Guida ai Mondiali: ?? Brasile
Dopo un decennio complicato, l'arrivo del nuovo allenatore ha portato equilibrio e solidità a sostegno di un attacco fortissimo
I Mondiali 2018 iniziano il 14 giugno. Questa è la terza delle sette guide che il Post dedicherà alle Nazionali di calcio più importanti del torneo: quelle da cui, con ogni probabilità, verrà fuori la vincitrice della 21ª edizione della Coppa del Mondo.
Con ventuno partecipazioni alla fase finale dei Mondiali di calcio (non ne ha mai mancata una dal 1930), il Brasile è la nazionale con più presenze nella storia della competizione. Detiene anche il record di vittorie: cinque, una in più di Italia e Germania. È la seconda squadra nel ranking FIFA, dopo i campioni in carica della Germania, e detiene il titolo olimpico, vinto nel 2016. È stata la prima squadra ad aver ottenuto la qualificazione alla Coppa del Mondo in Russia, dove sarà il paese più popolato fra tutti quelli rappresentati. Per la storia e per la sua importanza, come a ogni edizione dei Mondiali anche in Russia il Brasile si presenta come una delle squadre più attese e cariche di aspettative.
Ma il gioco del calcio, e anche il Brasile, sono cambiati molto negli ultimi sedici anni, cioè dall’ultima vittoria ai Mondiali della Seleção. L’importanza della preparazione tattica è aumentata costantemente fino a diventare imprescindibile dal gioco: in questo senso il calcio nazionale brasiliano è stato quello che ha subito il ridimensionamento più evidente, probabilmente aggravato dalle scelte di una classe dirigente poco lungimirante e in molti casi corrotta. Agli ultimi Mondiali, disputati peraltro in casa, il Brasile – già traballante per tutto il torneo – subì una delle sconfitte più incredibili nella storia del calcio: il 7-1 nella semifinale contro la Germania, un risultato che ancora oggi, a pensarci bene, non sembra avere senso. Annichilito da una sconfitta pesantissima, il Brasile perse malamente anche la “finalina” per il terzo posto. Nelle precedenti due edizioni dei Mondiali non era andata meglio: nel 2010 e nel 2006 il Brasile venne eliminato ai quarti, dando l’impressione di essere lontano dalla squadra spettacolare e temuta da tutti che era un tempo.
L’andamento incostante della nazionale brasiliana va avanti ormai da più di un decennio. Dal 2006 ad oggi la federazione ha cambiato sei allenatori, ottenendo solamente qualche risultato rilevante, e non è mai riuscita a gestire la nazionale con continuità. Dopo i Mondiali del 2006 esonerò Carlos Parreira e ingaggiò Dunga, che nel 2010 venne sostituito da Mano Menezes. Menezes durò appena due anni: qualche mese dopo le Olimpiadi di Londra venne sostituito da Felipe Scolari, che con il Brasile vinse la Coppa del Mondo del 2002. Scolari però venne esonerato diciassette mesi dopo il suo ingaggio, al termine dei disastrosi Mondiali in casa, e a quel punto la federazione richiamò Dunga, il cui secondo mandato non durò neanche due anni. Nessuno di questi allenatori è mai riuscito a creare una squadra vincente e a ogni cambio in panchina la nazionale è dovuta ripartire sempre da capo.
La squadra e l’equilibrio
Con la nomina nel 2016 di Adenor Leonardo Bacchi detto “Tite”, il Brasile sembra aver imboccato una strada giusta. Tite viene da una lunga carriera da allenatore e prima di essere chiamato dalla federazione aveva allenato per quattro anni il Corinthians, squadra di San Paolo e una delle più importanti del campionato brasiliano. Con il Corinthians aveva vinto tutto quello che poteva, dal campionato alla Copa Libertadores, e nelle sue squadre erano passati alcuni dei giocatori brasiliani più interessanti. Nella sua lunga carriera da allenatore nel campionato nazionale ha avuto inoltre la possibilità di allenare e veder crescere i migliori giocatori brasiliani degli ultimi trent’anni.
Tite è un allenatore che presta particolare attenzione al bilanciamento della squadra e alla difesa, che negli anni ha perfezionato prendendo ispirazione anche dai metodi di Carlo Ancelotti: nella settimana in cui lo seguì da vicino al Real Madrid studiò a fondo la transizione dal 4-3-3 in fase offensiva al 4-4-2 in fase difensiva, che ora è solito utilizzare. Tite lavora molto anche sul concetto di squadra. Da quando è in carica ha cercato di creare un gruppo unito, dando precedenza ai giocatori utili al sistema di gioco della squadra, anche a costo di non convocare altri forse più meritevoli.
Il bilanciamento è proprio la cosa di cui il Brasile di questi anni ha più bisogno, dopo aver preso atto che l’era in cui Ronaldinho, Kaká, Cafù, Roberto Carlos, Adriano e Ronaldo giocavano nella stessa squadra è definitivamente passata. L’equilibrio portato da Tite al Brasile si nota dal suo andamento recente: in 19 partite sotto la sua guida, fra qualificazioni e amichevoli il Brasile ne ha vinte quindici, pareggiate tre e persa soltanto una, peraltro ininfluente. I gol segnati sono stati 42 a fronte di soli 3 subiti.
Nel caso del Brasile, però, la formazione si fa sempre partendo dall’attacco. In Russia i titolari dovrebbero essere Douglas Costa, Gabriel Jesus e Neymar. Il primo viene da una impressionante seconda metà di stagione con la Juventus. Gabriel Jesus e Neymar hanno dimostrato invece di intendersi alla perfezione, anche se Jesus ha avuto un’annata un po’ travagliata e Neymar ha terminato la stagione a marzo per un infortunio. Nel caso Tite volesse dare più copertura alla formazione, Douglas Costa dovrebbe fare spazio a Willian del Chelsea. L’importanza dei tre attaccanti impedisce a Philippe Coutinho di giocare nella sua posizione naturale, quella di esterno sinistro d’attacco, ma anche Coutinho è un giocatore a cui non si può rinunciare facilmente. Tite potrebbe quindi metterlo inizialmente nella posizione di mezzala: lì la presenza di Paulinho e Casemiro, i giocatori che garantiscono equilibrio alla squadra e protezione alla difesa, gli permetterebbe di agire anche come trequartista in fase di attacco.
Nelle partite decisive Coutinho potrebbe però restare in panchina e fare spazio a Fernandinho, uno dei centrocampisti più importanti nel City di Guardiola. Dopo l’attacco, l’altro punto di forza del Brasile è la difesa. Joao Miranda e Marcelo sono già certi del posto. Nelle qualificazioni ai Mondiali al fianco di Miranda è stato utilizzato Marquinhos, ma ai Mondiali Tite potrebbe preferire l’esperienza del suo compagno di squadra al PSG Thiago Silva. Il posto da terzino destro, infine, avrebbe dovuto essere di Dani Alves, che però ai Mondiali non ci sarà per un infortunio al ginocchio. Verrà rimpiazzato da Danilo, terzino del City. Il portiere è Alisson Becker della Roma, uno dei più forti del mondo.
Gli interrogativi che rimangono
La posizione di Danilo è probabilmente il punto più vulnerabile della formazione, dato che il terzino del City sembra abbia ancora molto da migliorare per giocare ad alti livelli, soprattutto per quanto riguarda i movimenti difensivi. In caso di necessità Tite potrebbe anche affidarsi a Fagner, terzino del Corinthians che conosce molto bene, avendolo allenato per anni. Altre preoccupazioni potrebbero arrivare dal centrocampo, che schierato nel suo assetto più difensivo potrebbe mancare di qualità e sfilacciare difesa e attacco, i due reparti fondamentali della squadra.
C’è poi un discorso più complesso e difficile da inquadrare: la gestione della pressione e l’eredità lasciata dall’umiliante sconfitta subita agli ultimi Mondiali. Il Brasile, pur essendo cambiato molto negli ultimi anni, rimane per tutti il Brasile, probabilmente il paese più associato al calcio. Sulla squadra pesano quindi grandi aspettative, più di quelle che dovrebbe sostenere: la sconfitta contro la Germania fu causata probabilmente anche da tutta la pressione che circondava la squadra. Le probabilità di vittoria in Russia dipenderanno quindi anche dal modo in cui la squadra affronterà le partite, se riuscirà a giocarle liberamente senza tenere conto delle pressioni.