Una grande protesta dei camionisti sta bloccando il Brasile
È iniziata contro l'aumento del prezzo del carburante, ma negli ultimi giorni è diventata qualcosa di diverso: la richiesta di un golpe
Da giorni in Brasile va avanti un grande sciopero dei camionisti che ha praticamente paralizzato il paese, provocando enormi perdite in diversi settori economici: le principali strade in tutta la nazione sono state bloccate, decine di voli sono stati cancellati, milioni di polli e maiali sono stati abbattuti per la mancanza di cibo, gli alimenti freschi nei supermercati hanno cominciato a scarseggiare e molte scuole e università hanno sospeso le lezioni. I camionisti protestano contro l’aumento del costo del carburante, causato dall’aumento del prezzo del petrolio e da un rapido deprezzamento della valuta brasiliana.
Nonostante i camionisti siano riusciti a ottenere alcune concessioni dal governo brasiliano, la crisi non è finita. Le manifestazioni si sono estese ad altre categorie di persone e nelle piazze sono comparsi cartelli e scritte che invitano a un intervento militare per destituire l’attuale governo conservatore guidato da Michel Temer, quello che secondo i sondaggi è il presidente più impopolare della storia del Brasile.
Le proteste sono iniziate la scorsa settimana con la mobilitazione di migliaia di camionisti. Giovedì Temer ha annunciato un accordo con i leader delle manifestazioni, che però non ha portato a niente. Le proteste sono proseguite e i blocchi stradali sono andati avanti per tutto il fine settimana. Temer ha provato a mettervi fine adottando una misura che autorizza l’esercito a liberare le strade con la forza, se necessario, ma nemmeno questa mossa ha avuto esito. Domenica il presidente ha annunciato in televisione che avrebbe soddisfatto le proteste dei camionisti: il costo del pedaggio autostradale sarebbe stato abbassato e sarebbero stati garantiti più contratti con il governo. Inoltre, ha aggiunto Temer, il prezzo del diesel non sarebbe cambiato ogni giorno, come stabilivano le precedenti politiche, ma sarebbe stato aggiustato una volta al mese.
Nemmeno questo però è stato sufficiente. Domenica sera moltissimi brasiliani frustrati dalle politiche governative e dai continui scandali di corruzione hanno cominciato a suonare il clacson e a fare rumore con le pentole in segno di protesta e di ostilità nei confronti del governo e del presidente. Secondo il quotidiano brasiliano O Globo, il 55 per cento dei brasiliani non è d’accordo con gli scioperi di questi giorni, che hanno provocato molti disagi in tutto il paese, ma il 95 per cento di loro ha detto di disapprovare il modo in cui Temer ha gestito la situazione.
La crisi in Brasile arriva da lontano ed è profondamente legata al numero incredibile di casi di corruzione che negli ultimi anni hanno colpito i più importanti politici e partiti nazionali. L’attuale presidente ha passato i suoi unici due anni in carica a difendersi dalle accuse di corruzione, ostruzione alla giustizia e associazione a delinquere; Temer aveva preso il posto di Dilma Rousseff, che nell’agosto 2016 era stata destituita tramite procedura di impeachment perché accusata di essere coinvolta nell’enorme scandalo Petrobras, la compagnia petrolifera statale del Brasile che dal 2014 è al centro di una vasta indagine per corruzione. Negli ultimi giorni diversi manifestanti esasperati con la situazione politica attuale si sono presentanti in piazza con cartelli inneggianti un intervento dell’esercito, sostenendo che il Brasile era più sicuro e ordinato durante la dittatura militare che iniziò nel 1964 e finì nel 1985, periodo durante il quale migliaia di oppositori al regime furono uccisi e torturati.
Martedì di questa settimana Temer ha provato a rassicurare tutti, dicendo che il rischio di un intervento militare in Brasile è pari a zero. Il ministro della Sicurezza, il generale Sergio Etchegoyen, ha spiegato che le forze armate brasiliane non hanno alcuna intenzione di intervenire per destituire il governo. Gli stessi camionisti che avevano iniziato le proteste si sono mostrati piuttosto spaesati: molti di loro hanno parlato di “infiltrazioni” nelle proteste di soggetti estranei alle loro rivendicazioni e hanno detto di sapere poco e niente della dittatura militare, ma non hanno escluso che un ritorno dell’esercito al potere potrebbe essere una soluzione ai problemi del paese: «Eravamo giovani durante il governo militare, ma tutti dicono che le cose andavano meglio», ha raccontato per esempio al Guardian Israel Bandeira, camionista di 40 anni di San Paolo.
Temer ha annunciato ora una nuova misura per fermare le proteste: ha detto che il suo governo sta preparando un’azione legale per bloccare gli scioperi organizzati dai sindacati dei lavoratori della società Petrobras, che potrebbero aggravare ulteriormente la crisi. Martedì ha detto ai giornalisti stranieri: «Se il dialogo non produce risultati, dobbiamo prepararci a un’ingiunzione preventiva per andare di fronte alla Corte suprema […], denunciare lo sciopero della raffineria come una possibile azione politica illegale». È difficile dire come finirà tutta questa storia, anche se una cosa è certa: gli oppositori di Temer stanno cercando di appropriarsi degli argomenti dei manifestanti, appoggiando le proteste contro il governo, con l’obiettivo di guadagnare consensi in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nell’ottobre 2018.