L’Irlanda ha votato a favore dell’aborto
Al referendum per rimuovere la legge costituzionale che lo proibisce ha stravinto il Sì, ed è un risultato storico
In Irlanda ieri si è tenuto un referendum per abrogare una legge costituzionale che proibisce l’interruzione di gravidanza: lo spoglio è iniziato stamattina, si è concluso con la vittoria del Sì, che ha ottenuto circa il 66,4 per cento dei voti (più o meno gli stessi che gli davano gli exit poll diffusi ieri sera). L’affluenza è stata del 64 per cento. Il comitato che sosteneva il No ha diffuso un comunicato in cui ammette la sconfitta. L’Irlanda potrà ora scrivere una legge che conceda alle donne il diritto di abortire.
This is quite a sight on historic day. pic.twitter.com/aMfaGUnqVR
— Lisa O'Carroll (@lisaocarroll) May 26, 2018
Ad oggi in Irlanda – un paese in cui la religione cattolica è molto influente e radicata e in cui il divieto di abortire è addirittura scritto nella Costituzione – l’interruzione di gravidanza è di fatto illegale in quasi tutte le circostanze, tranne nel caso in cui sia a rischio la vita della donna. Non è consentita in caso di stupro o incesto e nemmeno quando c’è una grave anomalia fetale. Ai cittadini e alle cittadine è stato chiesto se volevano abrogare o meno l’articolo 40.3.3 della Costituzione, cioè la legge che vieta di fatto l’aborto, e se sostituirlo con un nuovo articolo che permetta al parlamento irlandese di legiferare sulla questione.
– leggi anche: I paesi dove l’aborto è ancora illegale
La campagna a favore dell’abrogazione ha cercato di veicolare un messaggio positivo, sfruttando anche l’entusiasmo del proprio elettorato (soprattutto giovani e abitanti delle aree urbane): da ieri sono circolate molto sui social network le immagini di centinaia di cittadini irlandesi che vivono all’estero e sono tornati solo per poter votare. L’hashtag #hometovote, “torno per votare”, ha preso piede un po’ ovunque. L’ha usato anche il primo ministro irlandese Leo Varadkar, leader del partito di centrodestra Fine Gael, che ha fatto campagna elettorale per il Sì ma ha anche lasciato libertà di voto ai propri sostenitori e ai membri del suo partito.
I'm voting Yes today! Retweet if you're voting Yes too. #TogetherForYes #8thRef #HomeToVote pic.twitter.com/XkrHlbcoBa
— Leo Varadkar (@LeoVaradkar) May 25, 2018
La campagna contro l’abrogazione dell’ottavo emendamento è stata invece molto “emotiva”, basata su argomenti e immagini classiche (mistica della maternità, piedini, feti, bambini non nati) e con alcune scorrettezze: uno dei principali giornali irlandesi, l’Irish Times, ha dedicato vari articoli a smentire e a spiegare le notizie false diffuse soprattutto dai cosiddetti “anti-abortisti”. Questi ultimi, sostenuti dalla Chiesa in un paese dove al censimento del 2016 quasi l’80 per cento dei residenti si è identificato come cattolico, hanno continuato a ripetere per esempio che votando “sì” sarebbe stata permessa l’interruzione di gravidanza fino al sesto mese. Non è vero. Hanno poi utilizzato dei bambini con la sindrome di Down per fare propaganda (e per questo sono stati molti criticati), hanno utilizzato una canzone di Ed Sheeran interpretandola come a loro favore (e lui ha preso le distanze) e, come scrive il Guardian, hanno aggirato le limitazioni decise da Google per la pubblicità online rivolta agli elettori in modo da continuare a promuovere il loro messaggio.
L’Irlanda aveva deciso di abolire l’interruzione di gravidanza nel 1983 con un referendum costituzionale che aveva introdotto il cosiddetto “ottavo emendamento”, confermato dal 63 per cento degli elettori. Nel 1992 la Corte Suprema aveva stabilito un’unica eccezione: che l’interruzione potesse essere praticata nei casi in cui fosse «reale e sostanziale» il rischio per la vita della partoriente. Nonostante quella sentenza, fu introdotto solamente un emendamento alla Costituzione (il tredicesimo emendamento) che permetteva alle donne di andare all’estero per abortire, ma non ebbe nessuna conseguenza pratica. Per queste ragioni nel 2010 l’Irlanda venne condannata da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che chiese al paese di modificare la Costituzione in modo da garantire la protezione della salute della donna.
Nel 2013, il Parlamento aveva approvato una legge che consentiva l’aborto nel caso in cui la gravidanza mettesse a rischio la vita della donna. Il provvedimento era stato chiamato “Protection of Life During Pregnancy Bill”, norme per la protezione della vita in gravidanza, ed era stato considerato molto importante, ma la legge aveva trovato da subito forti opposizioni sia da parte di chi è genericamente contrario all’aborto, sia da parte di chi lo considera un diritto. La legge – tuttora in vigore – ha infatti un’applicazione molto limitata: non prevede per esempio la possibilità di interrompere la gravidanza in caso di stupro, di incesto o di anomalie del feto. L’iter per ottenere l’autorizzazione ad abortire è poi molto difficile e prevede che la donna venga sottoposta, alla fine, a diversi giudizi specialistici.
Le donne che abortiscono illegalmente in Irlanda rischiano fino a 14 anni di carcere, anche se non vengono puniti gli aborti eseguiti all’estero e migliaia di donne ogni anno ricorrono a questa soluzione viaggiando prevalentemente nel Regno Unito. Secondo i dati del ministero della Salute britannico sono state 165.438 tra il 1980 e il 2015. Nel 2016, secondo le statistiche del ministero della Sanità del Regno Unito, sono 3265 le donne residenti in Irlanda che hanno cercato aiuto in Inghilterra e in Galles. Molte altre donne ordinano online la pillola abortiva e la prendono senza alcuna supervisione medica.