S.P.L. Sørensen e la scala del pH
La storia del chimico danese che introdusse il concetto di pH e la scala di misura di acidità e basicità delle soluzioni
Più di un secolo fa il chimico danese S.P.L. Sørensen introdusse il concetto di pH, fondamentale ancora oggi per lo studio di tanti processi chimici, per determinare l’andamento delle reazioni e per le applicazioni pratiche che trova nella medicina, nel trattamento delle acque e nell’agronomia. Sørensen ideò la scala di misura l’acidità e la basicità di una soluzione acquosa: le soluzioni con un pH inferiore a 7 sono acide, mentre quelle superiori a 7 sono basiche.
Søren Peder Lauritz Sørensen nacque il 9 gennaio 1868 a Havrebjerg, un piccolo paese a ovest di Copenhagen, figlio di un agricoltore. Dai 18 anni di età Sørensen cominciò a frequentare l’Università di Copenhagen: inizialmente voleva intraprendere una carriera nella medicina, ma l’incontro con il chimico S.M. Jørgensen lo convinse a seguire una specializzazione in chimica.
Tra il 1901 e il 1938, Sørensen fu a capo del Laboratorio Carlsberg, istituito dal fondatore del famoso birrificio, con l’obiettivo di portare innovazione e nuove scoperte scientifiche nel settore della produzione di birra. Il laboratorio di chimica era molto rinomato e bene attrezzato. Fu lì che Sørensen iniziò a interessarsi alle concentrazioni di ioni nelle proteine (un atomo/molecola quando perde o acquista uno o più elettroni si trasforma in uno ione). Notò che la concentrazione di ioni di idrogeno (H+) era piuttosto importante e che influiva sull’acidità e la basicità delle soluzioni. Per questo motivo introdusse la scala del pH per misurare più facilmente queste variazioni. Sørensen formalizzò la sua scala nel 1909 e continuò a lavorarvi per anni, rivedendola nel 1924 per perfezionarla alla luce di altre scoperte.
Il significato della sigla “pH” è da sempre al centro di numerose dispute, in parte perché Sørensen non lo definì con chiarezza. Secondo la versione più condivisa, starebbe per “potenza dell’idrogeno” (la lettera “H” indica questo elemento chimico). Secondo altre varianti, la “p” indicherebbe invece la quantità di idrogeno o la sua capacità o ancora il potenziale.
Semplificando, l’acidità di una soluzione dipende dalla concentrazione degli ioni H+ al suo interno. A seconda del tipo di soluzione, la concentrazione può variare enormemente: in alcune può superare 100 moli per litro (mol•L-1) mentre in altre si mantiene al di sotto di 10-14 moli per litro. (Se non vi ricordate la notazione scientifica, 100 equivale a 1 e 10-14 equivale a 0,00000000000001). Per praticità, in chimica si preferisce esprimere l’acidità con il valore dell’esponente della potenza del 10 che esprime la concentrazione degli ioni H+, cambiandogli il segno. Il pH delle due soluzioni nell’esempio di prima sarà quindi rispettivamente 0 e 14.
La trasformazione di 10-14 in 14 viene effettuata tramite il “logaritmo decimale”, un’operazione matematica che viene indicata con “log”. Quindi:
-log 10-14 = 14
Se sostituiamo i valori numerici possiamo ottenere l’operazione che serve per indicare il pH:
pH = -log [H+]
Il valore del pH può essere determinato all’atto pratico utilizzando gli “indicatori”: sono strisce di carta il cui colore cambia a seconda del pH della soluzione con cui sono inumidite. Altri sistemi più accurati consentono di misurare il pH con strumenti elettronici detti “piaccametri”.