In Madagascar ci si ammazza per la vaniglia
Ne usiamo sempre di più, quindi costa sempre di più, e questo sta creando contrabbando e altri guai, scrive il Guardian
Negli ultimi anni i prezzi della vaniglia sono cresciuti come quelli di pochi altri beni alimentari, per via della crescita della domanda negli stati più ricchi, per le avversità climatiche che hanno ostacolato il raccolto, e per varie attività illegali che hanno coinvolto la produzione nel maggiore esportatore del mondo, il Madagascar. L’isola africana dell’Oceano Indiano produce da sola metà della vaniglia del mondo, ma la sua coltivazione ha molte conseguenze negative sull’economia e sulla stabilità del paese, visto che è al centro di attività di riciclaggio, corruzione, e recentemente anche di violenza.
La vaniglia alimentare arriva dal baccello del fiore della pianta omonima, che pur essendo originaria del Centro America è oggi prodotta principalmente in Madagascar. Per anni ha avuto prezzi bassi, tanto che la produzione in paesi come Cina, Indonesia e Uganda era crollata ed era stata diversificata. In Madagascar, invece, continuò a essere sostenibile economicamente per le basse paghe degli raccoglitori. Negli ultimi anni le grandi multinazionali alimentari hanno aumentato notevolmente l’utilizzo di vaniglia, per rispondere alla sempre maggiore richiesta di aromi naturali: e il Madagascar ne ha approfittato.
Gli agricoltori del paese hanno iniziato a impiegare vari metodi per ottimizzare i ricavi, per esempio raccogliendo in anticipo i baccelli e poi sigillandoli in appositi contenitori sotto vuoto, invece di essiccarli, per conservarli e venderli nel momento in cui i prezzi fossero saliti. Questa, insieme a quelle ambientali, è stata tra le cause della diminuzione della vaniglia di alta qualità, il cui prezzo è salito fino a oltre 500 dollari al chilo negli stati uniti, rispetto ai 20 dollari del 2012. La tendenza però ha interessato tutta la produzione, con la vaniglia di bassa qualità che è arrivata a costare oltre 400 dollari al chilo.
La pratica di raccogliere in anticipo i baccelli per poi conservarli sotto vuoto non ha solo ragioni commerciali, ma dipende anche dalle preoccupazioni dei coltivatori riguardo ai furti. Ci sono bande che organizzano sistematicamente rapine ai danni degli agricoltori, che in certi casi hanno chiesto la protezione della polizia, e in altri si sono organizzati per farsi giustizia da soli, un po’ come succede in molte coltivazioni di avocado in Messico. Il Guardian ha raccontato di una banda che ha avvertito gli abitanti di un remoto villaggio costiero del Madagascar che nella notte sarebbero passati a prelevare il raccolto. Gli abitanti hanno aspettato i ladri, ne hanno catturati cinque e li hanno linciati per le strade a colpi di machete. Secondo il Guardian, ci sono stati altri casi di omicidi sommari come questo, che finora non erano mai state rivelate.
Ma il successo del mercato di vaniglia ha attirato anche altri tipi di speculazione, e in particolare quello dei trafficanti di palissandro, un legno scuro molto pregiato usato in mobili di lusso e in strumenti musicali (nella tastiera delle chitarre, per esempio). Il palissandro è stato al centro di ampi disboscamenti illegali, i cui prodotti sono venduti principalmente in Cina. Nel 2014 una nave con a bordo 30mila tronchi disboscati illegalmente in Madagascar fu intercettata a Singapore, in uno dei più grandi sequestri regolati dal Cities, una convenzione internazionale sulla tutela della flora e della fauna a rischio. Secondo gli attivisti locali, i trafficanti di palissandro riciclano i soldi ottenuti con il contrabbando speculando nel mercato della vaniglia, e provocando secondo le stime un aumento complessivo del prezzo dal 5 al 10 per cento.
Quella della vaniglia è, secondo molti analisti, una bolla destinata a scoppiare. Una grave crisi aveva già interessato il settore nel 2003, quando dopo un grande aumento dei prezzi dovuto a cicloni tropicali e instabilità politica, il prezzo della vaniglia era crollato da quasi 600 dollari al chilo a circa 20. Nonostante sia un aroma molto richiesto nell’industria dolciaria, e nonostante le abitudini alimentari favoriscano gli ingredienti naturali, i prezzi vertiginosi stanno portando molte aziende a preferire aromi artificiali.
«C’è un limite al prezzo che la gente pagherà per la vaniglia naturale, e ci stiamo avvicinando», aveva detto due anni fa Josephine Lochhead, a capo della società specializzata Cook’s Vanilla. Da allora i prezzi hanno continuato a crescere, ma sono in molti quelli che prevedono un crollo. Un rapporto pubblicato lo scorso novembre da Cook’s Vanilla ha paragonato la crisi a quella del 2003 e ha parlato di prezzi insostenibili, spiegando che più continueranno a salire, più saranno gravi le conseguenze per l’economia del Madagascar allo scoppio della bolla.