A chi conviene la “flat tax”?
Le prime simulazioni mostrano che favorirà soprattutto chi dichiara di guadagnare più di 30 mila euro lordi l'anno
Questa settimana si è parlato molto delle parole usate dal ministro dell’Interno Matteo Salvini a proposito della cosiddetta “flat tax”, l’imposta sul reddito che dovrebbe sostituire l’attuale IRPEF. In particolare si è discusso della replica che Salvini ha dato durante la trasmissione Radio anch’io al giornalista Giorgio Zanchini, che gli aveva chiesto della mancanza di equità della sua proposta. «Ragazzi», ha risposto Salvini, «se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più», una frase che molti giornali hanno erroneamente riassunto come «chi guadagna di più è chiaro che paga meno tasse». Anche se Salvini non ha mai pronunciato queste parole, preferendo una formula più vaga, non c’è dubbio che la proposta del governo – se sarà realizzata come è stata descritta – finirà per favorire molto più chi guadagna di più.
Prima di cominciare, un bignamino: IRPEF è un acronimo che sta per Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. È un’imposta che lo Stato esige da chiunque percepisca un reddito in quanto lavoratore dipendente o autonomo, oppure da imprese, da terreni o fabbricati, da capitali; ed è progressiva, come prevede la Costituzione, cioè chi guadagna di più paga di più.
Per applicare l’IRPEF oggi si prende come base lo stipendio mensile lordo (al netto delle ritenute) e si moltiplica per le mensilità percepite. Si arriva così al reddito lordo annuo e sulla base della cifra totale oggi si stabilisce quale aliquota applicare: fino a 8.000 euro non si paga niente, fino a 15.000 si paga il 23 per cento (ma solo per la parte eccedente gli 8.000), fino ai 28.000 si paga il 27 per cento (ma solo per la parte eccedente i 15.000), fino ai 55.000 si paga il 38 per cento (ma solo per la parte eccedente i 28.000), fino ai 75.000 si paga il 41 per cento (ma solo per la parte eccedente i 55.000), oltre i 75.000 si paga il 43 per cento (ma solo per la parte eccedente appunto i 75.000).
Proprio in questi giorni stanno cominciando a circolare le prime bozze della nuova imposta, per come l’ha promessa il nuovo governo, con maggiori dettagli rispetto alle poche righe che le erano dedicate nel “contratto” tra M5S e Lega. Per prima cosa bisogna specificare che più che di “flat tax” è meglio parlare di “dual tax”, cioè un’imposta sul reddito con due aliquote (una al 15 per cento e l’altra, per i redditi sopra 80 mila euro, al 20 per cento) al posto delle cinque attuali. Una “flat tax”, invece, per definizione dovrebbe avere un’aliquota soltanto.
Per quanto riguarda i suoi effetti su quanto esattamente verseremo al fisco se dovesse venire approvata, la simulazione più completa fino a questo momento l’ha fatta il Sole 24 Ore ed è riassunta in questa infografica.
Risparmi per tutti! Il confronto tra la tassazione Irpef attuale e la futura Dual Tax (#FlatTax "rivisitata") con aliquote al 15 e 20% per tre nuclei familiari tipo. L'elaborazione di @giannitrovati e @m_mobili sul @sole24ore del Lunedì https://t.co/0w6CrxqgYC pic.twitter.com/wDSEbQzDCp
— Adriano Attus (@adrianoattus) June 4, 2018
Chi al momento paga le tasse sul reddito con le due aliquote più alte (cioè 41 e 43 per cento, destinate ai redditi oltre i 55 mila euro l’anno) vedrà le proprie tasse sul reddito più che dimezzate. Man mano che si scende da chi guadagna di più a chi guadagna di meno, i risparmi diminuiscono fino quasi a scomparire. Il calcolo esatto però è reso più complesso da una serie di detrazioni pensate per non rendere svantaggiosa la riforma per chi guadagna meno. La tabella del Sole 24 Ore è divisa in tre parti proprio per tener conto di questo fattore: nella prima parte si vede quanto pagherebbe in tasse un lavoratore single, nel secondo una famiglia con un solo percettore di reddito, nel secondo una famiglia con due percettori di reddito (in entrambi i casi si ipotizza che la famiglia abbia un solo figlio).
Fino a guadagni per circa 30 mila euro di reddito, i risparmi introdotti dalla “dual tax” sono molto bassi o inesistenti: sotto il 5 per cento di quanto si paga ora di IRPEF e zero nel caso di famiglia con due redditi. Per arrivare a risparmi maggiori bisogna salire fino a oltre ai 30 mila euro nel caso di single e sopra gli 80 mila nel caso di famiglie con due redditi. Stando ai dati ufficiali, non saranno tantissimi i contribuenti a ricadere in questa fascia. Metà degli italiani, infatti, dichiara di guadagnare meno di 16 mila euro l’anno: dall’attuale sistema non otterrà nessun vantaggio o quasi. I risparmi più significativi riguarderanno individui e famiglie che dichiarano di guadagnare più di 30 mila euro lordi l’anno, che significa approssimativamente il 20 per cento più “ricco” della popolazione (qui trovate i guadagni degli italiani divisi in 20 fasce di reddito).
Secondo il Sole 24 Ore :
In rapporto ai guadagni dichiarati, i risparmi promessi dalla Dual tax si fanno più rilevanti nella fascia fra i 60mila e gli 80mila euro, si riducono un po’ intorno ai 100mila euro e risalgono sopra, dove però i contribuenti interessati diventano rari. Scendendo nella piramide dei redditi, invece, anche i benefici si riducono, fino ad azzerarsi per le fasce più basse dove dovrebbe scattare la clausola di salvaguardia che mantiene l’attuale sistema di aliquote e detrazioni quando è più conveniente della proposta giallo-verde. Un’incognita non da poco, quest’ultima, sull’obiettivo della semplificazione, perché per un’ampia fascia di contribuenti imporrebbe di mettere a confronto due sistemi fiscali diversi per individuare il più conveniente.
C’è però una ulteriore complicazione che rende questi calcoli più complessi e che è emersa per la prima volta proprio dalle bozze circolate negli ultimi giorni. Ne ha scritto il giornalista Enrico Marro sul Corriere della Sera.
Per comparare il sistema attuale e la dual tax bisogna tener conto di una grande novità: il passaggio dall’imponibile singolo a quello familiare. Novità che però, secondo alcuni esperti, sarebbe a rischio di incostituzionalità, perché a parità di reddito verrebbero penalizzate le coppie sposate rispetto a quelle non sposate, in particolare quando il cumulo dei redditi, superando gli 80 mila euro, farebbe scattare la più elevata aliquota del 20 per cento, che invece non scatterebbe con i redditi separati. In pratica, una famiglia che sommando il reddito di marito e moglie superasse di poco gli 80 mila euro, pagherebbe circa 16 mila euro (le aliquote, in questo caso il 20 per cento, sembra che si applicheranno a tutto il reddito e non più per scaglioni). Una coppia che invece non costituisse una famiglia si vedrebbe applicare l’aliquota del 15 per cento sui rispettivi redditi (poniamo di circa 40mila euro l’uno), pagando in tutto 12 mila euro. Un sistema che non incoraggia il lavoro femminile.
La “dual tax” proposta dal governo, quindi, farà risparmiare soprattutto il 20-30 per cento più “ricco” della popolazione italiana e produrrà risparmi trascurabili per la gran parte degli altri contribuenti. Secondo il sito lavoce.info, addirittura il 50 per cento del totale dei risparmi prodotti dalla riforma si concentrerà nel 10 per cento che guadagna di più. Questo obiettivo sarà raggiunto, secondo le attuali stime, a un costo totale di circa 50 miliardi di euro (per fare un paragone, il bonus da 80 euro sempre sull’IRPEF costa allo stato 10 miliardi, la famosa IMU sulla prima casa ne costava circa 4). Chi difende la “dual tax” sostiene che i risparmi tra le persone genereranno più consumi e più spesa, ma la maggioranza degli economisti dubitano dell’efficacia di questa teoria, più volte smentita in passato. Questi soldi quindi andranno trovati tagliandone da qualche altra parte.