con cui i personaggi di molti suoi film osservano qualcosa con occhi sbarrati, bocca aperta e sguardo stupefatto, in genere ancora prima che lo spettatore veda quel qualcosa. In Jurassic Park succede spesso con Tim o Alan Grant; ma la miglior rassegna di “facce Spielberg” del film arriva quando si vedono i primi dinosauri.
Tutte queste cose funzionano ancora meglio se alternate a tanti essenziali primi piani:
A proposito di dinosauri. Scriverli, per Crichton, fu piuttosto facile; Spielberg invece doveva farli vedere e farli sentire. Si fece aiutare dal paleontologo Jack Horner e gli altri paleontologi accolsero in genere molto bene il film che, seppur con le necessarie semplificazioni, era in generale attendibile. Tra l’altro, anni dopo il film la teoria di Grant sui Velociraptor che divennero in seguito uccelli fu sempre più confermata. Negli ultimi anni abbiamo scoperto anche che molti dinosauri avevano probabilmente le piume, che il T-Rex era una specie di grosso pollo e che quel bambino sbruffone che in Jurassic Park paragona i Velociraptor ai tacchini un po’ ci aveva preso.
Potrebbero portare delusioni le parole di Gary Rydstrom, tecnico del suono di Jurassic Park, che spiegò a Vulture quali suoni di quali animali usò per ricreare quelli dei dinosauri del film. Il T-Rex è fatto con un misto di suoni fatti da cani, pinguini, tigri, coccodrilli ed elefanti; i suoni dei Velociraptor sono soprattutto tartarughe durante l’accoppiamento.
È arrivato infine il momento di parlare dell’inevitabile questione che si pone ogni volta che si parla di Jurassic Park. Quella cosa con l’ambra, la zanzara e il sangue di dinosauro si può fare? No. I genetisti Darren Griffin e Rebecca O’Connor, che hanno da poco pubblicato su Nature una ricerca sul genoma dei dinosauri, hanno spiegato perché su The Conversation. I motivi sono tre.
Primo: non si può trovare DNA di dinosauro intatto. Sono state trovate zanzare di quel periodo, ma l’eventuale DNA che contenevano si è deteriorato. Si è riuscito a isolare DNA di uomini di Neanderthal e mammut, ma di nessuna specie vissuta più di un milione di anni fa, e per i dinosauri bisogna andare indietro di altri 65 milioni di anni.
Secondo: anche ipotizzando di trovare DNA di dinosauro, sarebbe «spaccato in milioni di piccoli pezzettini e non avremmo idea di come rimetterli insieme. Sarebbe come fare un difficilissimo puzzle senza sapere l’immagine di partenza e senza sapere se ci sono pezzi mancanti». E no, sostituire i pezzi mancanti col DNA di una rana funziona solo in Jurassic Park.
Terzo: «L’idea che basti un po’ di DNA e poi puoi subito rifarti tutto l’animale è fantascienza. Il DNA è il punto di partenza, ma lo sviluppo dentro l’uovo è una incasinata danza di geni che si spengono e si accendono al momento giusto». Servirebbe trovare un uovo di dinosauro per svelare «la complessa chimica al suo interno». Griffin e O’Connor hanno scritto: «Non puoi mettere DNA di pollo in un uovo di struzzo e sperare che esca un pollo (c’è chi ci ha provato). Sarebbe lo stesso con un Velociraptor».
Diversi articoli su Jurassic Park raccontano però che il film ebbe il merito di far parlare di dinosauri e di convincere diversi ragazzi o bambini che lo videro ad appassionarsi di paleontologia. Come ha detto al Guardian il paleontologo Steve Brusatte, «molti miei colleghi ti diranno che fanno quello che fanno grazie a Jurassic Park, e molti musei e università hanno iniziato a assumere paleontologi proprio dopo il film». Brusatte ha 34 anni; ne aveva nove 25 anni fa, quando uscì Jurassic Park.