Oggi si vota il presidente in Colombia
Le prime dopo la pace con le FARC, e i due uomini di cui si parla per il ballottaggio sono un conservatore e un ex rivoluzionario
Domenica si vota in Colombia per il primo turno delle elezioni presidenziali, le prime dopo lo storico accordo di pace firmato l’anno scorso con le FARC, l’ex gruppo rivoluzionario di ispirazione marxista impegnato per decenni in una sanguinosa battaglia con le istituzioni colombiane. Ivan Duque, candidato del partito conservatore Centro Democratico, è avanti nei sondaggi, che però in Colombia sono tradizionalmente inaffidabili. L’uomo di cui si parla di più, e che sembra avere con sé la maggiore inerzia, è però Gustavo Petro, candidato della sinistra radicale con un passato da rivoluzionario e da sindaco di Bogotà.
Le elezioni presidenziali colombiane si tengono circa due mesi e mezzo dopo quelle legislative dello scorso marzo, organizzate con un sistema proporzionale che aveva prodotto un Parlamento estremamente frammentato. Il Centro Democratico aveva ottenuto più seggi degli altri, ma senza avvicinarsi nemmeno lontanamente a una maggioranza. Ciononostante, il suo candidato Duque ha dalla sua il sostegno di Álvaro Uribe, influente e popolare ex presidente conservatore: prima dell’inizio della campagna elettorale un colombiano su cinque aveva detto ai sondaggisti che avrebbe votato chiunque sarebbe stato indicato da Uribe.
Duque è un senatore di 42 anni, che ha fatto campagna elettorale opponendosi all’accordo con le FARC, considerato da molti colombiani troppo tollerante nei confronti dell’ex gruppo rivoluzionario. Duque ha promesso che rivedrà l’accordo, che tra le altre cose prevede cinque seggi fissi nelle due camere colombiane per le FARC, che si sono anche candidate alle ultime elezioni, ottenendo però scarsi risultati.
Duque sta provando a mantenere il tema della sicurezza al centro della campagna elettorale colombiana, come lo era stato negli anni della sanguinosa guerra tra stato e FARC: è d’altronde il tema che ha tradizionalmente favorito le destre e i conservatori colombiani, che hanno storicamente avuto più successo di quelli della maggior parte degli altri paesi sudamericani. Nei territori abbandonati dalle FARC nell’ultimo anno si sono spesso stabilite nuove gang criminali, e Duque ha provato a usare questa leva garantendo maggiore sicurezza, oltre a promettere investimenti stranieri e sviluppo del settore turistico, che nel paese è in fortissima espansione.
Ma la fine della guerra con le FARC ha cambiato il clima politico in Colombia: oggi il tema della sicurezza è meno sentito, e per la sinistra si sono aperti grandi spazi per mettere al centro dei propri programmi la questione delle diseguaglianze sociali ed economiche nel paese. Petro è stato il principale interprete di queste istanze, e in campagna elettorale ha promesso di tassare i terreni non utilizzati, molti dei quali un tempo erano coltivazioni di coca, di riformare il sistema fiscale a vantaggio delle fasce più povere della popolazione, e di passare progressivamente alle energie rinnovabili.
Petro è stato sindaco di Bogotà dal 2012 al 2015, ma nel 2013 fu temporaneamente sospeso per una condanna ricevuta per il suo coinvolgimento in uno scandalo nella gestione dei rifiuti, poi revocata. Ma prima della sua carriera politica, Petro fu membro del Movimento 19 aprile (M-19), un gruppo rivoluzionario di sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta: lui sostiene che non combatté direttamente ma che svolse soltanto incarichi amministrativi, peraltro trattando con lo Stato la pace e l’amnistia di molti suoi compagni.
Petro ha accusato Uribe di essere il responsabile della deriva militarista della Colombia, e sostiene con forza la pace con le FARC. È un sostenitore di Hugo Chavez, storico presidente venezuelano che rese il paese un esperimento di socialismo sudamericano studiato in tutto il mondo, ma anche del suo successore Nicolas Maduro, che ha portato il paese in una crisi economica gravissima. Questa simpatia di Petro è stata molto rimarcata, con toni allarmistici, da Duque.
Le elezioni presidenziali colombiane prevedono un ballottaggio se nessun candidato supererà il 50 per cento, come sembra dalle previsioni. Va tenuto conto, però, che nel 2016, in occasione del referendum sul primo accordo tra stato e FARC, i sondaggi avevano previsto una vittoria del Sì di una trentina di punti percentuali: vinse invece il No, con il 50,22 per cento. Sergio Fajardo, ex sindaco di Medellín, è il candidato che i dubbi sondaggi danno terzo: è di centrosinistra, ma si è rifiutato di unirsi a Petro. Non è chiaro se gli darà il sostegno nel caso di un ballottaggio con Duque. Gli altri candidati principali sono Germán Vargas Lleras, ex vice presidente di centrodestra, e Humberto de la Calle, che è stato il capo delle negoziazioni con le FARC, e rappresenta il partito liberale. Juan Manuel Santos, presidente uscente nonché principale promotore della pace con le FARC e premio Nobel della pace, era il leader del Partito Sociale di Unità Nazionale, che fa parte della coalizione che sostiene Lleras.