La crisi italiana sta causando problemi in tutto il mondo
Il caos sul governo e la paura per un'uscita dell'Italia dall'euro hanno fatto crollare le borse di tutto il mondo: ma ci sono ragioni per pensare che le cose si aggiusteranno (almeno per gli altri)
La crisi istituzionale italiana aggravatasi domenica sera con il fallimento del governo di Lega e Movimento 5 Stelle – dopo quasi 90 giorni di stallo e la quasi certezza delle elezioni anticipate – e i timori su un’eventuale futura uscita dell’Italia dall’euro hanno avuto effetti sui mercati finanziari di tutto il mondo, provocando perdite di tutti i principali indici di borsa e facendo aumentare i tassi di rendimento delle obbligazioni statali di gran parte dei paesi dell’Europa meridionale.
Liveblog: E oggi invece cosa diavolo succederà?
Al termine della giornata di martedì, l’indice Dow industrial statunitense aveva perso l’1,6 per cento, lo S&P – un altro indice della borsa statunitense – aveva perso l’1,2 per cento, mentre lo Stoxx Europe 600 – un indice di grandi società europee – aveva perso l’1,4 per cento. Nelle prime ore di mercoledì anche le borse asiatiche hanno aperto subito con consistenti perdite: il Nikkei – il principale indice della borsa giapponese – ha perso l’1,3 per cento e così hanno fatto l’ASX200 australiano (-0,6 per cento) e il Kospi index sudcoreano (-1,57 per cento).
Al cattivo andamento delle borse si sono aggiunti i cattivi risultati dei titoli di stato italiani. Il rendimento di quelli con scadenza biennale, che solo due settimane fa aveva addirittura un valore negativo, è cresciuto fino a 2,69 per cento a un’asta che si è tenuta martedì. I buoni di stato semestrali sono passati in poche settimane da rendimenti negativi a rendimenti dell’1,21 per cento, segno della scarsa fiducia degli investitori nella possibilità che lo Stato italiano sia in grado o voglia ripagare i suoi debiti. Lo spread, che definisce l’ampiezza della differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi, è arrivato ai suoi valori più alti da diversi anni a questa parte, arrivando a superare i 300 punti. L’euro è arrivato al suo valore più basso da luglio 2017, perdendo lo 0,7 per cento e toccando il valore di 1.1541 dollari.
Tutti gli osservatori concordano sul fatto che a causare il crollo degli indici di borsa siano state le paure degli investitori sulla situazione italiana e sugli effetti che potrebbe avere sulla stabilità della cosiddetta “zona euro” e sulle economie di altri paesi in situazioni difficili come Spagna o Grecia. La situazione sui mercati era infatti rimasta piuttosto calma anche durante la travagliata fase di consultazioni seguita alle elezioni del 4 marzo, ma è peggiorata improvvisamente domenica sera quando Sergio Mattarella ha detto che non aveva approvato la nomina a ministro di Paolo Savona per le sue note posizioni contrarie all’euro (Savona è anche noto per aver collaborato a teorizzare un “piano B” per fare uscire in segreto l’Italia dall’euro).
La decisione di Mattarella ha reso ancora più probabile il ricorso a nuove elezioni, con la possibilità che le forze populiste ed anti europeiste ne escano ancora più forti, con ancora maggiori rischi per la stabilità europea. Se l’Italia – la terza economia della zona euro – dovesse davvero uscire dalla moneta unica, altri potrebbero essere tentati di farlo, con effetti dannosi a cascata che potrebbero toccare tutta l’economia europea. Intanto i grossi fondi di investimento stanno spostando i loro capitali dai titoli di stato europei a quelli statunitensi, ritenuti per ora molto più sicuri: le banche europee, che investono molto nei titoli di stato, sono quindi state tra le società che hanno perso di più in borsa negli ultimi giorni. Unicredit è scesa del 5 per cento martedì, Deutsche Bank ha perso il 4,6 per cento.
Semplificando molto, i mercati perdono di valore quando gli investitori – banche, fondi pensione, risparmiatori – temono che per ragioni diverse sarà più difficile generare dei guadagni con i loro investimenti: e quindi li ritirano o li spostano altrove. In questi giorni, la paura è che una protratta crisi politica in Italia o un governo particolarmente duro con l’Europa possano causare danni all’economia tali per cui un investimento oggi potrebbe causare perdite in futuro. L’aumento del rendimento dei titoli di stato italiani, semestrali e biennali, suggeriscono che secondo molti investitori le possibilità di una crisi economica siano piuttosto vicine nel tempo.
Ad aver peggiorato le cose negli ultimi giorni ci sono tuttavia alcuni fattori che fanno credere che in futuro le cose potrebbero migliorare. Uno di questi è che le borse statunitensi hanno riaperto martedì dopo tre giorni di vacanza (lunedì era il Memorial Day) e hanno reagito alle notizie del fine settimana in modo improvviso: in qualche giorno, le cose potrebbero stabilizzarsi. In secondo luogo, se è vero che c’è timore per la stabilità europea ed italiana, è anche vero che l’attuale situazione economica non è nemmeno lontanamente grave come lo era qualche anno fa. Non è in corso una vera crisi del debito e il rendimento dei titoli di stato decennali italiani – seppur in crescita – è ancora molto lontano da quello dell’8 per cento raggiunto nel 2014.
L’economia globale, inoltre, è in un buon momento e anche se ci fosse una crisi legata all’Italia e all’euro, avrebbe probabilmente effetti meno gravi di quelli che potrebbe aver avuto anche solo 5 anni fa. A fare la differenza, nel breve periodo, saranno anche le scelte della Banca Centrale Europea, che a settembre dovrà decidere se sospendere il suo programma di aiuti ai paesi della zona euro – come aveva annunciato – o prorogarlo. In questo momento in molti pensano che la BCE rimanderà la fine del piano di aiuti, e questo contribuirà a fare tornare la situazione nella norma: se non per l’Italia – che a un certo punto dovrà decidere cosa fare – almeno per il resto d’Europa.